Avsnitt
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Nel nuovo episodio del nostro podcast (l’ultimo prima della pausa estiva) parliamo di #Euro2020 e di come il campionato europeo di calcio sia stato un palcoscenico senza precedenti per operazioni (e sperimentazioni) legati al marketing e all’intrattenimento: c’entrano TikTok, Ronaldo, Coca Cola, il nostro CT Roberto Mancini e molto altro ancora.
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Nel libro più importante sul tema, il guru del marketing Philip Kotler definisce il brand activism come la “volontà di assumersi precise responsabilità in merito al raggiungimento di quello che viene considerato bene comune”. Nell’ultimo periodo, e ancora di più a seguito dell’emergenza sanitaria che ci ha colpiti, sembrerebbe che fare del bene sia diventato un grande vantaggio competitivo per le aziende. Dalla lotta al cambiamento climatico, alla proteste per il #BlackLivesMatter passando per la promozione della parità di genere: ora più che mai, sono proprio i consumatori a chiedere alle aziende di prendere posizione. E non stiamo parlando di marketing di facciata o di greenwhashing, azioni che come unico scopo hanno quello di migliorare la propria immagine. Ora si chiede ai brand e alle aziende di passare dalle intenzioni alle azioni, e farlo nel mondo reale. Ma in che modo il brand vivono, agiscono e interagiscono nel mondo reale? Questa è la mucca viola numero otto e oggi parliamo di brand di lotta e di mercato.
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Saknas det avsnitt?
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La rivoluzione digitale del secolo scorso, ha consolidato quella che gli studiosi chiamano la società della scrittura. Il personal computer, internet, i social media, le app di messaggistica: per comunicare con altri abbiamo iniziato a scrivere e a leggere come non avevamo mai fatto prima. Negli ultimi tempi, però qualcosa sta cambiando. La scrittura e la lettura non ci bastano più: la sensazione è che l’utenza digitale oggi senta il bisogno di percepire anche la prossimità delle persone con cui interagisce. E il miglior modo di farlo, è usare e ascoltare la nostra voce, che il vero medium primordiale dell’essere umano. Ecco, forse il fenomeno di ClubHouse si spiega così: stiamo riscoprendo una cultura orale, quella dell’animale uomo che chiacchera intorno ad un falò. Dopotutto la pandemia ci ha costretto all’isolamento e alle distanze sociali, e adesso abbiamo voglia di ritornare ad una relazione più autentica, priva del filtro che si deposita sui testi o sulle immagini. In questo episodio del podcast parliamo di questo, e di come il 2021 forse sarà l’anno del social audio e del vocale; non solo fra gli utenti connessi rete, ma anche fra i brand e i propri clienti. Questa è la #muccaviola numero sette e si intitola: senti chi parla.
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Oggi possiamo dirlo con certezza: la vera grande tendenza in rete di questi ultimi anni è quella dei videogame. ll numero di gamer ha raggiunto i due miliardi e mezzo di persone in tutto il mondo, il doppio rispetto al 2013 e la maggior parte degli essi passa il proprio tempo online giocando con altri utenti. Non è quindi un caso che moltissimi brand stanno cercando il modo di integrare i loro prodotti nei giochi o nelle piattaforme sociali utilizzate dai giocatori, usandoli come nuovi canali di promozione e coniando un nuovo termine: advergaming. Con questo nuovo episodio proviamo a esplorare questo fenomeno emergente e inarrestabile, analizzando anche quali sono stati fino ad oggi le case history più virtuose in cui il marketing ha incontrato il gaming. Questa è #lamuccaviola di novembre e oggi ci chiediamo: è solo un gioco?
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Perché Donald Trump sta investendo un sacco di milioni in pubblicità su Youtube invece che su Facebook? Cosa c'entrano i gruppi whatsapp con i latinos americani e qual è il motivo che ha spinto i democratici a fare campagna elettorale su Animal Crossing? Perché è così importante che un quindicenne su Instagram faccia propaganda per Biden e cos'è questo Triller, definito il "TikTok dei conservatori"?
Il prossimo 3 novembre si vota per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti e mai come oggi - in epoca di pandemia - le campagne elettorali dei Repubblicani e dei Democratici si spostano dalla strada alla rete, riorganizzando degli apparati, sperimentando nuovi strumenti e investendo quasi tutto nel digitale. Dopotutto, come ci ha insegnato quello che è successo nel 2016 (quando Trump sconfisse Hilary Clinton), usare bene i social media può diventare un punto di svolta decisivo, quello che gli americani chiamano appunto "game changer". Ecco, con questo l’episodio vi raccontiamo quali sono le strategie digitali dei due candidati, i social media che utilizzano di più e gli strumenti messi in campo per arrivare a strappare ogni voto utile, tutti quelli necessari per sedersi sulla poltrona della Casa Bianca. #lamuccaviola -
Nei primi tre mesi del 2020 TikTok è stata l’applicazione più scaricata di tutti i tempi da quando esiste il mercato delle app: ben 315 milioni di installazioni, arrivando in totale a 2 miliardi di download. Un tale successo che negli ultimi mesi sono sbarcate sull’applicazione istituzioni governative, musei, organizzazioni umanitarie, politici e perfino sacerdoti: tutti con l’obbiettivo di intercettare quel pubblico di giovanissimi che sembra non voler stare da nessun’altra parte. La loro sfida è quella di provare a adattare messaggi complessi ed educativi dentro un contenitore pensato esclusivamente all’intrattenimento e al disimpegno. Essere insomma “leggeri ma pensosi”, un po’ come lo intendeva Italo Calvino. Fra tanti tentativi, qualcuno c’è riuscito ed è di loro che vogliamo raccontarvi. Questa è la mucca viola di luglio e proviamo a capire se un altro TikTok è possibile.
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Negli ultimi mesi tutti i leader politici dei più importanti governi del mondo hanno dovuto decidere come comunicare ai cittadini delle proprie nazioni l’emergenza sanitaria legata alla pandemia. Una parte di mondo, quella delle élite politiche, che fino a poco tempo fa era sotto scacco, si è trovata improvvisamente protagonista della scena pubblica, ascoltata e seguita. Nonostante questo, alcuni leader sono stati più bravi e innovativi di altri a gestire la comunicazione: e sono loro quelli che questa occasione l’hanno colta davvero. Nella terza puntata del nostro podcast, proviamo allora a raccontare quali sono stati gli approcci comunicativi che hanno funzionato meglio, con una particolare attenzione anche a tutte quelle sperimentazioni digitali messe in campo per consentire ai governi di essere “aperti” e “trasparenti”. Questa è la mucca viola di giugno e parliamo della comunicazione istituzionale in tempo di pandemia.
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Quella del COVID-19 non è stata certo la prima pandemia con cui ha dovuto fare i conti l’umanità ma è stata la prima pandemia che abbiamo affrontato nell’era digitale. Come ha detto Tim Berners Lee, l'inventore del World Wide Web, senza Internet l'epidemia avrebbe avuto un impatto sul mondo decisamente peggiore. Il nostro lavoro, il nostro tempo libero, i nostri affetti, i nostri desideri: il web ha colmato quella distanza sociale necessaria per isolare il contagio consentendoci di continuare a vivere. Ecco, in questo nuovo episodio de La Mucca Viola parliamo delle soluzioni digitali più innovative adottate durante la pandemia per restare connessi, produttivi e creativi. Parliamo sempre della rete. Ma della rete ai tempi del coronavirus.
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Il 2020 doveva essere l'anno in cui l'uomo sarebbe sbarcato su Marte: non sarà così, ma ci siamo vicini. Per il mondo digitale (ormai post-digitale) molte previsioni invece sono state azzeccate: da una nuova consapevolezza nell'uso dei social media all'utilizzo sempre più diffuso degli assistenti vocali. In questo primo episodio de #lamuccaviola proviamo a portarvi nel futuro (come sulla macchina del tempo di Emmett Brown) per provare a capire cosa funzionerà e cosa invece smetterà di funzionare nella comunicazione digitale dell’anno che verrà.
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Perché abbiamo voluto chiamare questo podcast "La mucca viola"?
C'entra un viaggio in Francia, un libro di Seth Godin e quello che facciamo ogni giorno. C'entra la voglia di raccontarvi solo cose straordinarie. Quelle che fanno la differenza.