Avsnitt

  • Gesù inizia la sua missione nel mondo lanciando agli uomini un imperativo: “convertitevi”. Egli vuole così innanzitutto renderci consapevoli della nostra situazione di peccato e poi vuole rivelarci il motivo della sua venuta e della sua presenza tra noi. Già era stato additato da Giovanni Battista come l'Agnello che toglie i peccati del mondo. Ora con la sua predicazione, con i suoi miracoli, con i reiterati gesti di misericordia, vuole convincerci che ci è possibile recedere dal male e intraprendere una via, quella della salvezza; è possibile convertirsi. Ciò che era stato promesso ai nostri padri ora finalmente si adempie: “il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata”. È il peccato che ci immerge nelle tenebre, Cristo è la luce del mondo, luce dell'anima che ritrova la grazia e la gioia di vivere in Dio e di sentirsi amata. Comprendiamo allora il vero significato che Gesù vuole dare alle sue prodigiose guarigioni: la sua missione, il Regno di Dio ormai vicino, debbono significare concretamente una conversione totale dell'uomo, una vera rinascita che coinvolge tutto l'uomo nella sua realtà spirituale e fisica. L'accorrere dei malati segna l'inizio di una storia ininterrotta, di tutti coloro che, ritrovandosi malati nel corpo e nello spirito, andranno o saranno condotti da Gesù, dai suoi ministri, resi capaci di assolvere e di perdonare. L'essere risanati da lui significa aver ritrovato la vita, significa la nostra completa e reale conversione.

  • In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
    «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
    sulla via del mare, oltre il Giordano,
    Galilea delle genti!
    Il popolo che abitava nelle tenebre
    vide una grande luce,
    per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
    una luce è sorta».
    Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
    Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

  • Saknas det avsnitt?

    Klicka här för att uppdatera flödet manuellt.

  • La parola “epifania” significa manifestazione”. Gesù Bambino, come chiamò i pastori ad adorarlo nella grotta di Betlemme mediante il canto degli Angeli, così, con il linguaggio persuasivo di una stella, attrae alla sua persona e si manifesta alle “genti” chiamando dall'Oriente i Re Magi. La manifestazione del Signore ha tanti motivi di festa: la chiamata alla fede dei Re Magi... la chiamata di uomini o donne a un servizio nella Chiesa: al sacerdozio, alla vita di consacrazione... Festa perché gli esiliati di Israele ritornano in patria con incontenibile giubilo... perché popoli e re si affrettano a raggiungere Gerusalemme dove cammineranno allo splendore della sua luce. E' festa per il Bambino Gesù che per mezzo dei doni a lui offerti dai Re Magi, oro, incenso e mirra, viene riconosciuto come vero Dio, vero Re e vero Uomo. E' festa per i nostri bambini che, come è tradizione, almeno in alcune Regioni, oggi sono fatti segno di maggiore attenzione... con regali e donativi che suscitano esplosioni di gioia... con tanti segni di affetto verso i generosi babbi natali... Solo nel cuore di Erode c'è turbamento, come nel cuore di chiunque si lascia dominare dalla passionalità. Forse anche a tanti bambini che vivono nella povertà più squallida non giungono queste voci di festa. Eppure oggi si celebra la Giornata dell'Infanzia missionaria e di tutta l'infanzia che soffre. Si vorrebbero suscitare in tutti i bambini del mondo sentimenti di gioiosa esultanza... Ma come? Con la condivisione, con la generosità di chi ha verso chi nulla possiede. Non sarebbe una bella occasione per sensibilizzare i propri figli, per educarli al risparmio, al non-consumismo, alla rinuncia di tanti giocattoli di "cinque minuti"... e così regalare un momento di gioia a chi vive nell'amarezza?

  • Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"".
    Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: "Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
    Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

  • È un brano di alta teologia quello che ancora una volta leggiamo in questa domenica. L'espressione di San Giovanni: "Il Verbo fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo noi", con quelle che seguono sulla luce e sulle tenebre, sul rifiuto e sull'accoglienza, traccia tutta la storia della redenzione del Figlio di Dio, la sua apparizione nel mondo come Luce dell'umanità, l'orrendo peccato dell'uomo e la deificazione di coloro che invece l'hanno accolto nella fede e nella vita. Inizia con l'enigmatica espressione "In principio" per ricordarci che il nostro essere, e non solo la nostra storia, è indissolubilmente legata all'Autore della vita. Pare quasi che l'evangelista voglia ricondurci alle origini per ricordarci l'atto creativo di Dio, le nostre origini nell'amore e la continuità nel tempo di quell'amore, che raggiunge il suo culmine proprio con l'incarnazione del Verbo. Sarebbe triste ed imperdonabile per noi se il passare dei giorni ci distogliesse dal pensiero e dal profondo significato del Natale. È troppo coinvolgente quella storia per poterla dimenticare, legarla solo ad un breve e fugace periodo. Ciò anche perché non è finita purtroppo la lotta tra le tenebre del male e la Luce che Cristo ci vuole donare. "Venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto", meritiamo ancora questo rimprovero in tempi in cui le tenebre assumono il lùgubre significato di lotte e di guerre distruttrici? O ci siamo assuefatti e rassegnati al nostro buio? Potrebbe accadere che Dio si è umiliato nella carne e noi rifiutiamo di immergerci nella divinità. Sarebbe il massimo della stoltezza. Già un profeta, rivolgendosi a Gerusalemme, città simbolo della futura chiesa, andava ripetendo: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni". Isaia pare descriva il nostro tempo e i nostri giorni.

  • In principio era il Verbo,
    e il Verbo era presso Dio
    e il Verbo era Dio.
    Egli era, in principio, presso Dio:
    tutto è stato fatto per mezzo di lui
    e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
    In lui era la vita
    e la vita era la luce degli uomini;
    la luce splende nelle tenebre
    e le tenebre non l'hanno vinta.
    Venne un uomo mandato da Dio:
    il suo nome era Giovanni.
    Egli venne come testimone
    per dare testimonianza alla luce,
    perché tutti credessero per mezzo di lui.
    Non era lui la luce,
    ma doveva dare testimonianza alla luce.
    Veniva nel mondo la luce vera,
    quella che illumina ogni uomo.
    Era nel mondo
    e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
    eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
    Venne fra i suoi,
    e i suoi non lo hanno accolto.
    A quanti però lo hanno accolto
    ha dato potere di diventare figli di Dio:
    a quelli che credono nel suo nome,
    i quali, non da sangue
    né da volere di carne
    né da volere di uomo,
    ma da Dio sono stati generati.
    E il Verbo si fece carne
    e venne ad abitare in mezzo a noi;
    e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
    gloria come del Figlio unigenito
    che viene dal Padre,
    pieno di grazia e di verità.
    Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
    «Era di lui che io dissi:
    Colui che viene dopo di me
    è avanti a me,
    perché era prima di me».
    Dalla sua pienezza
    noi tutti abbiamo ricevuto:
    grazia su grazia.
    Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
    la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
    Dio, nessuno lo ha mai visto:
    il Figlio unigenito, che è Dio
    ed è nel seno del Padre,
    è lui che lo ha rivelato.

  • La domanda che fanno i due discepoli di Giovanni a Gesù ha un significato molto più profondo che la soddisfazione di una semplice curiosità. Essa vuole scendere nelle profondità del Signore per scoprire chi realmente egli fosse, dal momento che Giovanni il Battista lo ha indicato come “Agnello di Dio”. Gesù li invita a rimanere con loro. Una permanenza rivelatrice. Che cosa si saranno detti o che cosa hanno potuto vedere in Gesù? Il cambiamento dei due ci fa intuire che qualche cosa di straordinario deve essere successo. Da questo incontro essi sono pienamente cambiati. Ora comprendono anche le parole del loro maestro Giovanni: Lui deve crescere e io diminuire... Tanto è vero che si fanno subito annunciatori della verità che hanno scoperto: Abbiamo trovato il Messia! Andrea conduce a Gesù il fratello Pietro: E Gesù: «Tu sei Simone, figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)». Un brano dai numerosi spunti di riflessione. Non si può conoscere pienamente il Signore senza “abitare con lui”. Ma una volta conosciuto davvero, profondamente, si diventa apostoli come Andrea. Non solo, ma si rompe con il peccato, come ci suggerisce la prima lettura, per appartenere completamente a Lui, rifiutando ogni compromesso con il male e si vive quindi da figli di Dio, camminando nella giustizia e nella fedeltà al Signore. Diciamo anche noi a Gesù: Signore, dove àbiti? Chi sei veramente? Confermaci nella fede della tua divinità, della tua presenza nell'Eucaristia, nella tua Chiesa, nella tua parola, nel fratello che incontro anche per la prima volta nella vita... Tu àbiti in tutte queste realtà: che io possa riconoscerti, servirti e adorarti in esse!

  • In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
    Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
    Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro.