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  • In questa nuova puntata di "Sentieri d'Amore," la rubrica dedicata alle relazioni affettive, si affronta la domanda sempre più pressante: perché le coppie durano sempre meno?

    Quali possono essere le cause del fatto che le coppie durano sempre meno?

    Il punto di partenza è imparare a distinguere tra infatuazione e amore.

    I fattori chiave per distinguere i due sono la durata, la profondità, l'accettazione, lo sforzo e il sacrificio e l'indipendenza.

    Si sottolinea l'importanza di comprendere l'indipendenza come elemento fondamentale, nonostante il mito della dipendenza emotiva.

    Se valutiamo questi parametri possiamo comprendere cosa non funziona o non ha funzionato nelle nostre coppie e possiamo seriamente riflettere sulle nostre relazioni e utilizzare queste informazioni per la crescita personale anziché giudicare gli altri.

    E tu, hai mai scambiato l'infatuazione amore?

  • Che cos'è una relazione?

    Per poter comprendere il senso ed il significato delle relazioni, bisogna partire da cosa relazione significa per ognuno di noi.

    Infatti ognuno attribuisce un significato diverso al termine relazione. Se per relazione io intendo conflitto e se chi mi sta di fronte intende comunione, non solo sarà difficile essere in relazione, ma anche semplicemente parlarsi.

    Relazione, in generale, vuol dire essere connessi, tant'è vero che tutto è in relazione, perché in qualche modo, a qualche livello siamo tutti connessi.

    Nella nostra vita, sperimentiamo sia ottime relazioni che pessime relazioni.

    Per iniziare a costruire delle relazioni armoniche, vere e sane, occorre partire dalla relazione fondamentale con noi stessi.

    Che vuol dire avere una relazione con se stessi? Se io sono uno, con chi devo essere in relazione?

    In realtà, noi siamo fatti da parti, che sono in relazione tra di loro.
    Al nostro interno possiamo riconoscere tre macro-sistemi che possiamo definire sè superiore, sè inferiore e maschera.

    Questi sistemi sono fatti da ulteriori parti e sono in relazione tra loro. Quando entriamo in relazione con gli altri, entrano in gioco una serie di meccanismi, che determinano il tipo di relazione che noi instauriamo con l'altro.

    E queste relazioni possono essere nutrienti o possono essere velenose. Tutti, in realtà, sperimentiamo entrambe i tipi di relazione.

    E tu, che tipo di relazioni coltivi?

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  • Ognuno di noi desidera delle relazioni sane, equilibrate e nutrienti.
    Quali sono i fattori per poter dire che le nostre relazioni sono equilibrate?

    In questo video vediamo cinque fattori chiave per valutare e migliorare l'equilibrio nelle relazioni interpersonali, poiché una relazione equilibrata è fondamentale per il benessere emotivo.

    Il primo fattore sottolinea l'importanza di una valutazione pratica delle dinamiche relazionali, come la divisione delle responsabilità e delle decisioni quotidiane.

    Una relazione può essere paragonata a un ponte sospeso, che regge solo se entrambe le parti contribuiscono in modo equo.

    Il secondo punto evidenzia l'importanza di sentirsi valorizzati nella relazione e di portare valore ad essa. È fondamentale non solo aspettarsi di essere valorizzati dall'altro, ma anche valorizzare sé stessi e il proprio ruolo nella relazione.

    Il terzo aspetto riguarda la gestione delle aspettative: è essenziale confrontarle con la realtà e accettare l'altro per ciò che è, evitando di creare squilibri dovuti a aspettative irrealistiche.

    Il quarto punto sottolinea l'importanza dell'autocura all'interno della relazione. Non bisogna delegare completamente all'altro il proprio benessere emotivo, ma essere capaci di prendersi cura di sé stessi per mantenere un equilibrio sano.

    Infine, il quinto fattore riguarda il bilanciamento emotivo: è necessario accettare e gestire le diverse emozioni che caratterizzano una relazione, evitando di essere sopraffatti dalle emozioni negative e mantenendo un equilibrio tra positività e negatività.

    Cerchiamo e creiamo relazioni "belle" che portino energia e soddisfazione e benessere nella nostra vita.

  • Sono troppo buono: supera la COMPIACENZA

    In questo video parleremo del concetto di essere "troppo buoni", spesso usato per descrivere persone che non sanno dire di no e non riescono a mantenere i propri confini.

    Essere "troppo buoni" significa spesso non saper dire di no, non riuscire a mantenere i propri confini e non essere autentici.

    Questo può portare a malessere sia relazionale che personale. In questo estratto del seminario, attraverso interazioni, esercizi e storie dei partecipanti, esploriamo come superare questa difficoltà.

    Spesso ci etichettiamo come "troppo buoni" per giustificare comportamenti compiacenti.
    La bontà genuina non porta sofferenza, mentre la compiacenza, ovvero l'incapacità di dire di no per paura di essere giudicati negativamente, sì.

    Spesso è difficile dire di no per timore di apparire maleducati o irrispettosi.
    Tuttavia, la vera bontà risiede nell'equilibrio tra il proprio benessere e quello degli altri.

    E' di fondamentale importanza riconoscere i propri bisogni e di esprimerli senza paura. Questo non è segno di egoismo, ma di autenticità e rispetto per sé stessi e per gli altri

  • Quanto è importante conoscersi bene? Come possiamo divenire più consapevoli di noi stessi?

    In questo video parliamo proprio dell'importanza della consapevolezza dei propri pensieri ed emozioni.

    La mancanza di consapevolezza, infatti, porta i pensieri ed emozioni non elaborati a depositarsi nell'inconscio, rendendo il peso emotivo più pesante.

    Con una mente che produce 70.000 pensieri al giorno, è difficile tenerli sotto controllo.
    La consapevolezza permette di fermare questi pensieri ed emozioni e di analizzarli.

    Attraverso cinque domande quotidiane, si può navigare interiormente: identificare le preoccupazioni, riconoscere la tristezza, analizzare le irritazioni, ascoltare il corpo e apprezzare la bellezza.

    Ogni domanda offre una pratica semplice per sviluppare la consapevolezza, liberandoci da pensieri e emozioni non elaborati.

  • Spesso noi abbiamo un'idea di cosa rappresenta una buona relazione.
    Altrettanto spesso, però, ci aspettiamo che siano gli altri a soddisfare questi requisiti.

    Il punto da cui partire è chiederci quale parte di noi entra in relazione con l'altro.

    E' la parte adulta o quella egoica?
    Quale parte di noi si relaziona con l’altro?

    A seconda di quale parte si relaziona, cambiano le relazioni.

    Le buone relazioni sono quelle in cui si vuole il confronto; questa è la parte adulta. Dall’altro lato c’è la parte bambina che vuole conferme. Nelle buone relazioni vogliamo prenderci cura dell’altro; la parte bambina però richiede/pretende attenzione e soddisfazione dei propri bisogni.

    Le relazioni sono sempre dinamiche e non devono essere rigide e ferme.

    Nelle buone relazioni funziona la comunicazione aperta, mentre nelle relazioni infantili si può parlare di manipolazione emotiva.

    Come capire se siamo nel sé inferiore? Innanzitutto bisogna riconoscere il nostro ego. Comprendere quando scatta il nostro ego, con chi, in quale situazioni; imparare poi gradualmente ad integrarlo.

    Fiducia e libertà sono altre due caratteristiche del nostro sé superiore, cioè quelle parti di noi adulte che tendono a relazioni sane; dall’altro lato troviamo il senso del possesso e del controllo.

    Ognuno di noi ha dentro tutte queste spinte. Dobbiamo toglierci l’ideale delle buone relazioni e comprendere che anche le buone relazioni sono un arte: richiedono impegno, cura, attenzione, sforzo.

  • Noi siamo fatti di parti e ogni parte ha uno specifico ruolo ed utilità. Un aspetto fondamentale è cercare di mediare tra queste parti in modo da gestire i conflitti interni e vivere in modo più sereno.

    È vano cercare relazioni pacifiche all'esterno se dentro di noi c'è guerra!

    I conflitti interni, infatti, si riflettono all'esterno ed è importante coltivare la pace interiore per poter vivere armoniosamente. La sofferenza non è qualcosa da eliminare, ma è un elemento naturale della vita che, se affrontato adeguatamente, può essere utile per la crescita personale.

    Cosa fare per gestire le difficoltà? Ci sono due strade: accettazione e adattamento ai dati di realtà, mantenendo la calma e la centratura.

    Innanzitutto è fondamentale riconoscere e gestire le proprie parti interne, affrontare la sofferenza come un'opportunità di crescita e mantenere un atteggiamento realistico e sereno di fronte alle difficoltà.

  • Insieme al Dr. Calvi Parisetti abbiamo parlato, in questa diretta, di quale può essere considerato un vero aiuto per il lutto.

    Fino a qualche anno fa gli approcci utilizzati sono stati pochi e spesso si sono rivelati inefficaci.

    Il Dr. Calvi Parisetti si occupa di ricerca psichica applicata: cosa possiamo fare con i risultati della ricerca psichica?
    In particolare questo ambito di ricerca è interessante per il lutto e dolore per la perdita e per chi ha paura della morte. Questo ha l’obiettivo di sviluppare un concetto e una nuova proposta terapeutica per la gestione del lutto.

    Quali sono i fatti? Innanzitutto abbiamo il bisogno di imparare a gestire il lutto.
    Fino a qualche tempo fa la terapia del lutto era dominata da due idee: Freud inventa il lavoro del lutto che ha come obiettivo arrivare al distacco dalla persona perduta e all' attaccamento a nuove persone.
    Poi vi è stata la Kübler-Ross che ha parlato di 5 stadi di preparazione alla morte, i cosiddetti 5 stadi del lutto. Ma non c’è nessuna evidenza fattuale che queste teorie siano efficaci. Si sono dimostrate, piuttosto, inefficaci quando non dannose.

    Cosa fanno nella realtà le persone quando hanno una perdita? Non si distaccano da chi hanno perso, ma vi restano attaccati per la vita intera. Alcuni di essi hanno esperienze di contatto sensoriale, di comunicazione con la persona persa.
    Anzi recupera meglio proprio chi mantiene un legame con la persona persa.

    Quali sono i nuovi approcci alternativi e che si sono dimostrati efficaci nella gestione del lutto?

  • Svelare il sé inferiore: paura, orgoglio e volontà egoica

    Ci sono tre aspetti fondamentali del nostro sé inferiore: la paura, la volontà egoica e orgoglio.

    Dal Sentiero di Eva Pierrakos: lezione 30 (https://pathwork-ilsentiero.com/wp-co...)

    Cosa è il sé inferiore?

    È il sé cieco che agisce in base agli impulsi. Non tiene conto né delle conseguenze che le azioni possono avere su noi, nè sugli altri e neanche sul mondo esterno.

    La prima forza distruttiva è la paura: un essere umano se non avesse la paura utile come emozione di base morirebbe; ma spesso noi proviamo la paura come forza distruttiva e la proviamo quando questa contrasta la fiducia, la fede nella vita. Quando abbiamo paura ci aggrappiamo all’illusione di controllo. Lo facciamo attraverso due forze: la volontà egoica e l’orgoglio.

    Per controllare, quindi, alimentiamo la volontà egoica, questa forza cieca che ci spinge ad imporre il potere e la nostra soddisfazione personale sugli altri.

    La volontà egoica si appoggia sull’orgoglio, che è il sentimento di superiorità verso gli altri. Orgoglio e volontà egoica si alimentano a vicenda.

    Queste tre forze sono sempre presenti. Dobbiamo affrontare le paure nucleari perché altrimenti si attivano volontà egoica e orgoglio. E questo ci fa sentire sbagliati. In questo modo si attiva il nostro giudice interno.

    Queste tre forze sono la chiave della sopraffazione umana, sono le tre forze più distruttive.

    Per questo è fondamentale imparare a gestirle. Come si gestiscono? Innanzitutto, bisogna riconoscerle.

  • Se esiste un aldilà, come è fatto?

    Quando descriviamo l’aldilà lo facciamo attraverso il racconto di altri e queste descrizioni sono basate sulla testimonianza coerente e consistente (tutti dicono lo stesso genere di cose) che ci viene da tre gruppi di fonti diverse e indipendenti tra di loro.

    Le tre categorie sono:
    • Persone che riportano un’esperienza sul letto di morte prima del decesso.
    Queste persone hanno una visione nelle 36/24 ore prima del decesso dell’aldilà. Queste sono una momentanea visione di una realtà che non è quella terrena.

    • Esperienze di premorte: situazioni cliniche in cui non c’è la coscienza, le persone hanno un’esperienza comune tra individui molto diversi e formano ricordi molto lunghi e hanno percezioni veridiche dell’ambiente da un punto di vista esterno al corpo e mostrano cambiamenti nel comportamento, che si manifesta comune a chi passa attraverso quell’esperienza. Anche queste fonti possono essere considerati attendibili.

    • I morti, le personalità disincarnate, che continuano ad esistere dopo che il corpo ha smesso di esistere.

    Possiamo fidarci di queste fonti?
    Cosa possiamo "farcene" di queste informazioni?
    Ne abbiamo parlato nel video.

  • È possibile scegliere la propria vita?

    La vita è fatta di tante sfumature e, se da una parte c’è subire la vita e dall’altra c’è scegliere, in mezzo ci sono tantissime possibilità.

    Molto spesso noi sentiamo di subire la vita e viviamo giornate in cui ci sentiamo schiacciati dal fallimento. E ci sembra di cadere nella disperazione.

    Il modo in cui noi reagiamo ai fatti che accadono determina il modo in cui viviamo la nostra vita. Quindi il primo passo è partire dai fatti, dai dati di realtà

    Quando noi raccontiamo una storia i dati spesso vengono messi da parte e perdendo il contatto con essi cambia il nostro modo di vedere e quindi di vivere la vita.
    Infatti quando non viviamo con consapevolezza, la vita sembra imposta da un destino avverso, ma è solo scritta dal nostro inconscio, la parte di noi che ancora non conosciamo.
    La vita infatti comunque la scegliamo; la domanda da farsi è: chi sta scegliendo? Tu, in modo consapevole o la tua parte inconscia?

    Quando accresce in noi la consapevolezza cambia il modo in cui guardiamo alle cose che ci accadono.

    In che modo possiamo crescere in consapevolezza?

    Possiamo iniziare a meditare quotidianamente su alcuni argomenti ogni giorno per poter fare scelte diverse per la nostra vita.

  • Comunicazione senza giudizio: è possibile? Si può sempre dire tutto?

    In che modo la comunicazione va utilizzata? Come si può superare il giudizio degli altri?

    Spesso parliamo del giudizio dal punto di vista di chi è giudicato. Ma qual è il punto di vista di chi giudica?

    Oggi sembra andare molto di moda la frase “io dico tutto quello che penso”, ma questo implica una grande responsabilità e occorre farsi delle domande.

    Quando sentiamo la spinta a dire per forza qualcosa, possiamo chiederci: il mio pensiero è giusto? Cosa provoca nell’altro? L’altro è pronto a ricevere il mio pensiero? L’altro ha chiesto un mio pensiero o un giudizio?

    Le parole sono come un coltello affilato, quindi è necessario saperle usare. Occorre prestare attenzione a come diciamo le cose; non si tratta di mentire ma di maneggiare con cura la nostra comunicazione.

    La parola è un arma, è una forma di potere. Forse oggi il più grande potere che abbiamo è proprio nella parola, anche attraverso la comunicazione di massa.

    Quando noi comunichiamo ed esprimiamo un giudizio, di chi è la responsabilità? È di chi giudica o di chi reagisce al giudizio? Ma cosa è il giudizio?

    Non è dire ciò che si pensa, non ha niente a che vedere la verità. È uno strumento di una nostra parte egoica che non è adulta e vuole eliminare ciò che le ricorda le sue mancanze. Quando siamo pieni interiormente non abbiamo il tempo di giudicare. Il giudizio nasce da una sofferenza interiore.

    La domanda da farsi quando siamo di fronte al giudizio è: cosa mi spinge al giudizio? Qual è la sofferenza che c’è dietro? Cosa ci manca?

    Il giudizio è Mancanza di responsabilità nei confronti di ciò che non amiamo di noi stessi.

    Chiediamoci anche: quando giudichiamo come stiamo? L’energia delle nostre parole prima di arrivare agli altri resta intorno a noi e abita il nostro corpo fisico.

    Quando noi critichiamo, ci autodistruggiamo, ci facciamo del male da soli.

    Possiamo, inoltre, chiederci: quando diciamo qualcosa, perché la stiamo dicendo?

    Approfondiamo, in questo modo, lo scopo della nostra comunicazione.

  • Ognuno di noi custodisce dei desideri nel proprio cuore.

    È importante, però, saper distinguere tra quelli superficiali e quelli più profondi. Come possiamo identificarli? E come possiamo realizzarli? Innanzitutto bisogna distinguerli. I desideri consapevoli sono quelli a nostra disposizione subito, quelli che sono sotto la nostra gestione. Questo tipo di desideri sono ad un livello superficiale. I desideri superficiali, consci non sono mediati dalla riflessione profonda, dalla consapevolezza; sono risposte immediate a bisogni immediati e superficiali dettati da influenze esterne. Spesso questi desideri si collegano al piacere e alla gratificazione, alla soddisfazione immediata. I desideri profondi, quelli inconsci, rappresentano le nostre aspirazioni più vere, la realizzazione di noi stessi come essere umani; sono quelli che cercano il senso, il significato; quelli che hanno come obiettivo la crescita interiore. Per identificare i nostri desideri abbiamo bisogno di silenzio e del respiro. Quindi si inizia un dialogo interiore.

    Come riconoscere i desideri? Innanzitutto occorre ascoltarsi e fare memoria delle nostre esperienze vissute. Poi distinguerli in base a cosa ci danno e la durata delle emozioni ad essi legati. I desideri superficiali cerchiamo di soddisfarli o per paura o per condizionamento sociale e producono appagamento temporaneo. I desideri profondi invece producono il vero cambiamento. Qual è il perché dietro i nostri desideri? Perché facciamo quello che facciamo? Qual è il motivo dietro i desideri? Come realizzarli? Può essere utile la meditazione, annotare i propri pensieri, il dialogo interiore consapevole, etc. Quali ostacoli incontriamo? Innanzitutto l’impegno che ci vuole per la ricerca interiore, per la scoperta dei desideri profondi. Il secondo ostacolo sono le convinzioni che abbiamo sulla vita; un altro ostacolo è la paura. Infine bisogna integrarli. Bisogna integrare i propri desideri profondi con quelli più immediati per dare senso alle cose che facciamo.

  • Cosa ci dice la scienza riguardo all'aldilà? È possibile spiegare scientificamente l’esistenza dell’aldilà?

    Una quantità enorme di evidenze, raccolte per quasi due secoli da alcune delle menti più acute dell'umanità, giustifica una fede razionale in un aldilà.

    Cosa vuol dire fede razionale?
    Fede razionale è quella fede non basata su una religione, un libro sacro, cioè non basata sulle parole di altri o su esperienze personali, ma basata sulla conoscenza e sull’esame critico dei fatti.

    È importante sfidare questi fatti e metterli in discussione per comprendere che la morte del corpo fisico non è la nostra morte.

    Vi sono una dozzina di aree di evidenza diverse e indipendenti che in maniera coerente puntano verso l’ipotesi della sopravvivenza dopo la morte del corpo fisico e possono interagire con il mondo fisico che hanno lasciato.

    Quali sono queste aree di evidenza?

  • Il rispetto è un valore fondamentale per ognuno di noi.
    Perché per l’essere umano è così importante il rispetto?

    Il rispetto tocca delle corde profonde in noi, poiché per gli esseri umani l’appartenenza e accettazione nel gruppo è stata una questione di sopravvivenza. Questo però oggi sfocia spesso nella pretesa di rispetto.

    Ognuno di ha un’idea personale del rispetto e attribuisce ad esso un significato diverso.

    Ci sono però dei presupposti da cui partire: non ci possiamo fare rispettare da tutti; non possiamo pretendere rispetto; è necessario chiederci perché per noi è così importante e quali corde vengono toccate in noi quando parliamo di rispetto.

    Quanto siamo reattivi rispetto al rispetto?

    Dobbiamo distinguere il rispetto dalla paura e dal potere sugli altri. Meno abbiamo autostima e rispetto di noi, più dipenderemo (e pretenderemo) dal rispetto degli altri

    Ci sono diversi punti che ci consentono di ottenere rispetto dagli altri.

    Il primo punto da tenere in considerazione è l’autostima. Parte tutto da noi: sei capace di comunicare in maniera assertiva? Sai comunicare i tuoi valori personali?
    Un altro punto importante è la coerenza. Per poter essere rispettati non basta solo l’assertività, serve anche la coerenza.
    Un altro elemento è la conoscenza interiore. Quanto conosciamo le nostre emozioni? Il nostro mondo interno?
    Inoltre vi è l’empatia: sentire il sentire dell’altro, che poi porta all’accettazione delle critiche e dei feedback.
    Per arrivare a questo è necessaria la resilienza, ossia la capacità di affrontare le prove. E riusciamo ad essere resilienti grazie alla gentilezza, che ci fa rimanere in contatto con i nostri valori personali.

    Il rispetto inoltre può essere visto sotto un duplice aspetto: Riconoscimento dell’altro (il guardare oltre le apparenze), e auto-rispetto (conoscere e apprezzare i propri valori e restare coerente).

    Come Ottenere rispetto quindi? Con l'autenticità, con la coerenza e integrità, con empatia e la comprensione. Che devono tradursi in comportamenti specifici.

  • Con un ospite speciale, il Dr. Piero Calvi Parisetti, abbiamo parlato dei poteri della mente e di quanto siano dimostrabili attraverso il metodo scientifico.

    Cosa può realmente fare la nostra mente? Quali sono le facoltà reali della mente e in che modo possiamo conoscerle e svilupparle?

    Parlando dei poteri della mente, il primo gradino da cui partire è l’esperienza umana.
    Le esperienze paranormali sono comunissime. Queste esperienze possono essere spiegate in molti modi diversi.
    Per comprendere l’evidenza sono necessari gli aneddoti comuni. Come si può dare validità scientifica a questi racconti di esperienze personali?
    Cosa emerge da queste storie?

    Che vi sono evidenze scientifiche su alcune facoltà specifiche della mente.

    La maggior parte di questi testimoni racconta che sembra essere possibile essere coscienti nella mente di un’altra persona quando i canali di contatto con l’altra persona (telepatia).
    Inoltre risultano evidenti le capacità imprevedibili di essere a conoscenza di avvenimenti che non sono ancora accaduti (precognizione).
    Ancora risulta essere possibile la visione a distanza, ovvero le cosiddette esperienze fuori dal corpo.
    Infine è dimostrato che i nostri pensieri, la nostra volontà interagisce con il mondo fisico circostante (psicocinesi).

    La parapsicologia ha studiato questi fenomeni con i metodi delle scienze naturali. Cosa è emerso? Ne abbiamo parlato nel video!

  • Nella scorsa diretta (al link https://www.youtube.com/live/iPphg7H8aR0) abbiamo parlato del denaro come simbolo. In questa continuiamo l'approfondimento sulla nostra relazione con il denaro.

    La nostra relazione con il denaro è complessa e rappresenta uno specchio delle nostre relazioni con noi stessi, con l’altro e con la vita.

    Ci sono alcuni aspetti importanti per la nostra relazione con il simbolo che il denaro rappresenta. In questa diretta approfondiamo alcuni atteggiamenti che abbiamo con il denaro: l’ avidità, l’avarizia e la gratuità.

    Avidità vuol dire non averne mai abbastanza, essere costantemente alla ricerca dell’oltre. Noi quanto siamo in grado di stabilire per noi stessi cosa ci rende grati e soddisfatti di ciò che abbiamo? Questo atteggiamento si riflette poi anche nelle relazioni. Interrogarci sull’avidità ci da un indice dell’insoddisfazione cronica; l’avidità determinerà un deterioramento delle relazioni e isolamento sociale. Questo perché si ha una distorsione dei valori. Questo porta, inoltre, ad una compromissione della salute mentale, perché non riusciamo ad apprezzare e ad essere grati. Possiamo chiederci: qual è il mio spazio di avidità?

    Avarizia è l’incapacità a spendere e a donare, a sfruttare la propria energia. Spesso l’avarizia si riflette anche nelle emozioni e nelle relazioni. Cosa scatena l’avarizia? Paura costante, negazione del piacere a tutti i livelli (chi non è in grado di dare, di darsi ha un problema con il piacere). L’avarizia spesso sfocia in perdita di opportunità e nell’incapacità di lasciarsi andare e nella mancanza di fiducia. La gratuità porta le relazioni ad un livello nettamente superiore. La gratuità porta alle relazioni d’amore. Quello che manca nelle relazioni vere, sane e nutrienti è la logica contrattuale. Sono relazioni gratuite.

    La gratuità è l’inizio dell’amore. La gratuità presuppone trasparenza ed educazione, cioè cerco di tirare fuori il meglio dall’altro. La gratuità inoltre crea comunità e ci fa confrontare con le nostre proiezioni, crea relazioni di reciprocità. È il punto di partenza del circolo dell’amore, che genera responsabilità, reciprocità, comunità e quindi amore.

    La gratuità però può essere vista anche dal punto di vista egoico. Quali risposte genera in noi? Può esserci una risposta egoica da “furbetto” (è chi si dice: perché dovrei contribuire?), da vittima (non posso contribuire) o l’indignato (come ti permetti di chiedere?).

    Qual è la tua relazione con il denaro?

  • Ti sei mai chiesto/a cosa rappresenta il denaro per te?

    Oltre al suo valore materiale, i soldi sono anche carichi di significati simbolici che riflettono la nostra relazione con noi stessi e con la vita. Infatti la nostra relazione con il denaro può fungere da specchio per la nostra relazione con noi stessi e con il mondo.

    Il denaro è ha un valore altamente simbolico. È quanto di più ambivalente ci sia. È lo specchio della nostra vita. Rappresenta, infatti, l’energia, la vita. Possiamo utilizzarlo come arma, come mezzo, come strumento di potere. Insomma è un simbolo a cui attribuiamo una serie di significati.

    Tra questi, alcuni simboli:

    • Sicurezza e stabilità: quando ci sentiamo abbastanza sicuri? La misura della nostra sicurezza si può vedere in modo lampante nel nostro rapporto con il denaro. Quando mi sento sicuro? • Potere e controllo: il denaro è anche uno strumento di controllo, anche nelle relazioni. • Status e prestigio: il denaro fornisce anche status e prestigio, cioè lo scopo del denaro diventa quello di dare prestigio o uno specifico status. • Valore personale: Quanto ci riteniamo degni e all’altezza di avere denaro? C’è chi lega il proprio valore all’immagine che da agli altri. Quanto leghiamo ai soldi il nostro valore personale? • Libertà e indipendenza: il denaro è quanto di più contraddittorio ci possa essere, se da un lato lo vediamo come indipendenza e possibilità di fare, in realtà la maggior parte delle persone che dicono questo sono schiavi del denaro. È necessario trovare il giusto equilibrio. • Scarsità e insufficienza: quanto sfruttiamo il denaro per promuovere un atteggiamento lamentoso? Come reagiamo alla mancanza di denaro? Se c’è scarsità, che relazione abbiamo con tutti i simboli visti finora?

    Alla luce di questi simboli, qual è la tua relazione con il denaro?

  • Come possiamo gestire l'insoddisfazione?
    Se gestiamo meglio il nostro mondo interno possiamo gestire meglio anche la nostra insoddisfazione.

    Una delle fonti dell’insoddisfazione è il confronto. Come possiamo smettere di confrontarci con gli altri? Ci sono due modalità: la prima è scrivere i nostri successi per uscire dall’inferno della mente; la seconda per ridurre il confronto con gli altri è iniziare a praticare la gratitudine e l’apprezzamento.

    Anche la paura può generare insoddisfazione. Ad esempio la paura di non essere abbastanza, di non essere all’altezza. Queste paure si disintegrano tornando alla realtà, perché queste paure non sono concrete.

    Inoltre il perfezionismo anche può essere artefice del nostro malessere. Il perfezionismo è il non accettare la possibilità di errore, non il voler fare le cose al meglio. L’imperfezione fa parte di noi, quindi per non essere insoddisfatti è necessario accettarla.

    L’insoddisfazione però è diversa dalla frustrazione. La frustrazione è mancato raggiungimento di qualcosa di concreto e reale. Mentre l’insoddisfazione è quella sensazione di non avere o di non essere abbastanza, è mancato apprezzamento di ciò che si è o che si ha…come se mancasse sempre qualcosa, una sensazione che si radica dentro di noi.

    Guardare a ciò che manca è utile se si spinge ad agire in qualche modo. L’insoddisfazione serve proprio a ricordarci ciò che manca per poter dare prospettiva e progettualità.

  • Come possiamo capire se la nostra coppia "funziona"?

    Innanzitutto dobbiamo partire dal chiederci: cosa è una coppia?

    Oggi, nella società attuale, non ci sono più modelli di riferimento e la coppia fa il pendolo tra dipendenza e distacco.
    Prima, in passato, la coppia era un dovere: l’uomo doveva certe cose, la donna aveva altri doveri. Avevamo una responsabilità ma mancava l’ascolto dei bisogni personali. Oggi è il contrario: portiamo avanti solo bisogni senza volere alcuna responsabilità.

    Come trovare l’equilibrio?

    La coppia, per poter essere una coppia adulta, dovrebbe essere successiva all’aver ritrovato noi stessi. Questo implica adultità nella coppia: riconoscere i propri i bisogni, le proprie mancanze e occuparsi e gestire tutto questo. Solo in questo caso riusciamo a mettere le basi per una coppia che funziona.
    Se non c’è un lavoro personale, parlare di coppia, e di una coppia adulta, è impossibile.

    La coppia può essere un passo successivo alla conoscenza di sé.
    Nella coppia abbiamo poi la possibilità di conoscersi meglio e di comprendere meglio se stessi.
    Se non c’è adultità nella coppia, se non c’è conoscenza di noi stessi , l’altro amplifica il nostro infantilismo.

    Una regola per far funzionare la coppia è prendere la consapevolezza che l’altro non ha nessuna responsabilità sulla nostra gioia.

    L’altro ha il compito di risvegliarci per perfezionarci. Non di renderci felici.