Avsnitt
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Dott. Roberto De Icco & Dott.ssa Ilaria Cetta
Nella puntata di oggi parleremo di un tema molto attuale e di grande interesse per la gestione delle cefalee primarie, tra cui le cefalee autonomiche-trigeminali e l’emicrania, ovvero i blocchi antalgici con un particolare focus sul blocco del nervo grande occipitale.
L’emicrania è una patologia neurologica molto complessa con altissima prevalenza nella popolazione generale, in particolare interessa soggetti giovani di sesso femminile.
Alla luce dell’elevato burden della patologia, la ricerca scientifica è stata altamente produttiva negli ultimi 30 anni, tanto che recentemente abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nel panorama terapeutico dell’emicrania grazie all’introduzione di nuove molecole, tra cui gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, gepanti, ditani.
Il blocco del nervo grande occipitale invece rappresenta un’opzione terapeutica a disposizione già da molto tempo, ma si tratta una risorsa sempre più utilizzata nella pratica clinica attuale. Ma quali sono le reali evidenze scientifiche alla base del suo impiego? E le diverse indicazioni terapeutiche? -
Prof. Gianluca Coppola & Dott. Fabio Ferrandes
L’emicrania è un disturbo neurologico cronico che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce circa una persona su sette nel mondo.
Si manifesta con episodi ricorrenti e spesso molto simili tra loro. Proprio questa ripetitività, questa “stereotipia” clinica, ci fa pensare che esista un meccanismo alla base, ancora in parte sconosciuto, che rende alcuni cervelli particolarmente vulnerabili.
In altre parole, esistono cervelli capaci di generare, in modo ricorrente, episodi di dolore intenso, nausea, vomito e una marcata ipersensibilità agli stimoli sensoriali, come la luce e i rumori. Comprendere questi meccanismi è fondamentale, sia per chi soffre di emicrania sia per chi se ne occupa. Secondo l’OMS, infatti, l’emicrania è tra le prime venti cause globali di disabilità. E non è solo un problema sanitario individuale: in Europa, si stima che il costo annuale legato all’emicrania sia di 111 miliardi di euro. Per dare un’idea dell’entità, basti pensare che l’intero PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha stanziato per l’Italia circa 194 miliardi di euro: poco meno del doppio del costo annuo dell’emicrania per tutta l’Unione Europea.
Oggi, proviamo a capire cosa rende il cervello emicranico diverso dagli altri, e lo facciamo da una prospettiva affascinante: quella della neurofisiologia. -
Saknas det avsnitt?
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Dott.ssa Doriana Landi & Dott. Gianmarco Bellucci
La Sclerosi Multipla (SM) è la più frequente patologia neuroinfiammatoria cronica del sistema nervoso centrale, nonché la prima causa di disabilità non traumatica nei giovani adulti
In Italia ne sono affette circa 140 mila persone, in grande prevalenza donne. L’esordio clinico e la diagnosi avvengono prevalentemente tra i 20 e 40 anni di età – in un periodo che coincide con l’età fertile. Sebbene non esistano dati a supporto di un’inferenza diretta dei processi immunopatologici patologici sulla fertilità, il tasso riproduttivo delle persone con SM è inferiore rispetto a quello della popolazione generale. Questo è imputabile, verosimilmente, all’impatto psicosociale della diagnosi stessa, al possibile coinvolgimento neurologico delle funzioni sessuali, nonché, in alcuni casi, alle tempistiche e ai vincoli del percorso clinico-terapeutico.
In questa puntata di Neuropod, riassumeremo le evidenze sul tema della fertilità in donne e uomini con SM, discutendone le implicazioni per la pratica clinica e le prospettive future. -
Dott.ssa Angela La Neve & Dott. Giacomo Evangelista
La morte improvvisa e inaspettata nell'epilessia, nota come SUDEP (acronico di Sudden Unexpected Death in Epilepsy), è una morte improvvisa, inaspettata, testimoniata o non testimoniata, non traumatica e non da annegamento, che si verifica in circostanze apparentemente benigne in un individuo con epilessia, intendendo per benigne per esempio situazioni esenti da sforzi fisici estremi. Può avvenire con o senza evidenza di una crisi epilettica, escludendo lo status epilettico documentato, e l'esame post-mortem non rivela altre cause di morte. -
Dott. Giampeitro Zanette & Dott. Alberto De Lorenzo
Tradizionalmente, la diagnosi delle neuropatie si è basata sull’integrazione tra la valutazione clinica e gli studi neurofisiologici. Sebbene l’esame clinico rappresenti il primo strumento per orientare il sospetto diagnostico, in molti casi può non essere sufficiente per una caratterizzazione completa della patologia, rendendo necessario il supporto di metodiche strumentali. Tra queste, la neurofisiologia è la più consolidata, fornendo informazioni fondamentali sulla funzionalità del nervo. Tuttavia, essa non permette una visualizzazione diretta della struttura nervosa, limitandone la capacità di identificare con precisione eventuali alterazioni morfologiche.
In questo scenario, l’ecografia di nervo si è affermata negli ultimi anni come un complemento diagnostico essenziale, consentendo di analizzare in tempo reale l’architettura del nervo e le sue modificazioni patologiche. Questo passaggio rappresenta un’evoluzione significativa: da una fase in cui la lesione poteva essere solo ipotizzata sulla base dei dati neurofisiologici, a una fase in cui è possibile osservarla direttamente. Oltre a migliorare l’accuratezza diagnostica, l’ecografia può fornire informazioni prognostiche e guidare decisioni terapeutiche, incluse procedure interventistiche mirate.
Tuttavia, Nonostante i suoi evidenti vantaggi, l’ecografia di nervo non è ancora pienamente integrata nella pratica neurologica quotidiana, e molti specialisti ne conoscono solo parzialmente le potenzialità. -
Dott. Andrea Quattrone & Dott. Simone Aloisio
La diagnosi differenziale dei parkinsonismi rappresenta una sfida clinica cruciale, specialmente nelle fasi iniziali della malattia, quando le caratteristiche cliniche possono sovrapporsi tra la malattia di Parkinson idiopatica e le sindromi parkinsoniane atipiche, come la paralisi sopranucleare progressiva e l’atrofia multi sistemica. Inoltre, anche altre condizioni non primariamente degenerative possono mimare un parkinsonismo, rendendo necessaria un’accurata valutazione diagnostica per impostare il trattamento medico o chirurgico più appropriato. -
Dott.ssa Francesca Izzi e Dott. Anthony Messina
Chiarire temi neurologici in modo accessibile, con un focus sulla pratica clinica e sulle evidenze scientifiche più aggiornate -
Prof. Laura Bonanni & Dott.ssa Chiara Serafini
Nonostante la presenza di criteri diagnostici e l'uso di metodiche sempre più avanzate, la DLB rimane la demenza più misdiagnosticata al mondo -
Prof. Pierangelo Geppetti & Dott.ssa Chiara Abagnale
L'emicrania, definita dalla Classificazione Internazionale delle Cefalee come una cefalea primaria, è una patologia che affligge il 15% della popolazione. Caratterizzata da almeno due tra le seguenti: dolore unilaterale, pulsante, di intensità moderato-severa, che peggiora in seguito a sforzo fisico; associata a nausea e/o vomito, foto e/o fonofobia. Le caratteristiche appena elencate la rendono una patologia estremamente invalidante. La recente introduzione di terapie specifiche per l'emicrania ha completamente rivoluzionato la gestione di questa patologia e, di conseguenza, anche la vita di questi pazienti. Siamo qui oggi con il Pierangelo Geppetti, Professore Emerito presso Università di Firenze - Adjunct Professor New York University, per parlare nello specifico degli ultimi due arrivati in "casa" Emicrania: Gepanti e Ditani. -
Dott. Giovanni Cossu e Dott. Gabriele Bellini
Esplorare la Malattia di Wilson in un’ottica multidisciplinare, combinando storia, genetica, epidemiologia e innovazioni terapeutiche. Partendo dalle prime descrizioni cliniche fino alle più recenti scoperte. -
Prof Pietro Cortelli, Dott. Stefano Consoli
Le Chimeric Antigen Receptor (CAR)-T cell rappresentano un tipo di immunoterapia che prevede la modifica genetica delle cellule T del paziente. Queste cellule vengono ingegnerizzate per esprimere un recettore chimerico (CAR) che riconosce specifici antigeni presenti sulle cellule tumorali, permettendo un attacco mirato contro il tumore. Come ogni trattamento innovativo, la CAR T Cell Therapy può essere associata a diversi effetti avversi, spesso neurologici. Vediamo insieme come riconoscerli e trattarli. -
Dott.ssa Olimpia Musumeci e Dott. Piervito Lopriore
L'obiettivo di questo episodio è fornire ai neurologi una guida pratica per orientarsi nel labirinto dei test genetici e degli algoritmi diagnostici per le diverse forme di atassie ereditarie dell’adulto. Questo è particolarmente importante perché la diagnosi molecolare di queste malattie neurologiche rare risulta spesso complessa e non sempre raggiungibile con un singolo tipo di test genetico. Si stima infatti che in una percentuale compresa tra il 50% e il 70% dei casi, non si riesca ad ottenere una diagnosi molecolare definitiva, considerando i vari fenotipi e tipologie di test genetici disponibili. -
Dott.ssa Sara Mariotto e Dott.ssa Silvia Bartolomeo
Benvenuti a un nuovo episodio di NEUROpod. Mi presento, sono la Dottoressa Silvia Bartolomeo, medico in formazione specialistica al terzo anno presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e oggi parleremo di un tema di crescente rilievo nella pratica clinica: la diagnostica anticorpale nelle malattie autoimmuni del sistema nervoso centrale.
Queste patologie, come sappiamo, includono un ampio spettro di condizioni, dalle sindromi paraneoplastiche, alle sindromi demielinizzanti associate ad anticorpi anti-MOG e anti-AQP4, fino alle encefaliti autoimmuni. Negli ultimi anni, la scoperta di numerosi autoanticorpi diretti contro antigeni neuronali e gliali ha rivoluzionato l’approccio diagnostico, migliorando l'accuratezza della diagnosi stessa, la classificazione delle sindromi cliniche e l’orientamento terapeutico.
L’indagine di laboratorio, attualmente, si basa su test sierologici e liquorali, con metodiche selezionate in base al sospetto clinico. Queste includono il test ELISA e l’immunoblotting, la diagnostica su tessuto mediante immunofluorescenza indiretta o immunoistochimica, e i Cell-Based Assay, eseguiti su cellule vive o fissate.
Tuttavia, l’interpretazione dei risultati rimane complessa e richiede esperienza per evitare falsi positivi o negativi, massimizzando l’affidabilità diagnostica.
Per approfondire questi aspetti, oggi abbiamo il piacere di confrontarci con la Dott.ssa Sara Mariotto neurologa presso l'Università di Verona, che ci guiderà nella comprensione delle metodologie più efficaci, dei limiti attuali e delle prospettive future della diagnostica anticorpale nelle malattie neurologiche autoimmuni. -
Prof. Angelo Labate E Dott. Claudio Liguori
L’insonnia è frequente nelle persone con epilessia, parliamo di una prevalenza tra il 13 ed il 31%, con circa 1 persona su 4 con epilessia che può presentare insonnia. Le problematiche di insonnia spesso fanno riferimento ad un sonno frammentato, con difficoltà relative alla cattiva qualità del sonno che si ripercuotono nelle attività della vita quotidiana, con sintomi di astenia, fatica, sonnolenza, e problematiche cognitive. E’ necessario indagare questa problematica, in quanto spesso rimane sottodiagnosticata e va in diagnosi differenziale anche con un disturbo del ritmo circadiano sonno-veglia nel caso di addormentamento tardivo, oppure di un altro disturbo del sonno, quali le apnee ostruttive morfeiche oppure i movimenti periodici degli arti inferiori nel corso del sonno quando è presente sonno frammentato. Le conseguenze dell’insonnia possono essere rappresentate anche dal mancato raggiungimento della libertà dalle crisi e dalla comparsa di fenomeni critici durante il sonno, soprattutto se diurno. Possiamo andare ad indagare il disturbo da insonnia mediante questionari, come l’Insomnia Severity Index (ISI). Le domande da porre che sono presenti in tale questionario sono facili, immediate, si possono inserire nel corso dell’anamnesi che effettuiamo durante la prima visita, ma che dovrebbero essere ripetute anche nel corso del follow-up in quanto l’insonnia si può presentare in qualsiasi momento della vita della persona con epilessia. Posso arrivare all’esecuzione di un’indagine strumentale solo quando ho una roncopatia associata, uno scalciamento, degli episodi motori notturni o sonniloquio. Posso anche pensare ad un esame actigrafico quando ho anche il sospetto di un disturbo del ritmo circadiano sonno-veglia. Per chi effettua esami dinamici, l’aggiunta di canali elettro-oculografici, elettro-miografici, o pulsossimetrici potrebbe dare dettagliate informazioni relativamente al sonno notturno. La scelta del farmaco per il trattamento dell’epilessia dovrebbe guardare anche al ciclo sonno-veglia, ai suoi rischi sul sonno notturno. La scelta del trattamento per l’insonnia, dall’altro lato, dovrebbe seguire le linee guida, in modo tale da stimolare il sonno in maniera opportuna, secondo la struttura ipnica e rispettando la neurotrasmissione nel corso della notte, potenziala lì dove necessario (trasmissione GABA) o riducendola se inappropriatamente elevata (trasmissione orexinergica); infine, se la depressione è presente, bisogna guardare al trattamento della depressione oltre che dell’insonnia. -
Prof. ssa Simona Sacco & Prof.ssa Enrica Bonanni
Sapevate che più del 20% degli emicranici soffre di insonnia? Nei pazienti con emicrania cronica, la prevalenza può raggiungere anche il 60%. Con questa associazione l’emicrania è più grave e difficile da curare. Vediamo insieme quali domande fare al paziente per capire di che tipo di insonnia soffre soffermandoci anche sui sintomi diurni e quali esami programmare. Una volta identificata la problematica è fondamentale impostare una terapia adeguata con gestione personalizzata, basata sul tipo di insonnia identificato e sulla presentazione clinica del paziente. La promozione di una buona igiene del sonno è fondamentale. La terapia di prima linea raccomandata è la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I). Abbiamo a disposizione ipnotici efficaci come i nuovi non benzodiazepinici o gli antagonisti duali per il recettore dell’orexina che si sono mostrati idonei nel trattare l’insonnia anche nel paziente con emicrania. La melatonina a lento rilascio e consigliata nei soggetti con più di 55 anni. Nella pratica clinica è possibile provare a migliorare il sonno notturno e contemporaneamente prevenire gli episodi di emicrania ricorrendo ad alcuni specifici farmaci. Dobbiamo essere consapevoli che curare l’insonnia riduce l’impatto complessivo della emicrania e migliora sensibilmente la qualità di vita del paziente. Vedremo infine l’ultima affascinante ipotesi sul meccanismo patologico alla base dell’associazione tra emicrania e insonnia che vede il coinvolgimento del sistema glinfatico che ha il compito di ripulire il cervello da tutte le sostanze di scarto. Il sistema glinfatico gioca un ruolo nella modulazione del dolore eliminando ad esempio il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), un mediatore chiave nella fisiopatologia dell’emicrania. Il sistema glinfatico funziona soprattutto durante il sonno, e in particolare durante il sonno profondo non-REM. Con l’età si riduce sia il sonno profondo, sia l’efficienza del sistema glinfatico e viene compromesso il potere restaurativo del sonno. I farmaci in grado di aumentare questo tipo di sonno potrebbero quindi avere un ruolo anche nel controllo dell’emicrania. -
Prof.ssa Anna Chiara Cagnin e Dott. Dario Arnaldi
I soggetti anziani sono considerati fragili sotto molti punti di vista, anche da un punto di vista del ritmo sonno-veglia. Infatti, i soggetti anziani, sani, tendono ad avere un sonno più frammentato e di minor qualità rispetto ai giovani. Questo, aumenta il rischio di sviluppare dei disturbi del sonno. L’insonnia è il disturbo più frequente, anche nei soggetti anziani, colpendo il 10-20% della popolazione. Tuttavia, non vanno dimenticati anche altri disturbi quali le apnee in sonno, i disturbi del ritmo circadiano, la sindrome delle gambe senza riposo e le parasonnie, in particolare quelle durante il sonno REM. Molto spesso, soprattutto nei soggetti anziani, tali disturbi rimangono non diagnosticati, oppure non correttamente inquadrati. Ad esempio, non è infrequente che un soggetto anziano con un disturbo da anticipazione del ritmo circadiano, venga erroneamente inquadrato come affetto da insonnia. Una corretta diagnosi è importante per un adeguato trattamento ed una migliore gestione. I disturbi del sonno nel soggetto anziano hanno una rilevanza ancora maggiore se si considera che costituiscono un fattore di rischio, modificabile, per lo sviluppo di deficit cognitivi fino alla demenza. Infatti, durante il sonno, si attiva un complesso meccanismo conosciuto come sistema glimfatico, che si occupa di eliminare dal cervello le sostanze potenzialmente dannose per il sistema nervoso centrale. Tra queste sostanze, vi sono anche le proteine responsabili della malattia di Alzheimer, la causa più frequente di malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale. Pertanto, è stato suggerito che il trattamento dei disturbi del sonno nel soggetto anziano e nel paziente con un deficit cognitivo lieve, possa avere effetti neuroprotettivi. In questo Podcast, vengono discussi i principali disturbi del sonno che possono interessare i soggetti anziani, ed in particolare quelli legati alla demenza ed alle patologie neurodegenerative del sistema nervoso centrale. Verranno inoltre discusse le indicazioni per un corretto percorso diagnostico-terapeutico. -
Prof. Alessandro Tessitore e Prof.ssa Federica Provini
I disturbi del sonno sono uno dei sintomi non motori più comuni della Malattia di Parkinson (MP), ad impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, dei loro caregivers e sull’efficacia della terapia. L’insonnia è molto frequente, interessando fino all’81% dei pazienti. E’soprattutto un’insonnia di mantenimento, caratterizzata da difficoltà a mantenere la continuità del sonno e risvegli frequenti. Fluttuazioni motorie, tremore, rigidità e difficoltà a girarsi nel letto sono spesso le cause dell’insonnia, come pure la presenza di altri disturbi del sonno, tra cui i disturbi respiratori di tipo ostruttivo, russamento ed apnee o la sindrome delle gambe senza riposo. E’ bene però ricordare come l’insonnia, nella MP, sia anche intrinsecamente legata alla patologia principale, poiché la neurodegenerazione coinvolge strutture anatomiche e neurotrasmettitori cruciali per la regolazione del ritmo sonno-veglia, interrompendo la rete che, dal tronco dell’encefalo alla corteccia, genera il sonno. Il sesso femminile, la durata di malattia e la presenza di depressione e/o ansia sono gli altri fattori correlati all’insonnia nei pazienti con MP. L’insonnia deve essere diagnosticata attraverso la raccolta anamnestica dettagliata, con l’eventuale ausilio di questionari validati che, benchè non specifici per l’insonnia nella MP, ne indagano i sintomi associati. L’actigrafia consente un monitoraggio prolungato del ritmo-sonno veglia; la video-polisonnografia notturna permette l’indagine completa delle caratteristiche del sonno del paziente con MP. Se l’insonnia è secondaria, perché dovuta a sintomi motori notturni, il trattamento terapeutico non differisce da quello dei sintomi diurni. I farmaci a lunga durata d’azione, in particolare i dopaminoagonisti, sono efficaci nel migliorare l’insonnia nei pazienti con MP, anche se l’insonnia è elencata tra i loro effetti collaterali. Studi randomizzati hanno dimostrato che Z-drug e melatonina migliorano la qualità del sonno dei pazienti con MP. Se l’insonnia non è né iatrogena né dovuta a sintomi motori, è bene ricorrere alla terapia cognitivo-comportamentale. -
Prof.ssa Alessandra Lugaresi - Prof.ssa Rosalia Silvestri
Nel podcast, la professoressa Alessandra Lugaresi e la professoressa Rosalia Silvestri esplorano il ruolo dell’insonnia nella sclerosi multipla, evidenziando come questo disturbo incida pesantemente sulla qualità della vita e sulle capacità cognitive dei pazienti. L’insonnia è comune nella sclerosi multipla e si associa spesso a sindrome delle gambe senza riposo e a comorbidità come disturbi dell’umore. Questo influisce negativamente sui network neuronali, specialmente nelle aree fronto-parietali, aggravando la fatica e le difficoltà di memoria a breve termine. Le esperte discutono l’importanza di una diagnosi accurata e di un approccio terapeutico integrato che includa terapie cognitivo-comportamentali e, dove necessario, interventi farmacologici specifici. L’obiettivo è quello di ripristinare un sonno di qualità per migliorare la gestione complessiva della sclerosi multipla e la vita dei pazienti, creando linee guida pratiche per neurologi e specialisti del sonno. - Visa fler