Avsnitt
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Chelsea - Liverpool, semifinale di UEFA Champions League. Tempi supplementari. Hyypia stende Ballack, l’arbitro non ha dubbi e fischia: penalty. Sul dischetto va Frank Lampard. Palla da un lato, Pepe Reina dall’altro. Qui un sentimento difficile da decifrare si fa largo fra i fili d’erba, quando la corsa di Frank si scioglie in un pianto, le sue labbra baciano la benda nera del lutto, e il suo sguardo umido vola verso il cielo. Come sua mamma, Patricia, che se n’era andata da poche ore. Da quel giorno Frank esulterà rivolgendo i suoi indici al cielo, per ricordare la sua prima tifosa. Esorcizzando una parte di quel dolore.
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Per Filippo Inzaghi, al secolo Pippo, esultare non è una questione di stile. Per lui è la boccata d’aria presa dopo una lunga apnea, quella in cui l’attaccante piacentino si trovava fra un gol e l’altro. La sua esultanza non è ricercata, non è coreografica. È ossigeno. È adrenalina. Il suo modo viscerale e quello di chi non ha pensato a nessun balletto, perché troppo preso dall’ossessione del gol.
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Saknas det avsnitt?
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Di quella volta che il centrocampista bianconero della Juventus Paul Pogba riuscì a far eseguire una più o meno corretta dab move, o mossa dello starnuto, nientemeno che al premier francese Emanuel Macron, anche lui travolto da quell’euforia senza paragoni, quella da vittoria di un campionato del mondo. E quel gesto già virale diventò ancora più virale, perché Pogba e Macron... erano in diretta su Facebook.
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Di Diego Armando Maradona che segna il gol più bello di tutti i tempi esattamente quattro minuti dopo aver esultato con fierezza alzando al cielo la sua mano sinistra, la mano di Dio, appena utilizzata per il più irregolare dei gol. Di Diego che corre urlando verso la telecamera a USA 1994. Sempre di Diego, che a Napoli urla di gioia guardando la curva B dello stadio che ora porta il suo nome.
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Dallas, 1994, coppa del mondo. Ai quarti di finale il Brasile incontra l’Olanda. Il Cotton Bowl è gremito. Finirà 3-2 per i verdeoro, ma è il secondo gol brasiliano, quello del bomber Bebeto, che passerà alla storia per la sua esultanza. Voleva dare il benvenuto a suo figlio Matheus, nato da poche ore. Decise di arrestare la corsa e iniziò a dondolare le braccia, a mo' di culla. Lo raggiunsero alcuni compagni, che insieme a lui diedero vita a una delle coreografie post marcatura più celebri di sempre. Sempre quell’anno più o meno sulla stessa latitudine ma da questa parte dell’oceano Atlantico, un gruppo di calciatori in biancorosso guidati dal colombiano Migel Angel Guerrero, aveva deciso di far partire un insolito e indimenticabile treno che da Bari portava al resto del mondo.
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Il suo Brescia era sotto di due gol, ma quel pomeriggio, ancor più che il brutto risultato di un modesto derby lombardo, gli era andata di traverso quella pioggia d’insulti che pioveva sulle sue spalle dalla gradinata dell’Atalanta. Però poi Roberto Baggio aveva pareggiato allo scadere, scatenando una reazione imprevedibile. Nessuno fino a quel momento aveva mai visto correre così forte Carlo Mazzone.
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La Coppa del Mondo FIFA Qatar 2022 è la loro ultima chance di sollevare il trofeo più ambito del calcio. L’unico mancante nel loro palmares monumentale. Per l’occasione, ripercorriamo la dicotomia più celebre del secolo, l’eterna diatriba. Leo o Cristiano. Messi o Ronaldo. Due fuoriclasse diversi tra loro anche nel modo di esultare. Dall’urlo del Sium alla maglia dei Newell’s, più di mille e cinquecento gol in due, ai quali corrispondono alcune fra le esultanze più replicate nei campetti di tutto il pianeta. El Clasico è Real Madrid contro Barcellona, Castiglia contro Catalogna, Galacticos contro Tiki Taka. Ed è forse la più grande catarsi che Stefano Borghi si sia trovato a vivere nelle sue telecronache, il 23 aprile del 2017.
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"Gli dissi: se fai gol, vieni a sparami”. Questa è la storia di Luciano, professione massaggiatore, e di un calciatore con due nomi, Gabriel e Omar. Ma potete chiamarlo Batigol se almeno una volta l’avete visto mitragliare l’Artemio Franchi di Firenze mentre i tifosi viola impazzivano di gioia e sfioravano i sogni con un dito.
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Quella serie A era iniziata da un Inter-Brescia: a San Siro debutta Gigi Simoni, titolare in attacco l’acquisto-boom del mercato estivo, il fenomeno giunto da Barcellona: Luis Nazario da Lima detto Ronaldo, il mito assoluto. Tutti aspettano la sua giocata, il suo gol. Tutti gli occhi sono puntati su di lui. Ma a rubargli la scena quel pomeriggio sarà un suo coetaneo ancora sconosciuto, che entra dalla panchina e in pochi minuti ribalta il risultato. Il suo nome è Alvaro Recoba, detto il Chino. Sarà proprio per festeggiare le incredibili doti balistiche di quell’uruguagio che il suo compagno Francesco Moriero s'inventerà l’esultanza del lustrascarpe.
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11 Gennaio 2015 Roma Lazio 2-2. Primo tempo finisce 2 a 0 per la Lazio, poi però il solito campione, nonostante le cicatrici procurate in battaglia, rimette in asse il pianeta giallorosso. Prima uno, poi l’altro, in spaccata. Corsa sotto la curva, dove un complice lo aspetta con lo smartphone pronto. Il capitano a quel punto deve deve soltanto inquadrare l’euforia sua e di tutta la Sud. E poi scattare un selfie a dir poco geniale. Ecco la storia di Francesco Totti, del suo dito in bocca e delle sue t-shirt, capaci di riaccendere quel che resta dell’Impero.
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L’esultanza è la punta di un iceberg. Può essere studiata o istintiva, scatenata e rabbiosa, contenuta o scenografica. In questo podcast il gol è si punto di arrivo ma anche di partenza; e l'esultanza il contenitore, spinto al massimo dell'emotività, da cui estrarre storie concatenate. Si inizia da lì, dal momento culminante. Tutto nasce dal gol. E poi, da lì... Vamos!