Avsnitt
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Rula Jebreal è stata costretta da media e opinione pubblica a presentarsi sul palco di Sanremo come vittima, perché per gli italiani il parere di una donna è accettabile solo se percepita come fragile ed indifesa. È per lo stesso motivo che anche delle scienziate vengono descritte come "angeli", riconoscenti al marito che permette loro di essere anche delle professioniste oltre che madri e mogli. E in politica? In politica vince l’opportunismo, di donne è meglio parlarne solo l’otto marzo.
In questa puntata di Kevlar analizziamo con l’aiuto di Jennifer Guerra il rapporto tra mondo dell’informazione italiana e le donne . -
Ora tocca alla figura politica di Bettino Craxi, ma prima ci siamo passati con quella di Andreotti, con il fascismo e il nazifascismo. Addirittura c'è chi ci ha provato in maniera subdola con la Resistenza. Siamo il Paese del revisionismo, la nostra è una condizione morbosa. Perché? Forse perché in fin dei conti vogliamo sempre avere la possibilità di non dover mai rispondere dei nostri errori, o peggio dei nostri crimini. Ma allora, siamo tutti colpevoli e quindi tutti innocenti?
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Saknas det avsnitt?
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L’attenzione mediatica italiana è sempre stata evanescente e distratta: un giorno riempi le pagine con lo scontro nel governo sulla manovra di bilancio, e quello dopo con la guerra dei biscotti Nutella. Ecco perché una "rivolta" come quella delle Sardine, invece, deve avere come obiettivo quello di portare l’attenzione dei media verso quei temi tanto importanti quanto taciuti, denunciandone l’assurdità. E allora perché oggi nessuno parla più di quei temi che proprio fino a qualche mese facevano giustamente gridare al rischio di fascistizzazione del Paese? Ancora una volta c’è lo zampino dei media.
Ospite della puntata Emma Bonino. -
In Italia non solo non abbiamo ben chiaro cosa sia il razzismo, ma per giunta non possiamo resistere alla voglia, da bianchi, di spiegare ai neri cos’è il razzismo. E con questa arroganza lo giustifichiamo pure. E in tutto questo cosa fa la politica? Nulla perché, diciamocelo, “prima gli italiani” è uno slogan che funziona. Meglio restare come siamo, capaci di ostentare tutta l’indignazione possibile al prossimo buu razzista, ai prossimi fischi accompagnati dai versi di scimmia. Alla prossima aggressione, alla prossima frase che no, non era razzista, era solo una battuta.
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Oggi l’opinione pubblica è più centrale che mai, perché è su questa che agiscono i populismi. E non è un caso che tra i 15 paesi Ocse, l’Italia sia prima per distanza tra percezione e realtà. Fra finti esperti e teorie pseudo scientifiche il nostro Paese è diventato Opinionland. Ma siamo sicuri di aver ben chiara la differenza fra un’opinione e una boiata?
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Abbiamo vissuto l’estate in cui la personalizzazione della politica ha raggiunto il suo triste apice, fra Papeete e pochette. Ma, se fino a qualche anno fa erano solo i politici a spingere per “dare un volto” alle loro idee, oggi che le idee non interessano a nessuno, la personalizzazione è diventata mera semplicizzazione investendo ogni ambito e tematica del dibattito pubblico. E i primi responsabili di questo degrado sono i media.