Spelade
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Il fascismo ebbe a Torino un radicamento più superficiale che altrove. Mussolini lo sapeva e nel corso del ventennio assunse verso la Capitale del Piemonte un atteggiamento ambivalente. A parole rendeva omaggio a quella “splendida città del lavoro”, in realtà, diffidava tanto dei veri padroni di Torino, gli Agnelli, quanto dei loro operai, che lo soprannominavano beffardamente Monsù Cerutti. Finché, durante la repubblica di Salò, Mussolini non nascose più la sua avversione per il Piemonte “centro della Vandea monarchica, reazionaria, bolscevica”.