Avsnitt
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Siamo arrivati ad un punto particolare della nostra storia: siamo sbarcati sulle sponde in Anatolia e abbiamo assistito ai primissimi scontri tra le forze achee e troiane. Prima di addentrarci in un intrico di lame, urla e sangue è giusto soffermarci oggi sulla figura di Agamennone come capo spedizione.
A questo grande re ho in animo di dedicare diversi episodi, alla fine del nostro percorso sulla guerra di Troia: la complessa vita di Agamennone ha la sua parte più travolgente quando si disperdono i fumi che bruciano la città di Priamo…
Come ti dicevo, però, trovo giusto parlare di lui e della sua ascesa al comando delle truppe achee...
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Arrivati a questo punto del nostro racconto, è forse opportuno soffermarci a guardare dall’alto quella piccola flotta che sta veleggiando verso Troia. Non ci siamo più occupati, infatti, della coppia di amanti in fuga: Elena e Paride.
Usciti in fretta dalle grandi terre del Peloponneso, le navi di Paride devono affrontare una grande tempesta che li scaraventa fuori rotta! In viaggio verso casa sarà rallentato da diversi sbarchi in terre esotiche. Almeno due di questi sbarchi ci vengono testimoniati da più fonti.
Uscite da una pericolosa tempesta, le navi di Paride si trovano di fronte alla ricchissima città di Sidone, nel Libano.
Questa città che fa dell’artigianato e del commercio i suoi punti di forza, nel corso dei secoli è stata terra di conquista. All’epoca che ci interessa, Sidone è un centro famoso per la lavorazione e la colorazione dei tessuti: da un mollusco, il murice, viene estratto un pigmento che dona agli orditi un porpora intenso. Da ogni mollusco si riesce ad estrarre una sola goccia di questo pigmento, per cui questa pratica di tintura è molto costosa e solo le principesse, si dice nell’Iliade, possono permettersi di indossare dei veli di porpora di Sidone.
Paride, però non vede Sidone come un centro in cui avviare degli scambi: considera quella città dedita al commercio qualcosa di goloso per la sua brama di conquista...
Il primo brano che leggo viene dal sesto libro dell'iliade, mentre il secondo viene da Il ratto di Elena, di Colluto.
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Saknas det avsnitt?
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A sostegno delle forze achee all’assalto di Troia c’è Calcante, l’indovino.
Come hai sentito in molte puntate precedenti a questa, Calcante entra in gioco in più occasioni: è una specie di “voce che attiva” l’azione dei greci.
Calcante, all’inizio della nostra storia, vive a Troia e serve Priamo: i suoi poteri sono dedicati alla conservazione della sicurezza della imprendibile e ricchissima città.
L’arrivo annunciato della regina di Sparta con il principe Paride mette in subbuglio l’intera corte: tutti hanno già ben chiaro in mente quanto difficile sarà uscire indenni dall’intricato ginepraio in cui la schiatta di Priamo è stata fatta precipitare da quel rapimento...
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Nell primo giorno di scontri sono scese nell’Ade oltre mille anime di achei, per mano di solo un eroe che difende le mura di Troia: Cicno, l’invincibile.
Egli è di statura superiore a qualsiasi altro acheo o troiano, la sua armatura è ridotta al minimo: buona parte del suo corpo, il petto le spalle il collo, è esposta alle armi nemiche… È come se Cicno non si curi per nulla riguardo la propria incolumità.
Ed è proprio così: costui, figlio di Poseidone, è un semidio! Come tutte le figure di questo tipo, anche Cicno manifesta un dono ereditato dal grande Dio dei flutti: il suo corpo è invulnerabile, nella sua figura non esiste una parte alla quale una qualsiasi arma costruita dall'uomo possa infliggere una ferita!
Egli poi è esperto nell'arte della guerra: maneggia con maestria spada, arco e lancia!
Immagina perciò cosa possa significare il combattere contro un avversario più alto e muscoloso di te, i cui colpi fanno tremare la terra stesse… Tu cerchi di colpirlo, di ferirlo con la tua spada e ci riesci anche pure ad entrare nella sua difesa… Ma la tua lama, per quanto affilata, non riesce a scalfire quella pelle invulnerabile! Un simile prodigio riesce a prosciugare la forza dalle braccia e dalla mente anche del più baldanzoso tra gli achei! Cicno ride! Beffardo e crudele negli scontri, insegue i nemici per finirli, uccidendone a centinaia! Qualcuno dice anche mille in un solo giorno!
Riuscirà Achille a sconfiggerlo?
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Dei molti figli con cui le sue tre mogli lo hanno arricchito, Priamo ama tra tutti il più giovane Troilo, poco più che adolescente.
La bellezza di questo giovane in fiore è tale che alcuni azzardano dirlo figlio di Apollo, più che di un uomo… La perfezione nelle forme, l’armonia nei gesti, l’attenzione a quanto di bello si trovi nelle opere dell’uomo e nelle creazioni della natura lo rendono così attraente che quanti lo vedono ne rimangono immediatamente affascinati.
Il suo nome contiene due figure fondamentali e importanti per la storia della sua città: Troilo è composto da due nomi di re notevoli: Troo, il fondatore di Troia e Ilo, suo figlio, primo re a succedere al fondatore. Da quest’ultimo, il nome greco di Troia, Ilio.
Troilo, dunque, contiene nel suo nome una sorta di incantesimo o, se vuoi, di un legame con il destino della sua città: egli è depositario inconsapevole del Fato di Troia.
Così afferma l’oracolo che gli aleggia sul capo: Troia rimarrà imbattuta se il giovane arriverà a compiere i venti anni.
Questo, per i greci si traduce in un solo proposito: Troilo deve morire!
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Filottete di Magnesia, il "Custode dell'Arco", è figlio di Peante.
Quest'ultimo è un eroe di cui si parla poco, nella mitologia, ma è uno degli incredibili arcieri dei racconti antichi. Partecipa alla spedizione degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro; il suo arco difende i suoi compagni in più di un’occasione e ha la sua massima espressione quando i fuggitivi dalla Colchide cercano di toccare terra sull’isola di Creta.
Ecco, questo infallibile arciere Peante, ha un figlio: Filottete. Costui è ancor solo un bambino quando fa l’incontro che gli cambierà la vita.
Il piccolo si trova insieme al padre sulla sommità del monte Eta. Un bagliore che si agita su un prato incolto attira la attenzione del genitore. Peante ordinando al figlio di ripararsi dietro le sue spalle, incocca una freccia e si avvia a scoprire cosa stia succedendo poche centinaia di metri più in là.
Sente due voci litigare, pare che uno dei due uomini si rifiuti di fare qualcosa per l’altro che invece gli comanda di obbedire al suo desiderio.
Peante drizza le orecchie, ha riconosciuto una di quelle voci… no… non può essere proprio lui!
Esce dalla boscaglia sorridendo per salutare l’amico di tante avventure ma tosto il sorriso si smorza in una espressione di tristezza.
“Eracle! Amico mio, che cosa sta succedendo? Grande Zeus! Quale maleficio ti ha colpito?”
NOTA: Il dialogo tra Peante ed Eracle e le parole che il semidio rivolge a Filottete sono di mia invenzione, non vengono da alcun testo antico.
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Protesilao, figlio di re, ha partecipato al giuramento di aiuto a Menelao, come tutti gli altri re presenti a Sparta. Arrivato nella città lacedemone, Protesilao ha sognato di riuscire ad avere Elena, ma ne è uscito scornato come tutti gli altri.
Per fortuna, col tempo dimentica la sposa di Menelao, e il suo cuore comincia a battere di nuovo, questa volta per la bella principessa di Iolco: Laodamia.
Re Acasto di Iolco, però, rifiuta di far avvicinare il giovane bellissimo e muscoloso alla bella figlia: Protesilao, pur figlio di Re, è un principe che ha ben poco da offrire: il suo piccolo regno vive di pastorizia e il suo stesso padre è guardiano delle sue proprie mandrie.
Acasto rigetta la richiesta del giovane principe con disgusto lo fa uscire di palazzo.
Accade però, l’impensabile: con una faccia tosta degna del peggior imbroglione, un principe troiano, ospite in casa di Menelao, rapisce la sposa e deruba il palazzo dei suoi ori.
In fretta si sparge la voce che una spedizione partirà per Troia per riscattare con le armi la regina rapita.
Questo pone Acasto in un angolo: non c’è nessun principe o re tra i più blasonati che abbia tempo e voglia di contrarre matrimonio con sua figlia: non si improvvisa un vincolo tra famiglie reali sui due piedi…
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«Oh, quanto ho sognato di vedere di nuovo il volto amato del mio amato padre! Abbracciami, padre mio, abbracciami! Stringimi a te più forte che puoi!»
A queste parole di Ifigenia, il cuore di Memelao va in frantumi. Non c’è che il vuoto, ora, al suo posto, e questo enorme buco nero, lui lo sa, gli terrà compagnia per il resto della vita.
Perché Ifigenia deve morire ed Ifigenia morirà…
Morirà per mano sua.
Morirà per mano di suo padre, l’essere umano che la giovane ragazza ama più di ogni altro.
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Uno dei siti che ospitano l'affresco pompeiano: https://www.lasiciliainrete.it/culti-miti-e-leggende-dellantica-sicilia/principali-culti-elleni/artemide-diana/affresco-raffigurante-il-sacrificio-di-ifigenia-casa-del-poeta-tragico-pompei/
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I greci si stanno riorganizzando per salpare verso Troia e questa seconda volta è destino che riescano a non sbagliare strada, anche grazie all’aiuto di Telefo.
Avvicinato Telefo per chiedergli quale possa essere il momento migliore per salpare in direzione di Troia, il figlio di Eracle risponde che quei venti avversi alla rotta che a loro interessa, termineranno la primavera successiva!
Finalmente, un timido vento ricomincia a soffiare in favore delle navi nere. Tutti si ritrovano di nuovo in Aulide.
Poco prima di salpare, però, accade un fatto prodigioso.
Qui, in Aulide, sotto l’ombra di un grande platano, gli eroi, i re e i comandanti delle navi stanno compiendo sacrifici, dedicando agli dei degli animali perfetti, per ingraziarsi la traversata e lo sbarco in terra straniera.
Dalla base della più grande ara, spunta un terribile serpente dalle squame marroni, con il dorso tutto rosso sangue… Questo spaventoso rettile subito si abbarbica al tronco del platano: ha preso di mira un grosso nido… In questo nido ci sono otto piccoli passerotti e la madre che ha appena assistito alla schiusa delle uova…
In questo episodio, denso di colpi di scena, ti racconto uno dei momenti più bui della preparazione delle truppe achee all'attacco di Troia...
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Telefo guarda verso le navi nere approdate sulle sue sponde.
I suoi occhi vengono accecati per un attimo da uno scintillio da una delle navi.
È più di uno scintillio, pare quasi un fuoco che, come dotato di vita propria, è sceso da una delle navi e si muove nella sua direzione.
Con le gocce di sudore che gli rendono difficile vedere, Telefo strizza gli occhi e riesce ad individuare le insegne della nave da cui quel fuoco è sceso: quella nera nave viene da Ftia, è carica, zeppa di quei soldati formidabili che il mito ci racconta essere stati generati da delle formiche, da cui il nome di mirmidoni.
Quelle truppe fantastiche e imbattibili appartengono a Peleo e sono comandate da suo figlio: l’invincibile Achille.
Certo, è lui quel fuoco scintillante sceso dalla nave, la sua armatura risplende come il sole nel cielo!
Telefo ordina ai suoi di indietreggiare e di lasciarlo solo a combattere contro il campione degli invasori.
Lo scontro è di quelli che sembrano non aver mai fine: alla perizia di Achille nel manovrar le armi risponde la potenza di attacco di Telefo!
Entrambi gli schieramenti assistono meravigliati a questa battaglia dei due eroi-esercito!
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Nota bene: questa è una delle versioni dell'attacco acheo alle terre di Misia; mi sono permesso di romanzare il pensiero degli eroi e qualche dialogo.
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Tra i vari eventi che rendono affascinante la partenza da Aulide della flotta achea, tre versioni differenti tra loro ci dipingono situazioni inevitabilmente diverse.
Un primo racconto vede Corito, figlio della ninfa Enone, che fa da guida alla testa delle nere navi greche.
Costui è un personaggio particolare: suo padre, preparati allo stupore, è Paride in persona!
Dunque, ritroviamo il figlio di Paride che incredibilmente guida la flotta achea alla guerra e che naviga contro il suo stesso padre!
Ma come mai è possibile?
Dobbiamo tornare indietro nel tempo, e volare verso le alture del monte Ida, in Frigia.
Enone è una adorabile e bella ninfa dei boschi, dai bruni capelli e dal forte temperamento.
Nella sua gioventù è stata amata da Apollo, che è stato il primo e l'unico a giacere con lei prima di Paride.
Nel corso del tempo molti la inseguono nei boschi, affascinati e irretititi dalla sua avvenenza: non si contano gli impudenti satiri che continuano a cercare di attirarla nei loro anfratti, e anche lo stesso Fauno, dalla testa adornata di corna, cinta da una corona pungente di aghi di pino: anche lui, invaghito, trascorre notti insonni e giorni senza posa alla sua ricerca…
Molti decenni dopo il suo studiare insieme ad Apollo, Enone, sempre giovanissima, è inseguita da un altrettanto giovanissimo Paride, in quei giorni sconosciuto e semplice pastore di tori e capre.
Le corse a perdifiato nelle boscaglie dei monti sono un graditissimo corteggiamento per Enone, che alla fine si concede al desiderio di quell’affascinante giovane uomo e si unisce a lui.
I giorni trascorrono felicemente tra corse, risate e abbracci; il tempo pare non voler trascorrere, per loro: tale è la felicità che li avvolge!
Questo incanto si infrange quando Ermes scende dall’Olimpo con un incarico speciale per Paride, il suo amato Paride.
Questo compito, come ben ricordi, è di scegliere quale dea tra Era, Atena ed Afrodite sia "la più bella”...
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Anio, il re di Delo, l’isola sulla quale nacque Apollo, dona alle navi achee abbondanza di grano, vino e olio…
Questo generoso re è frutto dei lombi stessi del dio della musica, che lo ha generato nella bella Reo, figlia di Re Stafilo e di Crisotemi.
Stafilo è figlio di Dioniso e di Arianna, mentre Crisotemi è una delle figlie di Demetra, la divinità delle messi.
Dai genitori, la prole è legata a una disposizione ad una fertile abbondanza.
Reo dà alla luce un bel bimbo, Anio, appunto.
Costui diviene sacerdote di Apollo a Delo ed in seguito eredita da Radamanto anche il regno su questa particolare isola.
Delo è una isola brulla che ospita solo templi e luoghi di preghiera. Non c’è luogo dove coltivare piante o piantare grano.
Eppure Delo è ricca di cibo… Anio è infatti colui che maggiormente contribuisce a riempire le stive delle navi achee con quelle che paiono interminabili quantità di vivande…
Il re di Delo non può contribuire in altro modo alla spedizione degli achei: la moglie Dorippa lo ha reso felice padre di tre belle fanciulle ma di nessun maschio.
Poco male! Anio adora le sue tre figliole, Elaide, Spermo ed Eno, tanto che le consacra a Dioniso.
Il dio dell’ebbrezza, deliziato che un figlio di Apollo chieda anche la sua protezione sulla prole, dona alle tre splendenti figlie di Anio un potere ciascuna...
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Sull’isola di Sciro si nasconde un segreto. Tra le sue grandi pietre, che danno il nome alla intera isola, nella corte di re Licomede trova rifugio un fuggitivo giovane.
Il suo fisico è armonioso ed agile ed egli è maestro nell’arte della caccia e nel combattere in battaglia.
Come se non bastasse, è di una bellezza divina…
Si tratta del settimo figlio di Peleo e di Teti.
Con Peleo, Teti concepisce sette figli e di tutti elimina le parti mortali cospargendone i corpi di ambrosia e poi esponendoli al fuoco.
Peleo che accorre non può più fare nulla per i primi sei, la cui parte mortale è stata uccisa… giunge in tempo per vedere il più piccolo, appena nato, sospeso sul fuoco che piange.
Teti lo regge per un tallone e completamente presa dal suo rito, non si accorge che Peleo è entrato nella stanza e le sta urlando di togliere immediatamente il piccolo dalle fiamme. Lei sembra non udire la sua voce… Peleo di forza strappa il piccolo dalle mani della madre la quale si scuote dalla sua concentrazione e, irata, scompare nell’aria.
La caviglia e il tallone per cui era tenuto sospeso sul fuoco sono carbonizzati…
Peleo dà in custodia il piccolo al saggio centauro Chirone e insieme decidono di sostituire le parti arse del bimbo con un pezzo del tallone e della caviglia del gigante Damiso, famoso per la sua velocità nella corsa, il cui corpo è sepolto a Pellene.
Teti del profondo mare, sa che il destino del giovane è di vivere da sconosciuto una lunga vita tranquilla oppure di morire giovane e coperto di gloria.
Disperata al pensiero di perdere il figlio, Teti decide di nasconderlo per salvargli la vita. Trova uno stratagemma per occultare la presenza del figlio al mondo intero, in modo che nessuno lo riesca a trovare: lo vuole inserire in un gruppo di dodici principesse… -
“Nessun marito potrà più dormire sonni tranquilli, se questo atroce crimine non riceverà una severa punizione! Quale offesa è stata recata alla sacra ospitalità! È inaudita la sfrontatezza del principe troiano che si fa beffe e non si cura di un dovere fondamentale! Potrà visitare domani le vostre corti un altro Paride? Volete rinchiudere mogli e figlie e seppellire i vostri tesori nel pozzo e arrivare a vivere come foste prigionieri nella più cupa cella?
Non per me, amici, seguitemi a Troia, non per me, quanto per voi stessi!”
Con parole forse come queste, Menelao ha cercato di accendere nei petti dei suoi alleati il fuoco di Ares.
Alcuni agitano le loro lance in segno di approvazione ma altri rimangono dubbiosi…
Un discorso come questo può infiammare soldati e truppe addestrate di contadini assoldati alla bisogna, ovvero coloro che sognano la vittoria e il saccheggio…
Ma generali e re achei conoscono bene la fama di Troia: quella città arroccata è pressoché inattaccabile: la pianura che essa sovrasta non offre rifugi o opportunità di riuscire a cogliere di sorpresa i difensori.
Aggiungiamo alla lista delle difficoltà il fatto che le mura di Troia fono state erette da Apollo e Poseidone in persona… la presa di Troia, nelle menti di molti, è un sogno irrealizzabile che verrebbe pagato a caro prezzo da battaglie e assedi interminabili!
Come ben sai, costoro hanno ragione di temere una guerra interminabile, perché proprio così sarà: Troia non verrà presa con la forza delle truppe: Troia cadrà grazie all’ingegno del meno appariscente tra i re greci: Odisseo.
Il problema è che Odisseo non ha alcun desiderio di unirsi alla battaglia... -
Il tradimento coniugale fa parte di quel vasto bacino di situazioni umane che va a costituire il materiale per storielle, freddure e barzellette più o meno piccanti, più o meno divertenti…
Noi cerchiamo così di esorcizzare un evento che solitamente porta con se’ dolore e risentimento.
Ridiamo a questa o a quest’altra arguzia sulla infedeltà come se la cosa non ci riguardasse, non toccasse proprio noi, ma un’indefinita altra persona.
Così sorridiamo al pensiero di Menelao, che ai nostri occhi appare come il classico rancoroso marito tradito, il povero cornuto, il becco…
Se poi pensiamo che egli, dopo una pressoché infinita guerra, dopo oltre dieci anni, ha ancora voglia di riportare a casa la sposa fuggitiva… molti di noi esiterebbero ben poco a dargli dello sciocco…
La questione, ben lo sappiamo, con il mito (e anche con la Storia) è un po’ più complessa… e le motivazioni che si muovono in Menelao fanno parte di una visione del mondo che noi, uomini e donne del terzo millennio, stentiamo ad accettare…
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ATTENZIONE!
Ciao! Ho un avviso riguardo l’episodio di oggi.
In questa puntata, più che in ogni altra, vengono riportati eventi terribili e azioni spaventose.
Se sei solito proporre a dei piccoli questo podcast, ti consiglio di ascoltare tu per primo la puntata, e di decidere se è il caso di esporli a questo racconto.
Ho piacere che anche i piccoli ascoltino questo podcast, ma in questo caso occorre veramente prudenza.
Anche i più sensibili corrono il rischio di provare certo disagio, per cui l’invito è di procedere con cautela.
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Stiamo facendo conoscenza con la famiglia di Menelao e di Agamennone, due tra i protagonisti più importanti della guerra di Troia…
Entrambi i fratelli sono, come certo ricordi, nipoti di Tantalo… una eredità terribile!
Oggi proseguiamo il racconto su Atreo e Tieste.
Atreo è il padre di Agamennone e Menelao, Tieste è il loro zio.
Tra i principi Atreo e Tieste non corre buon sangue, per questioni di successione al trono di Micene.
Come abbiamo saputo nella scorsa puntata, Atreo è riuscito a salire al potere, spodestando il fratello dal trono.
Questa vittoria politica, però, non gli basta… Egli vuole vendicarsi per gli affronti subiti: la seduzione della moglie Erope da parte proprio del fratello Trieste e il furto del vello d’oro.
Il re di Micene organizza una terribile vendetta ai danni del fratello.
Invita ad una cena Tieste, come per rappacificare i rapporti. Il fratello accetta ben volentieri l’invito, non sospetta alcun inganno… In fin dei conti, ormai Atreo è l’unico re e può avere tutto ciò che vuole…
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Su Pelopia e Tieste esistono diverse versioni: qui ne ho distillata una, ma mi riservo di registrare una mini puntata con una versione alternativa.
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Menelao porta i capelli biondi lunghi sciolti sulle spalle, i suoi occhi sono azzurro di un azzurro cielo bellissimi. Nell’aspetto regale il re di Sparta è un uomo molto bello. Solo in parte al fratello Agamennone assomiglia: tanto Menelao sembra attento all’apparire così Agamennone pare essere un uomo di “sostanza”: egli è il re di Micene, E tutto egli fa per il bene della sua patria. Egli dà (anche se non sempre) prudente ascolto ai consigli e comanda i suoi soldati in maniera inflessibile. Agamennone è il condottiero messo a capo delle forze achee sotto le mura di Troia. Sia Menelao che Agamennone, però sono due fratelli maledetti: la loro esistenza è segnata da eventi oscuri e terribili: incesto, omicidio, cannibalismo...
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Le navi troiane sono già di nuovo in viaggio verso la patria lontana.
Tutti sanno che quello che è accaduto non verrà perdonato: per la cultura greca infrangere i vincoli che regolano l’ospitalità è un’azione si può dire intollerabile.
Paride è ormai un “ingannatore degli ospiti” e ahimè per lui questa etichetta infamante gli rimarrà cucita addosso per tutta la vita, nella memoria delle genti.
Questo soprattutto perché dal rapimento di Elena conseguirà una guerra di violenza indicibile e di scontri sanguinosi.
Tornato a Sparta, Menelao, scoperto il rapimento, chiamerà i suoi alleati per portare la guerra a Troia.
In questa guerra battaglie, tradimenti, atti di codardia e di coraggio, di dovere e di astuzia porteranno a morire molti nomi famosi.
Di tutte queste morti sembra essere responsabile Elena, tanto che dell’antichità, la sua figura è quella che da sempre è stata quella maggiormente vituperata. Essere come Elena è sempre stata una offesa tra le più pesanti da riferire a chicchessia.
Per la “fuga d’amore” di colei che alcuni sprezzanti chiamano “la cagna”, sono morti eroi ed è stata bruciata alle fondamenta una città rigogliosa e ricca.
Ma non tutti la pensano così...
In questa puntata, mi sono appoggiato ad Apollodoro, a Gorgia, ai Cypria e ad Euripide.
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Tutto è pronto a Sparta per accogliere i delegati troiani.
Come viene spalancata la gran porta della sala del trono, la regina Elena vede entrare gli onorati ospiti e rimane stupefatta dalla bellezza di questi emissari: Enea, figlio di Anchise e di Afrodite è di una perfezione divina ma dietro a lui, ad un solo passo, appare un giovane ancor più bello.
Come gli occhi di Elena cadono su Paride, il suo cuore decide di votarsi a quel principe di cui ancora non conosce il nome: tale è la potenza del potere dell’amore.
Paride non è solamente bello, è reso bello dal desiderio che Afrodite ha instillato nella mente e nel cuore alla bella Elena. La regina di Sparta non può fare a meno di continuare a guardare le forme e il volto di quel bel giovane, invaghita… Sorride e fa complimenti ad ogni componente della delegazione e finalmente, quando arriva a dare il benvenuto a Paride, a bassa voce gli dice:
“Straniero, di dove sei...?
Per i dialoghi fra Elena e Paride, come per le lamentazioni di Ermione, mi sono appoggiato a una opera minore di Colluto, poeta egiziano del quinto secolo.
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Elena di Sparta, la regina di Sparta, moglie del potente re Menelao, è ritenuta essere la donna più bella del mondo.
Fin da giovanissima ha fatto battere molti cuori e molti re hanno perso la testa per lei, quand’era ancora nubile.
Col tempo Elena cresce in grazia e bellezza, fino ad arrivare ad avere l’età per prender marito.
Re Tindaro, che ama la figlia, vorrebbe per lei un buon matrimonio ma è molto preoccupato che questo non possa accadere, proprio a causa della bellezza della giovane.
Nel corso del tempo si sono presentati molti spasimanti, rimandati al mittente da Tindaro. Ma ora, con la età adeguata per contrarre matrimonio, alla armata città di Sparta giungono tutti i re della Grecia, desiderosi di impalmare la bella Elena.
Tindaro suda freddo: come può concedere la mono di Elena a uno tra questi preziosi alleati senza disgustare i tutti gli altri, che rimarranno a mani vuote? Come fare per salvare la faccia e mantenere solide le alleanze? Impossibile, pensa Tindaro, mentre cammina avanti e indietro pensieroso, nella ancora per poco solitaria sala del trono.
Un discreto colpo di tosse attira l’attenzione di Tindaro. Riconosce subito l’amico e lo saluta con un mezzo sorriso nervoso...
La puntata di oggi fa affidamento su diversi testi ma soprattutto sui racconti di Apollodoro.
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