Avsnitt
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Ritorna Valon Behrami, come nelle migliori serie cinematografiche. Consumati i fattacci di Istanbul, agli albori della carriera di Valon in Nazionale, questa volta ripercorriamo, da quel 2005 al 2018, il suo cammino a tinte rossocrociate. Tra gioie e dolori. Anche quelle delle sue ginocchia che spesso hanno fatto crack, senza però mai spezzare la sua voglia di andare oltre. Se devo pensare a un giocatore simbolo del calcio svizzero dell’ultimo decennio, è a lui che penso. Uomo spogliatoio. Uomo vero. Uomo capace di tirare le fila di un gruppo spesso in ebollizione. Valon in campo era una furia. Nello spogliatoio un riequilibratore instancabile. Ci sarà anche da divertirsi, con quello squinternato di Nicolò Casolini con il quale, almeno questa volta, condivido in toto il giudizio su Valon Behrami 2 l’indispensabile.
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Siamo a sei, intese come le puntate de LARMANDILLO. Molti di più i Tour de France commentati in compagnia di Antonio Ferretti. Ne abbiamo passate, vissute, respirate di ogni. Avremmo potuto parlarne per giorni, in un frullatore di ricordi che non ne voleva sapere di arrestarsi. Abbiamo condensato il meglio di quello che è mulinato nelle nostre pieghe del cervello, in una mezzora abbondante fatta di episodi che hanno lasciato a bocca aperta anche Nicolò Casolini. Noi a chiacchierare come i due vecchietti del Muppet show. Lui a godersela, come credo voi che ci ascolterete, dall’inizio alla fine.
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Saknas det avsnitt?
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Il Lugano che batte l’Inter. Possibile? Normalmente solo nel mondo dei sogni, ma non quella volta quando il sogno si trasformò in realtà. Era il settembre del 1995. Trentaduesimi di finale dell’allora Coppa UEFA che i nerazzurri in quegli anni ‘90 vinsero tre volte tre. Mentre due gol due, uno all’andata a Cornaredo, l’altro a San Siro, li firmò Edo Carrasco. L’eroe di quella doppia sfida dai sapori forti.
Incontrarlo per riannodare il filo della memoria, tra aneddoti e curiosità finora mai raccontate, è parsa perciò la scelta più naturale.
Nel quinto episodio de LARMANDILLO ci si avvolgerà in quelle atmosfere inebrianti. Anche, suo malgrado, per Nicolò Casolini, da sempre interista nel cuore, ma travolto pure lui dal fascino di quel momento storico, indimenticabile.
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È il 2005, mese di novembre, giorni di spareggio per staccare gli ultimi biglietti che portano ai mondiali dell’anno successivo. In cartellone c’è Turchia-Svizzera. Si gioca a Istanbul in un clima da guerriglia annunciato. Certo, perché già alla vigilia, si respirava aria grama. Quella che sarebbe poi sfociata nel tumulto. Uno degli episodi più cupi e drammatici della storia del calcio, affiorato in un contesto per certi versi surreale. Da una parte la gioia rossocrociata per la conquista del Mondiale. Dall’altra la paura, ma anche lo sbigottimento per quello che poteva essere evitato e che nello stesso tempo è rimasto impunito. Ripercorreremo quelle ore, che mai potranno essere dimenticate, con Valon Behrami che c’era in quel tunnel maledetto, assieme a chi vi scrive. Tra calci, pugni e botte da orbi. Noi lì, il giovane Nicolò Casolini allora a casa spoltronato davanti alla TV. Questa volta con noi, trasportato dalla sua curiosità.
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Non si erano mai visti tutti e tre insieme: il Giana, il Cere e il Crus. Tre allenatori ticinesi, come mai nella storia, sulle panchine delle tre squadre di maggior spessore del nostro Cantone. Uno sballo d’incanto, di quelli che ti smuovono le trippe e che ti riempiono di orgoglio. Indipendentemente dalla fede.
Ci siamo ritrovati come quattro amici al bar. Il mondo non lo abbiamo cambiato, ma abbiamo comunque cercato di sviscerarlo attraverso tematiche diverse rispetto ai canoni classici. Attualità, schemi e dinamiche tecnico tattiche quasi zero. Tanti altri invece gli argomenti affrontati. Tra scaramanzia, puzza e gestione dello spogliatoio e tutto quanto ruota attorno alla figura del mister, come lo si definisce nel mondo del calcio, o del coach, come dicono quelli dell’hockey. Tanto è la stessa cosa. Sei sempre da solo a prendere le decisioni e a inghiottire le critiche negative quando le cose non vanno bene.
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L’inizio è uno spasso che tocca aspetti di naturale fisiologia. Il resto sono le emozioni, i ricordi, le goliarderie mai espresse pubblicamente che trasudano, oggi come allora, da quelle giornate indimenticabili legate ai Mondiali di ciclismo di Lugano del 1996.
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Ripercorrere i momenti più importanti della carriera di Kubi, è uno spasso, tra aneddoti, curiosità e considerazioni inedite. Fin qui dette al bar o a tavola davanti ad un buon bicchiere di vino. Qui in tutta libertà comprese le motivazioni, inedite, che lo avevano portato ad essere escluso dai Mondiali del 1994.Io naturalmente ci metto del mio, così come quello sciagurato di Nicoló Casolini. Ma in primo piano ci sono comunque loro, le storie che racconteremo con il sorriso a ruota libera.