Avsnitt
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Il mito americano è come Bob Dylan, che nel suo pezzo “I Contain Multitudes”, così si descrive: “I’m a man of contradictions, I’m a man of many moods, I contain multitudes”. Il mito americano contiene moltitudini. Una è Bob Dylan. E Dylan, gli piacesse allora o no, è stato un pezzo di quella “nuova frontiera" che John Fitzgerald Kennedy additava ai suoi concittadini e al mondo intero.
In occasione dei 60 anni dall’omicidio di JFK Paolo Colombo ha realizzato un episodio bonus del suo podcast "Kennedy: il mito e il coraggio" -
L'assassinio di Kennedy fu un duro colpo non solo per i Democratici americani, ma per l'America intera, e anche per il resto del mondo. Ai funerali parteciparono 2 milioni di persone: l'immagine più forte di quell’evento resta quella di un bambino, John Junior, che proprio nel giorno in cui seppellivano suo padre compiva tre anni. Stretto nel suo cappottino azzurro, il piccolo John Junior fa un passo avanti e si porta la mano alla fronte per fare il saluto militare. Con questa immagine si chiude il racconto sulla vita (e la morte) di John Fitzgerald Kennedy. Grazie per aver ascoltato il podcast del prof Paolo Colombo prodotto dal Sole 24 Ore.
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Saknas det avsnitt?
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Jacqueline Lee Bouvier Kennedy il 22 novembre 1963 ha 34 anni. Porta la taglia 42, ma quando lascerà la casa Bianca, di lì a poche settimane, porterà la 38. Jacqueline, quel giorno, ha un unico tailleur con sé: un completo rosa di Chanel, impeccabile. Poche ore dopo il tailleur rosa di Jackie è ancora impeccabile, eppure, con quello addosso, è uscita viva da un attentato, è rimasta sdraiata sul sedile posteriore della limousine coprendo il corpo del marito e schiacciata a propria volta da quello della guardia del corpo Clint Hill che si è gettato a loro protezione. In questa puntata del podcast si racconta l’assassinio di JFK visto ‘mettendosi nei panni’ della giovane first lady.
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I miti nascono nei modi più impensati: di solito è comunque una questione che ha che fare con il coraggio. Marilyn Monroe, comunque si voglia guardare la cosa, è stata e rimane un mito. E rappresenta anche un pezzo importante della storia di John Fitzgerald Kennedy. Di lei si ricorda quel vestito di perline che indossava nel giorno del 45esimo compleanno di JFK, la voce suadente mentre gli cantava “Happy birthday, mr president”, e la sua triste morte dovuta a una overdose di barbiturici. Quasi nessuno però ricorda che scriveva anche poesie e che proprio al suo John ne aveva scritta una bellissima.
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Kennedy era un presidente coraggioso nell’uso delle parole. Come quando annunciò (nel 1962) che avrebbe lanciato il suo Paese e l’intero mondo libero alla conquista della Luna. Anche noi italiani, così lontani dagli Usa, in quel luglio del 1969 in cui l’obiettivo fu raggiunto, ci sentimmo coinvolti nell’impresa: un’impresa epocale che, in triangolo fra Ruggero Orlando a New York, Tito Stagno negli studi Rai di Roma e noi in villeggiatura mentre stavano sfiatando i memorabili anni ’60, divenne anche nostra.
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L’omicidio di Kennedy è stato filmato, in ogni suo istante. Eppure è un evento ancora avvolto nel mistero. Più si prova a far luce su di esso e più emergono zone d’ombra. Si parla sempre, non a caso, del ‘mistero’ dell’attentato a JFK. Ma la parola ‘mistero’, in origine, portava in sé il significato di ‘serrare i labbri’. Questo è il cuore della vicenda: serrare i labbri di Kennedy, perché le sue parole erano la sua forza principale.
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I miti si possono far vivere e farne parte della vita di un popolo oppure si può cancellarli, anche con un semplice tratto di penna. Kennedy era abilissimo a costruire e alimentare miti: altri presidenti no. Prendete il mito della 66, la leggendaria highway che traversa il continente coast to coast: gli americani ne hanno persino fatto, con Cars, un cartoon di straordinario successo e di altissima qualità narrativa. E noi italiani, invece? Come raccontiamo la nostra Salerno-Reggio Calabria?
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Perché gli americani sanno costruire miti potenti ed edificanti sulla propria storia e noi italiani ne sembriamo strutturalmente incapaci? La storia che abbiamo alle spalle è tanto più debole della loro? Forse no. Forse dipende da cosa si racconta, e da come lo si fa. Forse dobbiamo avere il coraggio di tornare a usare parole grandi e forti, come quelle che usava John Fitzgerald Kennedy.
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In famiglia si raccontava che quando apprese la notizia che Kennedy era stato assassinato, mia madre scoppiò a piangere. Perché? Perché lei, come milioni d'altri, ovunque, aveva amato un presidente bambino che aveva invitato il mondo a superare i confini, a lanciarsi assieme a lui verso una 'Nuova Frontiera'.
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Gli history telling del prof. Paolo Colombo – ideatore del format Storiaenarrazione – sono racconti storici che vogliono essere appassionanti, coinvolgenti, emozionanti ma il più possibile seri e documentati, come deve fare un professore universitario. Questo history telling realizzato dal Sole 24 Ore, in collaborazione con l'Università Cattolica, parla di Kennedy e dei miti americani. Partiamo in coincidenza con la ricorrenza del suo assassinio, 22 novembre 1963, e termineremo il 20 gennaio, quando un nuovo presidente cattolico come JFK, Joe Biden, si insedierà al comando di quel grande paese che sono gli Stati Uniti.