Avsnitt
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La memoria, la memoria pubblica, non è mai una fotografia nitida del passato, ma è spesso selettiva, mutevole, può essere soggetta a deformazioni, alla dialettica del ricordo, dell’amnesia, dell’oblio, è vulnerabile, è suscettibile di lunghe latenze, ma anche di improvvisi risvegli: la memoria va allora preservata e trasmessa, anche quando è dolorosa come la memoria della violenza mafiosa.
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Dipinti sul grande muro del ponte ferroviario che attraversa il quartiere Ortica, ritroviamo i volti del generale dalla Chiesa, dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, di Lea Garofalo: volti sereni, che ricambiano con un sorriso lo sguardo al visitatore, ognuno raccontando la propria storia e, con essa, riconsegnando una testimonianza sull’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e sulla bellezza di essere cittadini liberi e consapevoli.
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Saknas det avsnitt?
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La ‘ndrangheta impone il silenzio, l’omertà: Lea, invece, parla, denuncia, collabora con le autorità.
La ‘ndrangheta impone alla donna la sottomissione, col compito di trasmettere ai figli i codici d’onore della cosca.Lea, invece, si ribella, rompe i legami con la cosca, e segna e insegna alla figlia la strada del coraggio e della partecipazione responsabile alla società. A Milano Lea cercava una nuova vita. A Milano Lea venne uccisa il 24 novembre 2009. -
All’alba del 4 febbraio 1995 a Corsico, alle porte di Milano, viene ucciso, a colpi di lupara, Pietro Sanua, un commerciante che stava allestendo la sua bancarella al mercato. Chi l’ha ucciso? E perché? Il delitto, di matrice ‘ndranghetistica, va con ogni probabilità ricondotto alla sua attività sindacale e associativa, e alla sua caparbia volontà di tutelare, attraverso il rispetto delle regole, i diritti di chi lavora.
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27 luglio 1993: un’autobomba esplode davanti alla Galleria di arte moderna e al Padiglione di arte contemporanea, in via Palestro, provocando la morte di sette persone. È la stagione della mafia stragista, che decide di colpire anche fuori dalla Sicilia, prendendo di mira il patrimonio artistico nazionale, in reazione agli esiti del Maxiprocesso di Palermo e all’inasprimento della legislazione antimafia: nella stessa notte una bomba esplode anche Roma, come già due mesi prima a Firenze.
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Anche se Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non vissero e non operarono mai direttamente qui, la città di Milano – e prima ancora, la cittadinanza di Milano, gli studenti e le studentesse dei licei di Milano con i loro docenti – hanno voluto dedicare loro un giardino, e piantare l’albero della legalità, che affonda le sue radici nel coraggio e nella professionalità di questi due magistrati per protendere i suoi rami sempre più verso l’alto.
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Quel monumento d’acciaio dalla forma a prima vista bizzarra che si trova nella centralissima piazza Diaz a Milano rappresenta una fiamma: è la fiamma dei Carabinieri, cui il monumento rende omaggio.
Ai suoi piedi una targa ricorda il generale dalla Chiesa che, facendo leva proprio sulla collaborazione con i “suoi carabinieri” e sulla valorizzazione del tessuto onesto della nostra società, introdusse nuove tecniche di indagine e nuovi metodi di contrasto alla criminalità, a partire da quella mafiosa. -
Una banca guidata da un finanziere spregiudicato, Michele Sindona, che, con l’appoggio della mafia siciliana e di una parte della politica, vuole inquinare l’economia italiana; un commissario liquidatore, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, che tutela, fino all’estremo sacrificio, i valori della legalità e che, grazie alla sua onestà e competenza, spezza le trame di chi avrebbe voluto addossare sulle spalle della collettività la voragine finanziaria provocata dalle speculazioni sindoniane.
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Chi, fino a qualche anno fa, diceva che la mafia a Milano non esiste, si è dovuto presto ricredere! Purtroppo la mafia a Milano c’è, c’è stata, opera e ha operato, sempre con violenza: una violenza all’occorrenza sanguinaria, brutale. Una violenza altre volte meno eclatante, ma inevitabilmente tale, giacché è sempre violenta l’azione prevaricatrice di chi mira all’acquisizione di denaro e potere a scapito del bene pubblico e in spregio alle regole della concorrenza e del consenso elettorale.
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Il podcast ripercorre i luoghi di Milano che sono stati teatro di violenza mafiosa: dall’uccisione dell’avvocato Ambrosoli alla strage di via Palestro, agli omicidi di Pietro Sanua e Lea Garofalo, coi quali si è voluto sopprimere chi alla mafia intendeva ribellarsi, passando per piazza Diaz, i giardini Falcone e Borsellino, fino al murale della legalità al quartiere Ortica.
Realizzato dal Dottorato in Studi sulla criminalità organizzata, con il coordinamento scientifico del professor Fabio Basile, il supporto tecnico del CTU ed editoriale della Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali dell’Università degli Studi di Milano e la collaborazione del Comune di Milano e dell’associazione Libera, il podcast punta a preservare, condividere e trasmettere una memoria imprescindibile per la città di Milano e il suo futuro.