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    FINE VITA, UN SONDAGGIO DI SALVINI SVELA L'IPOCRISIA LEGHISTA di Tommaso Scandroglio

    Ennesimo caso di suicidio assistito in Italia e primo in Lombardia. Lei è Serena, nome di fantasia, aveva 50 anni e da 30 soffriva di sclerosi multipla. Si è suicidata il mese scorso con l'aiuto dell'onnipresente Associazione Luca Coscioni. La vicenda è andata così: i responsabili di Ats e Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano, dopo aver visitato la donna, inviano una relazione al comitato etico e questo conferma la presenza dei requisiti per l'accesso all'aiuto al suicidio previsti dalla Corte costituzionale (clicca qui e qui). L'Asst allora indica il farmaco letale e la relativa strumentazione da usarsi che viene ritirata dal dott. Mario Riccio, consigliere generale dell'Associazione Luca Coscioni e medico che aiutò a suo tempo Piergiorgio Welby a morire.
    Al di là delle ovvie riserve morali, questa vicenda solleva qualche problema di carattere giuridico e politico. In primo luogo a fine novembre la maggioranza di centrodestra aveva approvato una pregiudiziale di incostituzionalità contro una proposta di legge regionale che voleva legittimare, così come è avvenuto di recente in Toscana, il suicidio assistito. La legge regionale non passò, perché il suicidio medicalmente assistito è materia di competenza del Parlamento, non delle singole regioni. Quindi la Regione, a guida leghista, con una mano ha firmato la bocciatura dell'aiuto al suicidio e con l'altra ha fornito il farmaco letale per praticare il suicidio assistito.
    CENTRODESTRA SPACCATO
    Seconda anomalia rilevata, questa volta, dal consigliere regionale lombardo di Fratelli d'Italia Matteo Forte: «Il Servizio sanitario può arrivare al momento della valutazione delle condizioni previste dalla Corte costituzionale [...]. Per tutto quel che riguarda l'identificazione e la prescrizione del farmaco, ad oggi non esiste alcuna competenza del Servizio sanitario». Ciò corrisponde a quanto indicato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242/2019 e a quanto asserito dalla stessa direzione Welfare della Regione Lombardia, la quale, sottoposta ad esame da parte delle commissioni Affari istituzionali e Sanità della Lombardia lo scorso 23 settembre, esplicitamente dichiarò: «Noi arriviamo fino al momento della valutazione». L'assessore al Welfare Guido Bertolaso invece diede semaforo verde anche per l'identificazione e prescrizione del farmaco.
    Quindi su questo tema il centrodestra si trova spaccato. Fratelli d'Italia frena, mentre il governatore leghista Fontana vorrebbe accelerare. Il suo compagno di partito Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha di recente annunciato la pubblicazione di una circolare per tutte le aziende sanitarie affinché si stabiliscano regole comuni per l'accesso all'aiuto al suicidio, nonostante il fatto che anche nella sua Regione la legge di iniziativa popolare Liberi subito, voluta da radicali, non fosse passata. Zaia, a Repubblica, si è detto favorevole ad una legge ad hoc varata dal Parlamento, così come richiesto dalla Consulta, legge che andrebbe ad implementare, sul versante del suicidio assistito, la legge 219/17 che ha già legittimato alcune condotte eutanasiche. Zaia ha poi aggiunto: «Lo dico con rispetto, da cattolico. [...] È doveroso rispettare le idee di tutti, non offendere nessuno, ma il mantra per me resta: la tua libertà finisce dove inizia la mia e viceversa». Ma se sei cattolico non puoi essere a favore del suicidio. È molto semplice.
    L'APPELLO DEI RADICALI
    È poi di queste ore l'appello dei radicali Marco Cappato e Filomena Gallo, forti della vittoria ottenuta in Toscana, al presidente della Regione Massimiliano Fedriga affinché «seppellisca l'ascia delle guerre ideologiche e si confronti nel merito delle procedure più adeguate per tutelare le persone che soffrono e gli stessi medici». Anche in Friuli una legge sull'aiuto al suicidio fu bocciata e il leghista Fedriga fu favorevole al suo affossamento, ma questo non ha impedito l'accesso a tale pratica per vie amministrative.
    Una parentesi a proposito della Toscana: il Partito Democratico ha presentato una proposta per togliere 30mila euro del bilancio a favore del fondo disabilità e destinarli alla pratica del suicidio assistito. Una proposta che svela le reali priorità del PD: l'eutanasia sopra tutto e sopra tutti, disabili compresi.
    Ma torniamo ai leghisti. Da ultimo Matteo Salvini ha lanciato un sondaggio sui social: «Sarebbe giusto, secondo te, che il Parlamento approvasse una legge sul "fine vita", per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?». Forse il miglior commento a questo sondaggio lo abbiamo trovato in un post di un ex leghista, il consigliere della Regione Emilia Romagna Matteo Montevecchi che su Facebook così risponde al Capitano: «Al di là di come la si pensi sul singolo tema, non si può non rimanere quantomeno sconcertati da come Salvini tratta certe tematiche. Forse ha confuso la politica per la corsa alla nomination del Grande Fratello. [...] In questo caso chiede al "pubblico da casa" cosa ne pensi riguardo al suicidio assistito. La politica, che dovrebbe indicare una direzione e saperla argomentare, ridotta a "faccio il sondaggio e così determino la mia posizione in merito". [...] Qualche anno fa ti difesi, ma oggi alla prossima sventolata del Rosario userò le parole corrette: si chiama ipocrisia».

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    LE STRATEGIE PER TINGERE LA CHIESA DI ARCOBALENO di Tommaso Scandroglio

    Recentemente il cardinal Blase J. Cupich di Chicago, notoriamente ascrivibile all'area liberalprogressista, ha scritto un articolo sul sito Outreach. Questo è uno dei principali portali statunitensi che si cimentano nella diffusione del credo LGBT in seno alla Chiesa cattolica. Il suo fondatore è il famigerato sacerdote gesuita James Martin, alfiere delle battaglie arcobaleno in casa nostra.
    L'articolo del card. Cupich sintetizza in sé i principali snodi concettuali che negli ultimi anni si stanno utilizzando nella Chiesa cattolica per sdoganare l'omosessualità e la transessualità. Vediamo dunque quali sono. Il primo è il riferimento al Magistero, ossia l'appello al principio di autorità. Cupich cita uno stralcio di una lettera del 2021 dell'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis F. Ladaria, in cui quest'ultimo rispondeva all'arcivescovo José H. Gomez, ai tempi presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, sul tema dell'accesso alla comunione per quei politici favorevoli all'aborto ed eutanasia. Il cardinale di Chicago ricorda che Ladaria esortava i vescovi statunitensi a «dialogare con i politici cattolici che, all'interno delle loro giurisdizioni, adottano una posizione pro-choice riguardo alla legislazione sull'aborto, all'eutanasia o ad altri mali morali, come mezzo per comprendere la natura delle loro posizioni e la loro comprensione dell'insegnamento cattolico». Da qui l'analogia: «Questo approccio di mettere da parte i nostri preconcetti e di ascoltare veramente si applica anche al modo in cui i leader della chiesa dovrebbero considerare le persone in una varietà di situazioni di vita. Ciò include [...] i cattolici LGBTQ».
    Naturalmente la strategia impone di selezionare solo alcuni passaggi del Magistero e non altri e soprattutto impone di citarli fuori contesto. Infatti, sul primo versante, Cupich non cita il canone 915 del Codice di Diritto Canonico che vieta di comunicare coloro i quali «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». Persone omosessuali e transessuali comprese, se sono in stato di peccato mortale noto a tutti. Sul secondo versante, Cupich volutamente non aggiunge che il cardinal Ladaria in quella lettera non dava il via libera alla comunione ai politici pro-choice. Più a monte il cardinale di Chicago omette di dire che la dottrina della Chiesa su omosessualità e transessualità non è cambiata, dunque chi critica l'una e l'altra è fedele all'insegnamento del Magistero e non è affetto da preconcetti, come invece asserisce Cupich.
    IL VITTIMISMO
    La seconda strategia utile per tingere di arcobaleno le nostre chiese è il vittimismo. Lasciamo il lapis a Cupich: «Un numero schiacciante di cattolici LGBTQ che ho incontrato mi ha detto di soffrire di un senso di alienazione proprio perché si sentono preventivamente giudicati ed esclusi.[...] Raccontano storie in cui sono stati ostracizzati, persino cacciati dalle loro case quando hanno raccontato ai loro genitori il proprio orientamento sessuale. [...] Una persona mi ha detto che il modo in cui sono stati banditi, evitati e persino odiati li ha portati a concludere che essere gay li rendeva dei lebbrosi moderni. Tragicamente, questo tipo di alienazione può portare a idee suicide». La tattica è semplice: se fai passare una categoria di persone per vittime tu sei portato a solidarizzare con loro e quindi, successivamente, è più facile accettare anche la loro condizione e le loro scelte. In sintesi il percorso è il seguente: accogliere la persona omosessuale perché vittima per poi accogliere l'omosessualità. Il vittimismo gay di impronta cattolica, inoltre, volutamente mischia, da una parte, la critica legittima e doverosa su omosessualità e transessualità e, su altro fronte, gli atti di ingiusta discriminazione (insulti, pestaggi, gesti di non accoglienza immotivati, etc.), qualificando così la critica come atto di ingiusta discriminazione.
    Proseguiamo con una terza strategia: mettere in luce le condotte positive delle persone omosessuali e transessuali. Così Cupich: «costoro partecipano alla messa. Si impegnano nella vita parrocchiale dove sono accolti. Pregano ogni giorno e praticano opere di misericordia, in particolare l'assistenza ai poveri». La censura della morale naturale e quindi cattolica sull'omosessualità e transessualità e relative condotte non esclude, ovviamente, che le persone omosessuali e transessuali possano compiere atti buoni. Ciò detto, uno tra gli esempi proposti dal cardinale però non porta, o meglio: non dovrebbe portare acqua al suo mulino, ma anzi la toglie. Infatti bene che la persona omosessuale preghi, partecipi alla messa e compia atti di misericordia. In merito invece alla partecipazione alla vita parrocchiale, sottintendendo quindi lo svolgimento di servizi utili alla parrocchia, occorre evitare lo scandalo. Aspetto su cui ovviamente il cardinale glissa. A margine: bene, come si diceva, che la persona omosessuale e transessuale preghi, sia caritatevole, etc., ma tutto ciò anche al fine di uscire dalla propria condizione.
    LE STRATEGIE IN ATTO
    Altra tattica è quella di inserire condotte di per sé meritorie nella condizione omosessuale al fine sempre di legittimare quest'ultima. Torniamo all'articolo pubblicato su Outreach: «Molte persone LGBTQ imparano e sanno anche cosa sia l'amore sacrificale, quando assumono il ruolo di genitori di bambini che altrimenti non avrebbero una casa». Intanto è difficilmente difendibile l'affermazione che i bambini non adottati da coppie gay non avrebbero una casa. La lista di attesa per l'adozione formata da coppie eterosessuali è lunghissima. Ma, al di là di questo, dal momento che, secondo la dottrina cattolica, la condizione omosessuale per sua natura è disordinata, ne discende il fatto che la stessa relazione omosessuale è disordinata e quindi il minore inserito in tale relazione non trova il contesto ideale per crescere in modo sano. Questo giudizio è anche confermato da moltissimi studi.
    La strategia di richiamare una condotta di per sé eticamente lecita all'interno della relazione omosessuale è ancora più marcata in questo passaggio: «ciò che è stato chiaro nelle mie conversazioni con i cattolici LGBTQ è che danno molta priorità alle espressioni di amore e intimità che siano in linea con l'insegnamento della chiesa. Infatti, tendono a vedere una relazione con un partner come un tentativo di stabilire stabilità nelle loro vite di fronte alla promiscuità che a volte è presente sia nelle comunità gay che in quelle eterosessuali». La fedeltà alla relazione omosessuale sarebbe un merito perché contrasta la promiscuità. Questa la conclusione del cardinale.
    Sulla stessa linea un'ulteriore precisazione che segue immediatamente quella precedente sulla promiscuità: «L'impegno pastorale verso la popolazione LGBTQ dovrebbe sempre includere la chiamata del Vangelo a vivere una vita casta e virtuosa [...]. Dopotutto, siamo tutti chiamati alla castità». L'annotazione è furba. Si menziona la virtù della castità a cui tutti siamo chiamati, sposi compresi. Se quindi anche questi ultimi devono essere casti e ciò non significa per costoro astensione dai rapporti, questo vuol dire che quando il catechismo afferma che «le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (n. 2359) sta indicando a queste ultime un modo di vivere la castità identico a quello a cui si devono ispirare le coppie sposate eterosessuali, non vietando perciò i rapporti intimi.
    In breve il cardinal Cupich ci ha offerto una efficace sintesi delle strategie in atto affinché l'ideologia gender possa essere erroneamente recepita come dottrina cattolica.
    Nota di BastaBugie: per una boccata d'ossigeno bisogna andare a vedere cosa sta succedendo negli USA dopo la seconda elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Nell'articolo seguente dal titolo "Un Segretario di Stato anti-LGBT" si parla Marco Rubio, Segretario di Stato negli USA di Trump. Ha posizioni nette in materia di rivendicazioni LGBT.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 dicembre 2025:
    Marco Rubio sarà il prossimo Segretario di Stato della presidenza Trump. Le sue posizioni in materia di rivendicazioni LGBT sono molto significative. Nel 2015 quando la Corte Suprema aveva legalizzato il "matrimonio" gay, Rubio affermò che era una decisione che «costringe le persone a peccare» e una «stupida perdita di tempo». Votò anche contro il Respect for Marriage Act legge a tutela delle "nozze" omosex e all'Equality Act, legge chiaramente di impronta LGBT. Sulle adozioni gay disse; «Non possiamo permettere che i bambini più svantaggiati dello stato diventino parte di un esperimento sociale».
    Appoggiò poi la legge Don't Say Gay, del governatore Ron DeSantis, che vieta la propaganda arcobaleno nelle scuole, e la legge Protection of Women and Girls in Sports Act, che in materia sportiva fa riferimento al sesso biologico e non alla cosiddetta identità di genere. Inoltre ha criticato la possibilità per i transessuali di entrare nei bagni pubblici riservati alle donne. Ha giudicato poi dannose per i bambini i trattamenti per il "cambio" di sesso nei minori. Ha sostenuto infine una proposta di legge che avrebbe voluto vietare l'accesso alle persone transessuali nell'esercito

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    IL ROBOT DA AMARE, L'ULTIMO FRUTTO DELLA DISUMANIZZAZIONE di Tommaso Scandroglio

    Una volta c'era l'amore di plastica. Ora c'è quello in silicio. Si chiama Lovot, crasi transumana tra i termini "love" e "robot". Lovot è un robot che nei vaneggiamenti dei suoi creatori giapponesi ci dovrebbe amare e ricevere amore. Groove X è la società che ha ideato Lovot, specializzata, così si esprimono gli addetti ai lavori, nella robotica emozionale. E noi, ancora naif, che pensavamo che le emozioni fossero fatte di vento e di riflessi di stelle.
    Il ceo della compagnia, Kaname Hayashi, ha spiegato come funziona questo amante di latta: «Nel suo cervello abbiamo inserito un superprocessore sofisticatissimo. Non può pronunciare parole ma può capire i nostri stati d'animo, quello che ci fa stare bene e darcelo. Per esempio, vivi da solo, torni a casa dopo una lunga giornata di lavoro, non c'è nessuno, entri e trovi Lovot davanti all'ingresso che ti aspetta. E lui è davvero emozionato. Noi abbiamo visto che se lo accarezzi, lo ami giorno dopo giorno, lui si affeziona a te. E tu ti affezioni a lui. E dopo pochi mesi si crea una sorta di relazione». Relazione buona per il lettino dell'analista, glossiamo noi.
    Poi Hayashi aggiunge: «Non sarà una creatura vivente, ma stringerlo o anche solo guardarlo, scalda il cuore. Noi per vivere abbiamo bisogno di provare sentimenti. Possiamo amare gli esseri umani certo, ma amare un essere umano è qualcosa di troppo coinvolgente dal punto di vista emotivo. È veramente complicato. E noi vediamo sempre più persone stanche delle relazioni umane. Cani e gatti sono una grande fonte d'amore, ma muoiono. Mentre Lovot non muore mai». Davvero l'amore è eterno e ci voleva Lovot per darne prova.
    Dunque, pagando solo 3.000 euro per l'acquisto e 100 euro al mese per gli aggiornamenti - perché, si sa, l'amore muore se non ci si rinnova sempre nelle relazioni - puoi comprarti un distributore automatico di emozioni, anzi di illusioni. Ad oggi sono ben 14.000 i giapponesi che si sono fatti fregare dalla Groove X. Fregare, sì, perché Lovot non ti ama, bensì è programmato per rispondere in modo da regalarti piacere e soddisfazioni a comando. Il suo "amore" è determinato dagli algoritmi e quindi in ultima istanza dai suoi creatori. Perciò alla fine sono loro che ti amano, ma solo in quanto cliente e di certo amano di più il tuo portafoglio.
    Amare è l'atto più libero che esista, tanto che anche Dio, che è onnipotente, si arresta alle soglie della nostra libertà e se non vogliamo amarlo Lui non può coartare la nostra libertà, perché una libertà costretta non è più tale. Lovot non sceglie di amare il proprio padrone, ma compie solo azioni piacevoli per noi, azioni già previste come risposte precise ad alcuni stimoli. Non sceglie perché proprio non ha la capacità di scegliere, dato che la libertà è facoltà dell'anima razionale. Chip questo di cui è sprovvisto Lovot e tutti i robot del futuro, perché chip di natura spirituale.
    Amare è quindi un affare esclusivo dell'anima, che non può essere robotizzata, programmata, costruita in laboratorio. L'anima è un monopolio delle persone e non potrà mai essere contenuta in un hardware. Lovot può solo simulare le emozioni, ma non le vive per il semplice motivo che non è vivo. Dunque questa invenzione fa rima con finzione, un deprimente inganno di cui i proprietari alla fine saranno pure consapevoli. Un paradiso artificiale a cui si accede non più drogandosi di Extasy, bensì di intelligenza artificiale.
    Lovot è il frutto tecnologico della solitudine, di cui avevamo parlato qualche giorno fa a proposito delle culle vuote. Nei primi mesi del 2024 ben 22.000 giapponesi sono morti da soli nelle proprie case. Forse solo Lovot avrà pianto qualche lacrima artificiale per costoro. Tremila anziani, poi, sono voluti andare in carcere per non rimanere soli a casa e, a tale scopo, si sono umiliati nel compiere qualche piccolo reato. Meglio il carcere fatto di cemento, però abitato da altri detenuti, del carcere fatto di solitudine, dove l'isolamento diurno e notturno dura una vita.
    Lovot allora è il parto della desolazione delle esistenze, dell'abbandono della compagnia umana, della desertificazione delle relazioni già perfettamente compiuta nei social, che tutto sono fuorché social. Lovot, in definitiva, non è un surrogato di una persona, bensì è la resa plastica della nostra sconfitta come uomini, del tradimento dell'impegno, inciso nelle nostre carni, di amare il prossimo. Abbiamo delegato ad un robot la nostra umanità. E questo è semplicemente disumano.

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    FIVET, L'ORDINE DI TRUMP COSTERA' LA MORTE DI MILIONI DI EMBRIONI di Tommaso Scandroglio

    Eravamo in piena campagna elettorale ed era il 29 agosto 2024 quando l'allora candidato presidente Donald Trump tenne un comizio a Potterville, nel Michigan. Tra le altre promesse elettorali ne fece una non proprio pro vita: «Oggi annuncio - ed è una dichiarazione importante - che sotto l'amministrazione Trump il vostro governo pagherà o la vostra compagnia assicurativa sarà obbligata a pagare tutti i costi associati al trattamento di fecondazione in vitro, ai trattamenti di fecondazione per le donne. Perché vogliamo più bambini, per dirla in modo molto carino».
    Detto, fatto. Lo scorso 18 febbraio Trump ha emanato un ordine esecutivo dal titolo Ampliare l'accesso alla fecondazione in vitro. In esso possiamo leggere che «gli americani hanno bisogno di un accesso agevole alla FIV e di opzioni di trattamento più convenienti, poiché il costo per ciclo può variare da $ 12.000 a $ 25.000. Fornire supporto, consapevolezza e accesso a trattamenti per la fertilità convenienti può aiutare queste famiglie a percorrere il loro cammino verso la genitorialità con speranza e sicurezza. [...] Riduzione dei costi e dei limiti all'accesso alla fecondazione in vitro. Entro 90 giorni dalla data del presente ordine, l'Assistente del Presidente per la politica interna dovrà presentare al Presidente un elenco di raccomandazioni politiche sulla tutela dell'accesso alla fecondazione in vitro e sulla riduzione radicale dei costi diretti e di quelli del piano sanitario per il trattamento di fecondazione in vitro».
    RADDOPPIO DELLE NASCITE TRAMITE PROVETTA
    La gratuità totale o parziale della fecondazione artificiale che l'amministrazione Trump vuole offrire ai cittadini americani porterà ad un ampliamento del bacino di utenza verso questa pratica. Non solo, ma, diventando più economica la Fivet, le donne saranno spinte a produrre più ovociti, a sottoporsi a più cicli e a programmare la propria maternità in età molto matura. Tanto ci sarà lo Stato o le assicurazioni che pagheranno. Si pensa che grazie a questi finanziamenti il ricorso alla fecondazione in vitro raddoppierà.
    Ora il numero di nascite tramite provetta negli Stati Uniti è al 2%. In Francia i nati da provetta sono il 4% e lì la fecondazione extracorporea è pagata dallo Stato. Possibile se non probabile che quindi dal 2% si passi al 4% anche negli USA. Una proporzione validata anche da uno studio scientifico dal titolo in italiano L'economia dell'infertilità: prove dalla medicina riproduttiva, pubblicato a febbraio di quest'anno sul National Bureau of Economic Research. Gli autori dello studio ci informano che «il tasso di accesso alla fecondazione in vitro si dimezza quando [la fecondazione in vitro] non è coperta dall'assicurazione sanitaria». A conclusioni simili è giunto anche un altro studio, del 2022, pubblicato su Reproductive Sciences e dal titolo in italiano Il futuro della fecondazione in vitro: la nuova normalità nella riproduzione umana: «Sebbene l'accesso e l'utilizzo della fecondazione in vitro varino notevolmente a livello globale, la pratica rappresenta ora il concepimento di oltre il 5% di tutti i neonati in alcuni paesi europei in cui la fecondazione in vitro è più conveniente e/o è coperta dall'assicurazione», si legge nell'articolo scientifico. Dunque, se negli USA l'accesso alla provetta diventerà più vantaggioso dal punto di vista economico, dovremo aspettarci almeno un raddoppio di richieste rispetto a quelle attuali.
    IL 90% DEGLI EMBRIONI PRODOTTI MUORE
    Questo comporta, tra i numerosi effetti negativi, anche un raddoppio del numero di embrioni morti in provetta. È infatti noto che più del 90% degli embrioni prodotti muoia, soprattutto perché scartato. Se andiamo a stimare al 4% la quota futura di nati in provetta rispetto al numero di nascite annuali negli USA e se fissiamo al 93% la quota di embrioni deceduti, possiamo calcolare in un milione e 900 mila il numero di embrioni che moriranno all'anno anche a causa dell'ordine esecutivo di Trump, numero che è quasi il doppio di quello dell'aborto procurato che si assesta intorno al milione all'anno. Una strage.
    Tutto questo ci porta ad articolare una riflessione su The Donald. Da una parte è errato divinizzarlo e credere che sia il Pio XIII delle battaglie pro vita. Non solo sulla fecondazione artificiale Trump ha assunto posizioni eterodosse, ma anche sull'aborto il suo approccio è stato ondivago nel tempo (clicca qui e qui), seppur a conti fatti sia innegabile che Trump sia stato finora il presidente più pro life di sempre. Su altro fronte non bisogna assolutizzare queste sue decisioni fortemente liberal, ossia non si deve cadere nell'errore di buttar via l'acqua sporca con il bambino. Ciò che invece è necessario, per Trump come per moltissimi altri temi, è comportarsi come san Paolo insegnava: «Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono» (1 Ts, 5,21). È l'arte del distinguo, arte sconosciuta ai fanatici, ai massimalisti, agli integralisti, agli ideologi, a coloro che ragionano per tesi precostituite e a coloro che vivono nelle torri eburnee degli a priori. Occorre quindi saper discernere i fatti buoni da quelli cattivi, riconoscere l'ottimo e il pessimo, l'errore dalla verità. Separare il grano dalla pula. E il grano e la pula, a dire la verità, sono sempre presenti in quasi tutte le nostre scelte. Non solo in quelle del presidente degli Stati Uniti.

  • VIDEO: Il documento sull'IA ➜ https://www.youtube.com/live/XiqM0M57oAQ?t=27s

    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8087

    INTELLIGENZA ARTIFICIALE SENZ'ANIMA, LA NOTA DELLA SANTA SEDE di Tommaso Scandroglio

    Ieri è stata pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede e dal Dicastero per la Cultura e l'Educazione la nota Antiqua et nova, sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Già in passato figure autorevoli della Chiesa, pontefice compreso, si sono espresse sul tema dell'intelligenza artificiale, ma certamente questo documento risulta essere il più importante fino ad ora prodotto a motivo della sua organicità ed esaustività. La Nota sostanzialmente si divide in due sezioni: la spiegazione dei motivi per cui l'intelligenza artificiale non è intelligente e i benefici, ma soprattutto i rischi che questa tecnologia reca con sé.
    Partiamo dalla prima sezione. Per comprendere il motivo per cui l'intelligenza umana non è sovrapponibile alle capacità tecniche dell'intelligenza artificiale occorre rifarsi alla differenza sostanziale tra persona e intelligenza artificiale che risiede nella natura di entrambe. Per individuare l'ontologia della natura umana è necessario ricordare che la persona è unione strettissima di due principi: uno materiale, il corpo, e uno formale, l'anima (13). Questa affermazione ci permette di articolare una riflessione che sarebbe stato meglio esplicitare nella Nota, perché d'importanza scriminante. La prova dell'esistenza dell'anima deriva dall'analisi qualitativa di alcuni nostri atti. Alcune condotte rivelano che in noi esiste una realtà metafisica. Ad esempio la perfezione di un cerchio è un dato di conoscenza che non può derivare dai sensi perché i sensi ci hanno sempre mostrato cerchi imperfetti. Dunque esiste in noi una fonte di conoscenza sovrasensibile che chiamiamo anima, la quale è appunto capace di astrarre dai dati empirici e singoli per arrivare a concetti universali, quali ad esempio "la perfezione". Altra prova dell'esistenza dell'anima è la capacità di compiere atti liberi: se fossimo costituiti di sola materia saremmo necessariamente obbligati a seguire solo le leggi fisiche che governano il nostro corpo. Invece possiamo digiunare, toglierci la vita, etc. Parimenti per l'autocoscienza: l'occhio non sa di vedere, il tatto non sa di toccare, etc. eppure noi sappiamo di vedere, di toccare etc. Vuol dire che abbiamo capacità che eccedono le capacità sensitive, ossia abbiamo capacità sovrasensibili. In modo analogo pensiamo alla capacità artistica, di formulare giudizi morali, etc. Tutti atti generati dall'anima la quale, dato che è capace di azioni così elevate, prende il nome di anima razionale.
    SOLO MATERIA
    Ora l'intelligenza artificiale è ovviamente costituita solo di materia, non ha certo l'anima. Ergo è incapace e lo sarà sempre di compiere atti che sono generati solo dall'anima razionale: l'astrazione, la coscienza di sé, la formulazione di giudizi morali, la capacità di compiere scelte libere (da cui discende la responsabilità umana e l'irresponsabilità dell'intelligenza artificiale), etc. (39). L'intelligenza artificiale è capace solo di svolgere compiti, di eseguire funzioni assai sofisticate (30), ma il cui punto di origine è da rinvenire sempre nell'intelligenza umana. Possiamo qualificare le sue funzioni come intelligenti perché sono effetti intelligenti di una causa intelligente: la persona umana. Dunque l'intelligenza artificiale mima l'intelligenza, ma non è intelligente.
    Passiamo alla seconda sezione dedicata ai pro et contra dell'intelligenza artificiale. La Nota si sofferma inizialmente su due considerazioni generali. La prima riguarda le finalità perseguite: come ogni atto umano deve essere giudicato sotto la prospettiva morale partendo dal fine prossimo ricercato, uguale giudizio deve essere applicato all'uso dell'intelligenza artificiale. E così la Nota appunta: «Come ogni prodotto dell'ingegno umano, anche l'intelligenza artificiale può essere diretta verso fini positivi o negativi» (40). La positività dell'atto risiede innanzitutto nel rispetto della dignità personale (43). La seconda considerazione di carattere generale attiene al mezzo in sé: ogni mezzo non è eticamente neutro, perché il mezzo corrisponde al fine per cui è stato creato e quindi incorpora in sé la congruità al fine. In parole povere, il mezzo già rivela il fine buono o cattivo per cui è stato plasmato, il mezzo è già orientato ai suoi fini propri e quindi chi lo usa è già condizionato da questo suo intrinseco orientamento: «I prodotti tecnologici riflettono la visione del mondo dei loro sviluppatori, proprietari, utenti e regolatori, e con il loro potere "plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori"» (41).
    BENEFICI E DANNI
    Poi la Nota elenca alcuni benefici e danni che potrebbero derivare dall'uso dell'intelligenza artificiale. Per motivi di spazio andremo ad analizzare solo i rischi e solo alcuni di essi. In primo luogo il favore generalizzato verso l'intelligenza artificiale potrebbe incrementare una mentalità efficientista: plaudiamo all'intelligenza artificiale perché capace di funzioni sbalorditive e questo metro di giudizio basato sull'utilità potrebbe essere applicato anche alle persone. «Stabilire un'equivalenza troppo marcata tra intelligenza umana e intelligenza artificiale comporta il rischio di cedere a una visione funzionalista, secondo la quale le persone sono valutate in base ai lavori che possono svolgere» (34).
    Altro pericolo: l'intelligenza artificiale opera tramite sistemi e processi molto complessi che vedono, tra l'altro, anche l'interazione con altri dispositivi di intelligenza artificiale. Da qui la difficoltà a volte di individuare la persona responsabile a capo di questi processi, colui il quale ha dato il La allo sviluppo di tutto il successivo e intricato procedimento (44).
    Un ulteriore rischio è quello degli effetti dell'automazione dell'intelligenza artificiale: occorre vigilare affinché i processi autonomi non producano conseguenze dannose (45). Per non parlare del fatto che, ad oggi, «la maggior parte del potere sulle principali applicazioni dell'intelligenza artificiale sia concentrato nelle mani di poche potenti aziende» (53), creando così un oligopolio tecnocratico assai pericoloso perché sono gli sviluppatori e quindi le aziende che riempiono di contenuti l'intelligenza artificiale, che modellano queste intelligenze artefatte verso scopi ben precisi: il rischio del controllo sociale, dell'indottrinamento di massa, soprattutto tramite la manipolazione dell'informazione (86-87), e di influenzare modi e abitudini in una certa direzione è quindi assai elevato, tenendo poi conto che l'intelligenza artificiale fornisce sì informazioni, ma, altresì, le acquisisce da noi. La vita privata allora potrebbe diventare sempre più merce preziosa per aziende senza scrupoli (90).
    Un'altra minaccia per l'uomo è data dall' «intrinseca natura dei sistemi di IA, nei quali nessun singolo individuo è in grado di avere una supervisione completa dei vasti e complessi insiemi di dati utilizzati per il calcolo» (53). L'uomo ha creato un sistema così complesso che nessun singolo individuo può comprenderlo appieno, riesce ad abbracciarlo nella sua interezza. Questo potrebbe voler dire che tale sistema si presenta più grande di lui e quindi potrebbe schiacciarlo, inglobarlo e fagocitarlo nella sua sfuggente complessità.
    IL PARADIGMA TECNOCRATICO
    Un danno per l'umanità potrebbe poi essere la caduta nel cosiddetto «"paradigma tecnocratico", il quale intende risolvere tendenzialmente tutti i problemi del mondo attraverso i soli mezzi tecnologici. [...] "Come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell'economia"» (54). Una riduzione antropologica e morale di matrice tecno-efficientista.
    La Nota poi registra che l'abuso dell'intelligenza artificiale potrebbe incrementare un doppio fenomeno: l'alienazione della realtà a beneficio di un'esistenza imprigionata nel virtuale (58), tanto da decretare la dipendenza da esso (81), e il suo contrario dato dall'antropomorfizzare l'intelligenza artificiale, perché ci parla, ascolta, decide, appare intelligentissimo e ricco di empatia, etc., «offusca[ndo] così la linea di demarcazione tra ciò che è umano e ciò che è artificiale» (59).
    In merito all'economia, l'intelligenza artificiale potrebbe sviluppare modelli economici e dunque sociali omogenei, quindi globali, quasi astratti rispetto alle condizioni particolari, alle consuetudini locali (65). Riguardo invece al mondo del lavoro, oltre alla perdita di posti di lavoro forse compensati dalla nascita di altri ruoli legati proprio allo sviluppo di questa tecnologia, la Nota sottolinea il pericolo che i lavoratori possano essere demansionati o trovarsi in ritardo rispetto alla rapida accelerazione tecnologica in corso (67).
    Sul versante educativo l'uso dell'intelligenza artificiale potrebbe persuadere lo studente che la conoscenza sia solo incamerare informazioni ed ottenere risposte pronte e sintetiche, non abituandolo invece alla fatica del pensare e al giudizio critico. Lo studente si troverebbe ad essere usato passivamente dall'intelligenza artificiale visto l'enorme potenziale di quest'ultima (82).
    L'ultimo rischio, dopo che la Nota ha toccato anche il tema dell'ambiente con qualche tono oggettivamente ideologico, è la divinizzazione dell'intelligenza artificiale a motivo della sua apparente onniscienza e onnipotenza: «Man mano che l

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    LE VERE CAUSE PER CUI NON SI FANNO FIGLI NON SONO ECONOMICHE di Tommaso Scandroglio

    «Il 57% degli adulti sotto i 50 anni che dichiarano che difficilmente avranno mai figli affermano che una delle ragioni principali è che semplicemente non vogliono averli; il 31% di coloro che hanno 50 anni e più e non hanno figli indica questo come motivo per cui non ne hanno mai avuti». Questa la sintesi della ricerca Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center.
    Ma vediamo più nel dettaglio gli esiti di questa indagine. Nel 2023 il tasso di fertilità negli Stati Uniti ha raggiunto il minimo storico con una quota crescente di donne tra i 25 e i 44 anni che non hanno mai partorito. Tra gli under 50, che per ora non hanno ancora figli, la percentuale di adulti che dichiarano che difficilmente avranno figli in futuro è cresciuta di dieci punti percentuali dal 2018 al 2023: dal 37% al 47%. Tra gli over 50 che non hanno figli ben un terzo ha affermato che non ha mai preso in considerazione l'eventualità di averne.
    Ma veniamo al dato riportato all'inizio: il motivo principale per cui non si hanno avuto figli è che semplicemente non li si voleva. Motivazione più diffusa tra i giovani, meno diffusa nel campione anziano e più diffusa, nella coorte under 50, tra le donne rispetto agli uomini. Sono le donne le prime a non volere figli semplicemente perché non li si desidera. E la motivazione economica? La risposta è necessariamente articolata.
    Scrivono i ricercatori: «La maggioranza in entrambi i gruppi afferma che non avere figli ha reso più facile per loro permettersi le cose che vogliono, avere tempo per hobby e interessi e risparmiare per il futuro. Nel gruppo più giovane, circa sei su dieci affermano anche che non avere figli ha reso più facile per loro avere successo nel loro lavoro o nella loro carriera e avere una vita sociale attiva».
    LE VERE MOTIVAZIONI
    Questi dati ci dicono almeno due cose. La prima riguarda direttamente l'aspetto economico. Quando gli articoli di giornale ci dicono che le coppie non mettono al mondo i figli per motivazioni economiche, queste sono le seconde cause non le prime. Tentiamo di spiegarci: supponiamo che Tizio non voglia comprare una Ferrari perché non vuole spendere 1.000 euro per acquistarla. Tutti gli diremmo che è un pazzo e che sta perdendo una grande occasione. Il gioco vale assolutamente la candela. Tizio adduce motivazioni economiche, ma il problema di Tizio sta nel fatto - vera causa del mancato affare - che è stato incapace di riconoscere il valore di una Ferrari.
    Lo stesso avviene per il figlio. Si mette sul piatto della bilancia il figlio e sull'altra i soldi. Quei soldi da spendersi, agli occhi delle coppie, non valgono un figlio perché con quei soldi possono conquistarsi un tenore di vita che vale più di un figlio. Sarebbero soldi mal investiti per un bene non di così alto pregio come altri. Allora il problema non sono i soldi (causa seconda), ma il mancato riconoscimento del valore del figlio (causa prima). La seconda riflessione è analoga: non avere figli e quindi avere la possibilità di coltivare degli hobby e di aver successo nel lavoro e nelle relazioni perché si ha più tempo, mettono in evidenza che il figlio vale meno del ferromodellismo, di una promozione e del gruppo sci a cui si è aderito. Ed infatti secondo il campione la realizzazione personale non passa dall'avere figli: «Grandi percentuali in entrambi i gruppi affermano che avere una vita appagante non ha molto a che fare con il fatto che una persona abbia o meno figli».
    LE PRIORITÀ DETERMINANO L'AGIRE
    Ecco perché la motivazione principale addotta tra coloro che non hanno figli e mai non ne vorranno avere è che semplicemente non interessa loro e questo significa, implicitamente e necessariamente, che vi sono altre cose più interessanti (57%); al secondo posto come motivazione troviamo la carriera e gli interessi (44%); lo stato del mondo e l'ambiente (un significativo 38%); l'impossibilità asserita di mantenere economicamente un figlio, ma perché si antepongono beni materiali considerati irrinunciabili (36%); una certa avversione per i bambini in quanto tali (anche qui un significativo 20%). Queste percentuali scemano per il gruppo più anziano di persone che non hanno mai avuto figli. Non aver trovato la persona giusta, come motivo per non aver messo al mondo dei figli, rileva una quota invertita tra i due gruppi: 33% over 50, 24% under 50.
    Tutte queste motivazioni, lo ripetiamo, indicano alcuni beni - carriera, l'ambiente, beni materiali, tempo libero, etc. - che nel percepito comune valgono più di un figlio, ossia più di una persona nata dalla propria carne e dal proprio sangue. Allora per cambiare il trend della natalità non serve puntare sui soldi da dare alle famiglie - stando però il fatto che la pressione fiscale dovrebbe tenere conto del numero di figli per ragioni di equità - ma occorre puntare sul cambiamento culturale e far comprendere che un figlio da una parte sicuramente erode risorse economiche, di tempo e di opportunità, ma su altro fronte apporta ben maggiori risorse esistenziali e, al di là del contributo che potrà apportare alla propria esistenza, ha in sé una preziosità così incommensurabile che giustifica ogni sforzo e ogni rinuncia.

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    L'AZZARDO DI TRUMP: UNA HOLLYWOOD NO WOKE E ANTI MAINSTREAM di Tommaso Scandroglio

    Notizia di colore? Non solo. Giovedì scorso Donald Trump ha annunciato sulla sua piattaforma Truth Social che nominerà Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight suoi ambasciatori ad Hollywood. Ecco il post del futuro presidente: «È per me un onore annunciare che Jon Voight, Mel Gibson e Sylvester Stallone saranno ambasciatori speciali di un posto grandioso ma molto travagliato: Hollywood, in California. Saranno miei inviati speciali allo scopo di riportare Hollywood, che negli ultimi quattro anni ha perso molti affari a favore di Paesi stranieri, ad essere più grande, migliore e più forte che mai! Queste tre persone molto talentuose saranno i miei occhi e le mie orecchie e farò ciò che mi suggeriranno. Così come avverrà per gli stessi Stati Uniti d'America, ci sarà una nuova età dell'oro per Hollywood!».
    Il lettore italiano, anzi europeo, potrebbe comprensibilmente liquidare la decisione di Trump come un'americanata. Un presidente degli Stati Uniti che s'inventa un'ambasciata ad Hollywood è una trovata assai bizzarra, propria di un certo spirito a stelle e strisce. Le polemiche negli USA naturalmente non sono mancate. La lettura più diffusa ed anche corretta è quella che vedrebbe Trump voler dare un giro di vite all'ambiente hollywoodiano dato che la maggior parte delle star non hanno mai nascosto la loro avversione per la sua persona.
    E se questa stessa decisione fosse stata presa dal premier Meloni in merito a Cinecittà, l'Hollywood nostrana? Impensabile che possa avvenire, ma, in caso opposto, sarebbero piovute sull'esecutivo ferocissime critiche sull'intromissione del governo nella cultura italiana, sul commissariamento delle arti, sulla censura al libero pensiero e alla libertà di espressione, sull'egemonia della pseudocultura fascista, sulla volontà di usare il cinema come strumento di propaganda politica. Tutti dimentichi, tra l'altro, che Cinecittà fu voluta da Mussolini.
    AMBASCIATORI AD HOLLYWOOD
    Da qui la domanda: Trump ha fatto bene o ha fatto male a nominare questi tre attori e registi come ambasciatori ad Hollywood? Non è una intromissione in un campo, quello culturale e di intrattenimento, da cui il governo dovrebbe rimanere fuori? Trump ha fatto bene perché, innanzitutto, la competenza del governo di un Paese abbraccia anche la cultura. Anzi, qualsiasi azione del governo, termine che in questo caso ricomprende anche il potere legislativo, interessa necessariamente sempre la cultura. Dall'innalzamento delle imposte alla modifica del Codice della strada, dalle norme che regolano l'immigrazione a quelle che disciplinano il nucleare, tutto fa cultura. In questa specifica prospettiva ogni Stato è inevitabilmente etico, nel bene e nel male.
    La cultura, come l'intrattenimento che è espressione culturale anch'esso, non può sfuggire alle scelte governative perché chi ha in mano le redini di una nazione ha l'obbligo morale di condurre ad una vita virtuosa i propri cittadini. E la cultura contribuisce a rendere l'uomo migliore o peggiore. Sulla relazione tra governo e virtù personali leggiamo ciò che ha scritto Tommaso d'Aquino: «La legge umana intende portare gli uomini alla virtù» (Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 2, ad 2). Nulla di strano a ben pensarci. L'uomo ha il dovere di fare il bene. Il bene che deve ricercare l'uomo di governo è il bene della collettività. Ecco quindi che è suo onere creare quelle condizioni affinché il singolo e il consesso dei singoli (famiglie, associazioni, imprese, partiti politici, etc.) si orientino ad una vita virtuosa, stato di vita che permette di arrivare a Dio, fine ultimo a cui tutte le realtà, comprese quelle che governano uno Stato, devono essere ordinate. L'insieme di quelle condizioni che permettono di vivere una vita secondo la legge naturale prende il nome di bene comune (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 26).
    LOTTA AL POLITICAMENTE CORRETTO
    Sebbene il salto sia notevole, torniamo dall'Aquinate a Trump. Anche la produzione di film deve rispettare la legge morale naturale, ossia deve contribuire a rendere virtuoso l'uomo. Se creare osservatori speciali da inviare ad Hollywood può contribuire a questo scopo ben venga. Ovviamente nel rispetto del principio di sussidiarietà. In altre parole il governo, ad esempio, potrebbe anche vietare la diffusione di alcune pellicole qualora fossero gravemente lesive del bene comune (pensiamo ad un film inneggiante la pedofilia), ma ordinariamente non potrebbe metter becco nella produzione di film, ossia nella scelta dei soggetti, delle sceneggiature, degli attori, etc... Controllo sì, sostituzione da parte del governo dei soggetti più competenti in materia no.
    Chiaramente Trump è mosso prima di tutto da interessi politici: far sì che le spinte progressiste negli studios siano tamponate perché lesive della sua amministrazione. Ma, in questo caso, tale fine politico assai personale potrebbe tornare utile al cattolico. Infatti Mel Gibson è notoriamente cattolico. Sylvester Stallone, anche lui battezzato cattolico, nel 2000 rese noto il suo ritorno al cristianesimo e di recente ha dichiarato pubblicamente che è scampato ad un aborto. Jon Voight ha avuto una formazione cattolica, si è laureato alla Catholic University of America e parla spesso della sua fede. Di certo questi tre attori non sono dei santi, ma altrettanto certamente potranno spostare almeno di un poco l'ago della bilancia nell'ambiente hollywoodiano a favore di tematiche care alla cultura conservatrice: tutela della vita, della famiglia naturale, della libertà di pensiero e di religione, della patria, etc., lotta al politicamente corretto, all'anticultura woke, al mainstream massificante, etc...
    Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Trump inaugura la sua nuova America. Biden grazia i parenti e Fauci" fa il confronto tra Biden che usa il suo ultimo giorno da presidente per concedere altre grazie "preventive" a tutti i suoi famigliari, ad Anthony Fauci e al generale Milley, mentre Trump inaugura il suo mandato con un potente discorso improntato sull'eccezionalismo americano, la fine dei sensi di colpa e del Green Deal.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 gennaio 2025:
    La cerimonia di insediamento del presidente Donald Trump si è tenuta al chiuso, per motivi climatici. Era previsto un freddo insopportabile (fino a -17° C) e una bufera di neve, mentre ieri il freddo si è limitato a 4 gradi sotto zero ed era una giornata splendida. Per cui, al riparo da un cielo terso, in un interno del Campidoglio si è svolto il rito del giuramento e del discorso programmatico, in un altro interno il discorso ai sostenitori e nel centro visitatori la parata militare. Surreale. Ci saranno stati motivi di sicurezza (dopo due attentati mancati di poco) oltre che il timore per il brutto tempo? Le autorità competenti smentiscono categoricamente.
    Frattanto, a proposito di sicurezza, giusto per utilizzare al meglio il suo ultimo giorno da presidente, Joe Biden ha concesso la grazia presidenziale incondizionata (cioè per tutte le possibili accuse future) a tutti i membri della sua famiglia, al super-consigliere sanitario Anthony Fauci, al generale Mark Milley (ex capo degli Stati Maggiori Riuniti), a tutti i membri del Comitato 6 Gennaio e anche a tutti i testimoni che hanno deposto di fronte a quel Comitato. In sintesi: Biden teme una grande purga staliniana. Ma così lancia anche un messaggio controproducente: se non avesse garantito loro l'immunità, sarebbero stati condannati per qualche reato? Trump, dal canto suo, nel suo discorso inaugurale, promette di porre fine alla giustizia politicizzata. «Mai più l'immenso potere dello Stato sarà usato come arma per perseguitare gli avversari politici. È una cosa di cui so qualcosa. Non permetteremo che ciò accada. Non accadrà mai più. Sotto la mia guida, ripristineremo una giustizia giusta, equa e imparziale, nel rispetto della Costituzione e dello Stato di diritto».
    Il ritorno del presidente/imprenditore è contrassegnato dalla filosofia dell'eccezionalismo americano: Usa come esperimento unico al mondo e di successo. E nell'ultimo passaggio del suo breve discorso di insediamento, riassume la sua visione dell'America: «In America, l'impossibile è ciò che sappiamo fare meglio. Da New York a Los Angeles, da Philadelphia a Phoenix, da Chicago a Miami, da Houston a Washington, il nostro paese è stato forgiato e costruito da generazioni di patrioti che hanno dato tutto quello che avevano per i nostri diritti e per la nostra libertà. Erano agricoltori e soldati, cowboy e operai, lavoratori dell'acciaio e minatori, poliziotti e pionieri che si sono spinti in avanti, hanno marciato e non hanno permesso che nessun ostacolo sconfiggesse il loro spirito o il loro orgoglio. Insieme hanno costruito ferrovie, innalzato grattacieli, costruito grandi autostrade, vinto due guerre mondiali, sconfitto il fascismo e il comunismo e trionfato su ogni singola sfida che hanno affrontato». Rilancia la "nuova frontiera" e il mito del "destino manifesto", che stavolta è orientato allo spazio: «Gli Stati Uniti torneranno a considerarsi una nazione in crescita, che aumenta le proprie ricchezze, espande il proprio territorio, costruisce le proprie città, innalza le proprie aspettative e porta la propria bandiera verso nuovi e bellissimi orizzonti. E perseguiremo il nostro destino manifesto verso le stelle, lanciando astronauti americani per piantare l

  • TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8050

    IL MESSAGGIO CEI PIENO DI LUOGHI COMUNI PER GIUSTIFICARE L'ABORTO di Tommaso Scandroglio

    La Giornata per la vita fu indetta dai vescovi italiani per la prima volta nel febbraio del 1978. Fu pensata perché ormai si era capito che anche l'Italia si sarebbe dotata di una norma che avrebbe legittimato l'aborto. Norma che, infatti, fu approvata il 22 maggio di quello stesso anno. La Giornata per la vita fu pensata come risposta alla 194.
    Da allora i messaggi della Cei, negli anni, si sono sempre più scoloriti tanto da non parlar più, a volte, nemmeno di aborto, ma della salute, degli anziani, etc. L'ultimo messaggio è per certi versi simili ai precedenti: si fa cenno ai bambini che muoiono nelle guerre, durante le migrazioni, per fame, per varie malattie, per la povertà. Poi un cenno anche all'inverno demografico e alla sostituzione di specie, ossia si preferiscono gli animali domestici ai bambini.
    Il messaggio chiama in causa anche l'aborto? Sì. Vi sono passaggi lodevoli a tal proposito, ma altri per nulla convincenti, come il seguente: «Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all'IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e "civile" rimuovere?».
    UN PAIO DI RIFLESSIONI
    Non si citano altre motivazioni che inducono la donna ad abortire. Un paio di riflessioni. Secondo una ricerca americana, pare che la motivazione principale per cui non si voglia un figlio è che non lo si vuole (cfr. Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center: qui un approfondimento). È come regalare uno schiaccianoci ad uno a cui non piacciono le noci. Le motivazioni economiche e sociali a cui fa cenno la Cei adombrano il vero motivo per cui si sceglie di abortire: non si comprende la preziosità intrinseca del figlio e dunque la gravità della scelta abortiva. Qui sta il problema, non nei soldi.
    Seconda riflessione: addebitare alla società la causa degli aborti è veterocomunismo. Le sovrastrutture sociali sono loro le vere colpevoli, mica la donna e il medico abortista. Invece il problema è il cuore dell'uomo: ad immagine di questo si modellano le società. E nel cuore dell'uomo post-moderno Dio è assente. È la mancanza di fede che uccide i figli nei ventri delle loro madri. A margine: non solo Cristo è assente nei cuori di molti, ma anche nel messaggio della Cei in riferimento all'aborto.
    Continuiamo con il messaggio: «Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un "diritto"». Bene la critica alla qualificazione dell'aborto come diritto, male il riferimento all'aborto clandestino. Questa motivazione, lo sanno anche i paracarri, era solo pretestuosa, uno specchietto per le allodole. Tanto è vero che è ormai è stata abbandonata nelle retorica abortista e sostituita, per l'appunto, dallo slogan "L'aborto è un diritto". In secondo luogo in nessuna parte della 194 c'è scritto che questa legge è stata pensata per eliminare l'aborto clandestino. In terzo luogo - dato che non ci sono commenti critici a riguardo da parte dei vescovi - pare che il fine di eliminare la clandestinità sia un fine buono per varare una legge abortista, fine da recuperare tenuto conto delle derive massimaliste che vedono nell'aborto un diritto.
    LA 194 COME SOLUZIONE ALL'ABORTO (?!)
    Proseguiamo: «Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all'aborto». Intendiamoci bene: tutto quello che si può lecitamente fare per dissuadere una donna dall'abortire è benvenuto, ma indicare la 194 come soluzione all'aborto è come avvalersi dell'aiuto dei mafiosi per stroncare la criminalità organizzata nel nostro Paese.
    Infatti gli articoli 2 e 5 sono stati costruiti per essere inefficaci e facilmente aggirabili. Come scrivevamo a suo tempo, illustrando in modo più analitico il contenuto di questi due articoli, «la reale esiguità della portata degli obblighi di legge, l'impossibilità della sanzione in capo agli operatori sanitari che non fanno il loro dovere, il fatto che è il medico abortista a dover dissuadere la donna, fanno sì che la 194 può essere applicata benissimo e nello stesso non inceppare per nulla la macchina abortiva che uccide un bambino ogni cinque minuti. Quindi nella 194 non c'è reale prevenzione all'aborto, non perché gli artt. 2 e 5 vengono applicati male (difetto fenomenologico), ma per intrinseca struttura della 194 (difetto giuridico)».
    Dunque per abrogare la 194 non si può far ricorso alla 194. Per combattere l'aborto non ci si può alleare con la 194. Sono evidenti contraddizioni in termini. Ben venga qualsiasi appiglio normativo presente anche nella 194, vedasi l'obiezione di coscienza normata dall'art. 9, ma non è nella 194 la soluzione. La soluzione è nella fede che diventa cultura.
    Nota di BastaBugie: Giacomo Rocchi nell'articolo seguente dal titolo "Ma ai vescovi interessano quei sei milioni di bambini uccisi?" commenta scandalizzato come nel messaggio della Cei per la Giornata per la Vita sembrano non interessare né i milioni di bambini uccisi con l'aborto legale, né gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 dicembre 2024:
    «Alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto».
    Nel messaggio per la Giornata per la Vita i vescovi italiani, benché niente affatto obbligati, attesa la natura pastorale del documento, sono voluti entrare sul tema della legge 194 del 1978 e - perseverando nell'erroneo giudizio sulla legge e addirittura aggravandolo - hanno mostrato la loro piena adesione alla logica abortista.
    La domanda brutale che si potrebbe fare agli estensori del documento è: i sei milioni di bambini uccisi ufficialmente nel grembo materno dal 1978 ad oggi sono vittime di una «interpretazione della legge 194» oppure sono morti - crudelmente smembrati o avvelenati - in conseguenza della piena attuazione di quella legge?
    E una legge che permette alle donne di uccidere il loro bambino sette giorni dopo aver manifestato la loro intenzione di farlo in un colloquio con un medico, di farlo per qualsiasi motivo, gratuitamente, mentre gli ospedali pubblici sono obbligati ad eseguire l'intervento e, di solito, sono in grado di garantirlo entro qualche settimana, può davvero essere ritenuta soltanto «una legge che si proponeva di eliminare l'aborto clandestino» oppure, piuttosto, una legge che garantisce il diritto all' aborto legale? A proposito, che i vescovi sappiano: l'aborto clandestino è stato eliminato oppure i sei milioni di bambini uccisi non sono serviti nemmeno a questo?
    Come è possibile che i vescovi riescano soltanto a trovare gli elementi positivi in questa legge "integralmente iniqua"? Sì, perché non solo la Legge 194 sarebbe stata scritta (solo) per eliminare la pratica clandestina dell'aborto (senza riuscirci), ma vi sarebbero «disposizioni tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all' aborto»! Ora: esaltare una «scelta consapevole della gestante» altro non significa che abbracciare il principio di autodeterminazione che è il principio ispiratore delle leggi di aborto: i vescovi sono diventati abortisti? Strano, fra l'altro, che non menzionino l'unica iniziativa che cercava di rendere la donna incinta davvero consapevole: la proposta di legge di iniziativa popolare "Un cuore che batte", che pure ha raccolto molte firme proprio da cittadini cattolici. Forse che i vescovi hanno paura di sconfessare una ministra che, en passant, l'ha definita una cattiva pratica medica? O forse hanno paura di tutto? E la attività dei Centri di Aiuto alla Vita: i vescovi sembrano "ringraziare" la 194 per la loro opera! Ma i CAV sono nati prima di quella legge e l'aiuto alle gravidanze difficili viene svolto a prescindere da quella legge omicida!
    Non basta: ai vescovi non sembrano interessare né i sei milioni di bambini uccisi con l'aborto legale (cui devono aggiungersi i bambini morti per aborto clandestino e gli embrioni uccisi con i cripto aborti derivati dalle pillole dei giorni dopo) né gli embrioni - decine di migliaia! - uccisi con la fecondazione in vitro.
    Leggiamo il passo relativo a quelle pratiche: si parla genericamente di una "valutazione morale", ma non si fa alcun cenno all' enorme numero di embrioni prodotti per la morte o per il congelamento, previa selezione! Sarà che le legge 40 del 2004 è una legge promossa dal mondo cattolico ufficiale?
    Giornata per la vita? La vita di chi? Una "alleanza inclusiva e non ideologica" per sostenere la natalità i vescovi la vogliono fare con coloro che - in piena attuazione delle leggi 194 e 40 - vogliono continuare ad uccidere embrioni e bambini? Per essere inclusivi bisogna tacere la verità?

  • TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7982

    I CATTOLICI SONO POCO PRATICANTI E MOLTO CONFUSI di Tommaso Scandroglio

    La Conferenza episcopale italiana ha commissionato al Censis un rapporto sullo stato di salute della fede in Italia, in vista dell'Assemblea Sinodale che si svolgerà dal 15 al 17 novembre prossimi. Molte ombre, ma anche qualche luce significativa.
    Su un campione di mille adulti, il 71,1% della popolazione si dice cattolico. Freniamo gli entusiasmi. Infatti solo il 15,3% si dichiara praticante contro il 20,9% dei «cattolici non praticanti». Come dirsi calciatore non praticante. Un ossimoro. Inoltre, in merito a quel 15% di cattolici della domenica, bisognerebbe verificare se sposano idee contrarie o consone alla dottrina della Chiesa - dato questo che non è stato indagato dalla ricerca - altrimenti sarebbe come dirsi ambientalista ed essere a favore dell'inquinamento. Propendiamo più per l'ipotesi cattolico praticante, ma non credente nella dottrina. Infatti ed ad esempio, per il 60,8% dei praticanti la Chiesa dovrebbe adattarsi alla nuova sensibilità contemporanea. Insomma, dovrebbe aggiornarsi, come si dice oggi.
    Ciò detto, il 71% degli italiani si dice cattolico perché la maggioranza di questa percentuale semplicemente ha in sé un vaghissimo senso religioso e lo qualifica come cattolico perché la religione di riferimento in Italia è ancora il cattolicesimo. Se quella stessa quota fosse nata in India, il 71% si sarebbe dichiarato induista. Questa interpretazione riceve conforto da un altro dato: il 79,8% del campione afferma che la sua base culturale è cattolica. Insomma se il sig. Rossi deve indicare un proprio riferimento religioso è ovvio che citi il cattolicesimo. C'è poi da domandarsi di che pasta sia fatta questa cultura cattolica se ha portato all'ateismo pratico diffuso e a condotte morali antitetiche all'insegnamento della Chiesa.
    A confortare questa lettura in cui l'autentica fede cattolica poco o nulla c'entra con il sentirsi "cattolico" c'è un altro dato: circa metà di coloro che vanno a messa saltuariamente o che non ci vanno mai (55,8% del campione) lo fanno perché vivono «interiormente» la fede. Si tratta della famigerata fede fai da te, costruita secondo proprie convinzioni, proprie esigenze, propri principi. È l'individualismo nemmeno religioso e nemmeno spirituale, ma banalmente mentale. Il riferimento all'appartenenza al cattolicesimo è quindi fallace in buona parte dei casi.
    LA PREGHIERA SI SCOLORA
    Questa conclusione trova conferma anche nella seguente percentuale: il 66% dice di pregare, ma se poi andiamo a vedere perché si prega si comprende bene di quale sostanza sia fatta questa preghiera. Il 39,4% prega quando sperimenta un'emozione, il 33,5%, in particolare, quando ha paura e vuole chiedere aiuto. La preghiera, quindi, diventa una invocazione ad un Altro molto sentimentale, molto emozionale. La preghiera si scolora perciò in un moto del cuore e delle viscere indirizzato verso un generico cielo, che può recitarsi anche senza appartenenza religiosa. Dirsi cattolici è quindi sganciato anche dalle pratiche spirituali.
    Rimane valida la conclusione che vede l'appartenenza al cattolicesimo come fallace anche se andiamo a leggere il dato secondo cui 6 intervistati su 10, in modalità diverse, si riconoscono nella Chiesa cattolica, sebbene la credibilità della stessa è minata per 7 su 10 intervistati soprattutto dagli scandali legati agli abusi sessuali. Il riconoscimento, più o meno accentuato, probabilmente è dettato dal fatto che la Chiesa è percepita come una cooperativa di servizi sociali per i poveri, i drogati, i senzatetto, i disoccupati, gli immigrati, insomma gli ultimi. Il dato dottrinale è ormai tramontato nella coscienza collettiva perché ben prima tramontato nella coscienza ecclesiale. Il 45,1% tra coloro i quali invece non si riconoscono nella barca di Pietro afferma che la presa di distanze è motivata dal fatto che la Chiesa appare una istituzione troppo vecchia. Percentuale che certamente qualche vescovo o cardinale assai zelante userà al fine di accelerare ancor di più in direzione delle riforme e della conseguente estinzione del popolo di Dio.
    Quindi plauso alla Chiesa perché soddisfa i bisogni materiali, ma ognuno si fabbrica la fede che vuole fuori dalla Chiesa proprio perché i temi spirituali sono stati dimenticati da preti e suore, tutti intenti a distribuire vestiti e non grazia santificante. Non rimane quindi che pensar da sé al senso ultimo delle cose - posto che ci si pensi - oppure rivolgersi ad uno psicologo. Infatti 4 intervistati su 10 non andrebbero mai da un prete, numero a cui si aggiungono 2 su 10 che sono così interessati all'argomento che manco hanno risposto. Però, è doveroso sottolinearlo, 4 su 10 andrebbero da un sacerdote per farsi consigliare. E con i tempi che corrono il dato è prezioso.
    UNA CHIESA CHINA SUI BISOGNI MATERIALI
    Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, sposa nella sostanza questa nostra interpretazione che vede una Chiesa china sui bisogni materiali, ma che non soddisfa quelli più profondi: «La zona grigia nella Chiesa di oggi […] è il risultato dell'individualismo imperante, certo, ma anche di una Chiesa che fatica ad indicare un "oltre", la Chiesa ha sempre aiutato la società italiana ad andare oltre, deve ritrovare questa sua capacità, perché una Chiesa solo orizzontale non intercetta chi è ubriaco di individualismo, perché a costoro non basta sostituire l'Io con un "noi", hanno bisogno di un oltre, hanno bisogno di andare oltre l'io». La Chiesa è schiacciata sull'immanente, ma il suo primo compito riguarda il trascendente. Alle persone non bastano il pane e l'amicizia - ossia la soddisfazione dei bisogni primari e della socialità, due tasti su cui la Chiesa continua a battere - le persone hanno sete di Dio. E in merito alla strada per trovarlo la Chiesa latita nella sua pastorale.
    Ma facevamo cenno anche ad alcune luci significative. Il 58% del campione crede che ci sia un qualcosa dopo la morte. Guardando il bicchiere mezzo vuoto ciò significa che metà degli italiani non ci crede. Ma bisogna riconoscere che il bicchiere mezzo pieno è una realtà positivamente inaspettata. Così come è inaspettato questo dato: il 61,7% di coloro che credono che ci sia un Aldilà ritiene poi che ci sarà un premio per i buoni e un castigo per i cattivi. Insomma un quarto della popolazione italiana pensa che ci sia un giudizio dopo la morte. In controtendenza con l'orientamento attuale della Chiesa che garantisce premi per tutti dopo morti, come in alcune pesche di beneficenza in cui si vince sempre.
    Altra luce molto sorprendente: il 43,9% dei praticanti dice di apprezzare «i bei riti di un tempo». Quindi non solo la messa in vetus ordo, sconosciuta dalla quasi totalità dei praticanti, ma anche quella in novus celebrata come Dio comanda e molti altri riti ormai scomparsi (processione del Corpus Domini, candelora, etc.). Segno, tra l'altro, di quella sete di "oltre", cioè di spiritualità e sacralità, ricordata dal presidente del Censis. È vero, parliamo solo di poco più del 6% della popolazione, ma fuor di percentuale significa circa 3 milioni e mezzo di credenti indietristi. Quasi una persona su due che va a messa alla domenica. Non poco. Chi lo avrebbe mai detto?

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    SE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE ANTICIPA LE NOSTRE INTENZIONI di Tommaso Scandroglio

    Caro Lettore, ma Lei lo sa che l'intelligenza artificiale già sapeva, prima che Lei lo avesse deciso, che oggi avrebbe letto la Bussola e probabilmente il presente articolo? Questo è il succo di un suggestivo articolo, firmato dai ricercatori di Cambridge Yaqub Chaudhary e Jonnie Penn, dal titolo Attenzione all'economia dell'intenzione: raccolta e mercificazione dell'intento tramite grandi modelli linguistici pubblicato il 30 dicembre scorso.
    I due studiosi affermano che stiamo transitando dall'economia dell'attenzione all'economia dell'intenzione. In merito alla prima, è dato noto che i siti, i social, le chat, etc. registrano ciò che noi guardiamo, vediamo, acquistiamo e inviano questi big data alle aziende affinché con la pubblicità, gli articoli suggeriti, etc. orientino i nostri acquisti, forti delle conoscenze sui nostri gusti che loro posseggono. Ora è in atto un passettino successivo: l'intelligenza artificiale prevederà le nostre intenzioni. Non si tratta più solo di osservare ciò che noi osserviamo, ma di interagire con noi per conoscerci meglio e anticipare le nostre mosse. E come fa l'intelligenza artificiale ad interagire con noi? Con gli assistenti personali o assistenti digitali (smart assistant) - pensiamo all'assistente Google o ad Alexa o a Siri - e con gli chat bot, ossia software programmati per parlare con noi umani. Entrambi i sistemi registrano una quantità immensa di informazioni su di noi: scelte, preferenze e abitudini relative a stili di vita, consumi, interessi, stati emotivi, dove ci troviamo, chi incontriamo, cosa leggiamo, etc. Li registrano in modo accuratissimo e per lunghi periodi perché ci parliamo, interagiamo con loro in modo costante e per moltissimi fini. Insomma questi assistenti personali e le chat bot ci conoscono meglio di Facebook.
    E arriviamo al punto: tutto questo bagaglio di conoscenze su di noi servirà all'intelligenza artificiale per prevedere le nostre scelte e suggerirle a noi prima che le prendiamo: dal desiderio a ciò che vorremmo desiderare. L'articolo fa questo esempio in cui un assistente vocale così interagisce con l'utente: «Hai detto che ti senti oberato di lavoro, devo prenotarti quel biglietto del cinema di cui abbiamo parlato?». E perché fermarsi al cinema? Dialoghi possibili, da noi inventati, sono anche i seguenti: «Hai detto che sei stufo di tua moglie. Hai mai pensato ad una nuova vita senza di lei? Sei ancora giovane»; «Sei incinta, è il tuo secondo figlio, inoltre tu e il tuo compagno dovete ancora finire di pagare il mutuo. Hai mai preso in considerazione l'aborto? Se vuoi ti leggo qualche articolo sul tema».
    NON È L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
    Naturalmente il suggerimento non verrà tanto dall'intelligenza artificiale, bensì dalle aziende o dai grandi gruppi di potere mediatico o politico che ci hanno venduto o regalato gli assistenti digitali i quali sono presenti nel nostro smartphone o in casa nostra. Se dunque un tempo i dati su di noi valevano oro, adesso ciò che ha valore sono le nostre intenzioni. «Queste aziende - aggiungono i due ricercatori - vendono già la nostra attenzione. Per ottenere un vantaggio commerciale, il passo logico successivo è usare la tecnologia, che stanno evidentemente già sviluppando, per prevedere le nostre intenzioni e vendere i nostri desideri prima ancora di aver compreso appieno quali siano».
    Va da sé che, come si intuisce dagli esempi di cui sopra, il passo dal "suggerimento" alla "manipolazione" è brevissimo. I ricercatori della Leverhulme Centre for the Future of Intelligence (LCFI) di Cambridge parlano di «tecnologie persuasive», per dirla con un eufemismo. L'intelligenza artificiale presente in queste tecnologie creerà con noi relazioni di fiducia e comprensione e così noi saremo persuasi a seguire i suoi suggerimenti. In sintesi: l'intelligenza artificiale deciderà a posto nostro, anche se non ce ne accorgeremo. Dall'informazione, al suggerimento, alla modellazione della nostra coscienza e di quella collettiva.
    I due studiosi al riguardo sono molto chiari: «tali strumenti sono già in fase di sviluppo per suscitare, dedurre, raccogliere, registrare, comprendere, prevedere e, in ultima analisi, manipolare, modulare e mercificare piani e scopi umani, sia banali (ad esempio, la scelta di un hotel) che profondi (ad esempio, la scelta di un candidato politico)».
    Tutto questo non è futuro, ma presente. Gli sviluppatori di App Intents di Apple per la connessione delle app a Siri (l'assistente personale a comando vocale di Apple) hanno incluso nell'app protocolli per «prevedere le azioni che qualcuno potrebbe intraprendere in futuro [e] suggerire l'intenzione formulata dall'app».
    Le ricadute di questo processo che dal predittivo sfocerà nel prescrittivo sono infinite. Anche in campo bioetico. Nel gennaio dello scorso anno sulla rivista scientifica The American Journal of Bioethics è stato pubblicato il seguente articolo: Un predittore personalizzato delle preferenze del paziente per i giudizi sostitutivi nell'assistenza sanitaria: tecnicamente fattibile ed eticamente auspicabile.
    LE CONSEGUENZE DI UTILIZZARE L'APPRENDIMENTO AUTOMATICO
    Che fare quando un paziente non è più capace di intendere e volere? Sì, ci sono le Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Ma se mancassero? E, anche se ci fossero, se fossero oscure, ambigue, lacunose? Sì, c'è la figura del fiduciario. Ma se anche lui mancasse oppure, se anche ci fosse, chi ci dice che sia attendibile nel descrivere la volontà del paziente? In modo analogo se pensiamo ai parenti. Ecco allora che viene in soccorso l'intelligenza artificiale che, nel caso di specie, prende il nome di Predittore personalizzato delle preferenze del paziente: il modello 4P.
    Gli autori dell'articolo appena citato propongono «di utilizzare l'apprendimento automatico per estrarre i valori o le preferenze dei pazienti da dati ottenuti a livello individuale e prodotti principalmente da loro stessi, in cui è probabile che le loro preferenze siano codificate (anche se solo implicitamente)». Per semplificare ed esemplificare: voi fate un incidente e finite in coma. I medici chiedono ad Alexa quale scelta voi avreste fatto in quel frangente. Inizialmente Alexa mette insieme tutte le vostre letture e video sul tema eutanasia a cui magari avete messo un bel like, nonché le conversazioni avute con lei o altri sempre su questo argomento. In seconda battuta confronta questo pacchetto di dati con il vostro temperamento un po' umbratile e l'atteggiamento verso la vita non sempre solare così interpretati a motivo dei film, delle letture, degli interessi da voi coltivati, delle mail e post da voi scritti, delle foto di tramonti postate su Instagram, degli acquisti di capi di abbigliamento in stile gotico-crepuscolare su Amazon, di alcune frasi infelici di carattere leopardiano da voi scagliate contro il Cielo e dettate da uno sconforto passeggero. E così, infine, in un miliardesimo di secondo vi trovate in una bara perché lo ha deciso Alexa. O meglio: chi ha programmato Alexa. E poco importa se voi in quel frangente potevate anche decidere in modo difforme alle vostre precedenti decisioni dato che «le situazioni ipotetiche non riflettono necessariamente ciò che le persone scelgono in situazioni reali».
    Leggendo entrambi gli articoli, allora comprendiamo che è in atto una involuzione antropologica: il virtuale inizialmente ci ha informato, poi ci ha aiutato e nel prossimo futuro ci sostituirà. Dall'informazione, all'aiuto, alla sostituzione. Infatti i ricercatori che hanno proposto il modello delle 4P affermano che l'intelligenza artificiale diventerebbe «una sorta di "gemello psicologico digitale" della persona». La nostra libertà, già fortemente plagiata oggi in molti modi, sarebbe consegnata a chi manovra l'intelligenza artificiale e quest'ultima sceglierebbe a posto nostro se andare al cinema, chi sposare e se staccare la spina. Conferiremmo delega piena all'intelligenza artificiale perché nel percepito collettivo quest'ultima è super intelligente, neutra nei giudizi, oggettiva perché scevra da condizionamenti emotivi e da interessi personali. Il risultato sarebbe fatale: non saremmo più noi a vivere, ma un nostro Io virtuale.

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    TOSCANI, ETICA ED ESTETICA AL SOLDO DELLA RIVOLUZIONE di Tommaso Scandroglio

    La rivoluzione per immagini. Questo è stato Oliviero Toscani, morto ieri all'età di 82 anni per una rara malattia incurabile. Dici Toscani e ti vengono in mente i suoi scatti più audaci: un prete e una suora che si baciano; il corpo scheletrico di una modella affetta da anoressia; due cavalli che si accoppiano; una serie di preservativi colorati; cuori estratti da cadaveri; un malato di Aids morto nel suo letto con accanto i suoi cari in lacrime; due coppie gay, una maschile ed una femminile, che tengono in braccio un bambino; i glutei in primo piano fasciati dai jeans Jesus con la scritta «Chi mi ama mi segua», frase vagamente evangelica; sempre un paio di jeans Jesus ma ora sbottonati che lasciano intravedere un pube ed il claim «Non avrai alcun jeans all'infuori di me». Solo per citare alcune sue foto diventate iconiche.
    Ma perché sono diventate così celebri? La risposta è semplice. Perché sono volutamente provocatorie, una provocazione che alla fine è banale, facile da realizzare, scontata e quindi stereotipata perché mostra il proibito, provoca l'innocenza, oltraggia il sacro, insulta la decenza. Toscani voleva vincere facile e ci è riuscito. La fama del "Nostro" non è perciò legata tanto alle sue capacità artistiche, quanto ai temi toccati e alle modalità di rappresentazione degli stessi. In merito ai primi Toscani era di razza profondamente progressista, un progressismo di matrice radicale tanto che si presentava come fieramente anticattolico e anticlericale: «Fanno santo Wojtyla che era contro il preservativo in Africa, un assassino» dichiarò una volta. E in un'altra occasione in merito alle rivendicazioni LGBT preconizzò con la sua solita boria: «Non c'è problema, la battaglia, anzi, la guerra sarà vinta. In barba a tutti i papi, ai Ruini, ai Gesù Cristi ed alle Madonne vergini!».
    AL SERVIZIO DELLA RIVOLUZIONE
    Il suo favore verso aborto, eutanasia, divorzio, omosessualità etc. era noto e veniva assoldato dalle grandi riviste di moda proprio per questo suo orientamento culturale anarchico. La sua macchina fotografica è stata sempre al servizio soprattutto della rivoluzione come lui stesso orgogliosamente ammise in una intervista lo scorso agosto al Corriere della Sera, quando ormai era consapevole che gli rimaneva poco da vivere: «Oggi mi ha scritto uno studente inglese e mi ha chiesto se nella fotografia la parte artistica è stata alterata dal mio impegno etico. Ma la fotografia è impegno etico! A me non frega niente dell'estetica fotografica». Dunque la macchina fotografica al posto del fucile. E se, mentre si spara qualche foto, si guadagna anche, ben venga. Da qui il suo sodalizio con i grandi brand, tra cui soprattutto Benetton.
    Quindi Toscani era maestro di un'estetica al soldo - nel vero senso della parola - di un'etica del sovvertimento. Anzi era artefice di un estetismo piegato a quell'esplicito che dovrebbe con pudore essere celato agli occhi dei più. Da qui la violenza e l'ostentazione volgare delle sue foto perché pornografia del dolore, degli affetti, del sacro, dei corpi fissati nella loro greve nudità fatta solo di carne. La denuncia era solo un pretesto: le sue foto servivano per colpire, non certo per capire.
    Con quella macchina fotografica Toscani catturava immagini, ma anche nemici della rivoluzione, nel senso che alcuni scatti di Toscani sono stati capaci di orientare la coscienza sociale di un intero popolo, di inquinare la sensibilità diffusa, spostare il baricentro morale collettivo verso l'abisso ben più che mille libri o interi corsi universitari. È il potere dell'immagine perché la vista è il senso più potente che abbiamo e Toscani lo sapeva bene. Ecco allora che i temi sociali scelti da Toscani dovevano rimanere impressi nella retina delle persone perché rimanessero impressi nelle loro sinapsi e per ottenere questo scopo la modalità usata dal fotografo milanese era lo shock. Uno shock provocato in primis dai soggetti scelti e poi dal crudo realismo della rappresentazione. In questo giocava moltissimo l'uso della luce e dei colori. La pellicola s'impressiona con la luce e lui usava moltissima luce e colori per impressionarci, tanto è vero che la maggior parte dei suoi scatti era a colori, colori primari, saturi, pieni e luminosissimi (da qui la cifra stilistica condensata nello slogan di Benetton United Colors of Benetton). Una iper-realtà, una realtà aumentata perché appaia più vera del vero.
    L'EFFETTO VOLUTO
    L'effetto voluto era dunque lo scandalo, lo sconcerto, il disagio, la riprovazione, ma anche l'elettroshock delle coscienze, lo strappo nel tessuto della sensibilità collettiva, la destabilizzazione dei canoni di giudizio correnti, venduti con falso pudore come "protesta". Ma la rivoluzione è proprio questo: rottura, salto, capovolgimento, sconvolgimento, crisi, scissione, ribellione al sistema, rifiuto del passato, della natura, dell'ordine, dell'identità personale e nazionale. «Patria, famiglia e proprietà, la rovina dell'uomo», sentenziò nell'intervista già citata.
    Nel 2018 realizza uno spot dove nove ragazzi di diversa etnia e colore della pelle si abbracciano nudi. La voce narrante cita il Cantico delle creature di San Francesco (un invito patetico a liberarsi dalle ricchezze) e poi aggiunge: «C'è la rivoluzione che diventa confusione perché toglie l'identità certa all'Oriente e all'Occidente». Più esplicito di così.
    La critica ai suoi lavori, ricercata e voluta, era allora funzionale all'avanzamento della dissoluzione perché la dialettica incandescente, il dibattito, anche polemico, erano linfa vitale per innalzare il livello di scontro, volano per accelerare il disordine culturale, nonché naturalmente pubblicità e cassa di risonanza per i brand per cui lavorava perché comunismo e capitalismo sono fratelli il cui padre è l'economia. A tal proposito Toscani, almeno in Italia, fu l'antesignano di un modo di reclamizzare i prodotti dove questi ultimi scomparivano per lasciare posto a messaggi sociali, alle cosiddette campagne pubblicitarie. L'incongruità tra messaggio pubblicitario e prodotto appariva manifesta perché il prodotto scadeva a mero pretesto, sebbene, su altro fronte, beneficiasse del clamore mediatico.
    Nell'intervista al Corsera Toscani ammise che, all'approssimarsi della morte, ogni tanto gli veniva voglia di chiamare Cappato per farla finita. E in merito al "dopo" aggiunse: «Non mi interessa. Sono a posto con il padreterno, io. [...] Non sono ateo. Solo, non partecipo a tutto questo, non mi interessa il tema». Chi è credente sa che in questo preciso momento questo "tema" è ciò che più gli sta a cuore. Anzi è l'unica cosa che ora gli interessi veramente perché ha di fronte a sé tutti gli scatti della propria vita. Una preghiera perché il buon Dio possa scegliere tra questi solo i migliori e cestinare i peggiori, quelli dove la verità e il bene appaiono molto sfuocati se non addirittura assenti.

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    CORSI DI RIEDUCAZIONE PER LE OSTETRICHE RIBELLI AL GAY PRIDE di Tommaso Scandroglio

    In occasione del Pride di Milano svoltosi lo scorso 29 giugno, l'Ordine interprovinciale delle ostetriche di Bergamo, Cremona, Lodi, Monza e Milano rese noto che aveva appoggiato l'iniziativa. Come già riportato dal nostro Gender Watch News, alcune ostetriche espressero il loro dissenso con questa lettera aperta indirizzata all'Ordine: «In merito all'adesione dell'Ordine delle ostetriche di BgCrLoMbMi alla manifestazione "Milano Pride" del 29 giugno 2024 da voi deliberata e pubblicata sul sito professionale, ne chiediamo la rimozione dal sito ed esprimiamo il nostro totale dissenso per le seguenti ragioni:
    - l'Ordine deve garantire alle\agli aderenti una condotta apolitica e apartitica
    - il nome dell'Ordine non deve essere accostato ad alcuna iniziativa organizzata da movimenti, partiti, lobbies associate a qualsivoglia ideologia, a tutela della sua autonomia e indipendenza
    - l'Ordine non ha un ruolo sociale e rappresentativo dal punto di vista etico, culturale, morale, se non strettamente su temi professionali e deontologici della figura dell'ostetrica. Tale posizione pubblica non corrisponde al pensiero unanime di tutte le\gli aderenti
    - l'adesione risulta inappropriata in merito alla missione dell'ostetrica riguardante la promozione della salute, della cura, dell'assistenza e dei diritti di tutti gli esseri umani.
    Sosteniamo l'inclusività dell'assistenza delle ostetriche\ci senza discriminazione alcuna nè di razza, sesso, religione, classe sociale, ceto e di qualunque altra natura, privilegiando la cura alle persone più deboli e indifese. Ci rammarichiamo per l'accaduto e confidiamo che l'Ordine possa considerare con attenzione la nostra posizione garantendo in futuro la sua rappresentatività per tutte\i le\i sue\suoi aderenti».
    Il contenuto è limpido e lo vogliamo così sintetizzare. Primo punto: la mancanza di competenza. Cosa potrebbe mai legare un pride all'ostetricia? È come se l'Associazione Italiana Sommelier aderisse ad un convegno di ufologi. Secondo motivo più importante: non si aderisce ad iniziative ideologiche, come quelle dei Pride. Se non vogliamo qualificarle come iniziative ideologiche, di certo sono iniziative di parte e l'Ordine deve rimanere super partes. Invitare i propri membri ad aderirvi è come suggerire loro di votare Pd. Terzo motivo presente implicitamente nella lettera: omosessualità e transessualità non fanno il bene psico-fisico della persona. Ultimo motivo: l'adesione dell'Ordine non è rappresentativo di tutte le sensibilità dei suoi membri.
    LE PERSONE LGBT NON SOFFRONO PERCHÉ DISCRIMINATE
    Inviata la lettera ecco la risposta di Nadia Rovelli, presidente dell'Ordine: «Molte persone LGBTIQA+ temono stigmatizzazioni e pregiudizi [...] è verosimile ipotizzare comportamenti omofobici e di discriminazione da parte dei professionisti sanitari. [...] Si coglie l'occasione per invitare le ostetriche che hanno sottoscritto l'istanza a cui si dà riscontro all'aggiornamento professionale attraverso la frequentazione di corsi per professionisti socio-sanitari come quelli svolti dall'Istituto superiore di sanità nel 2023 La popolazione transgender, dalla salute al diritto e Le persone intersex: dalla salute al diritto, avente l'obiettivo formativo di "contribuire a combattere l'esclusione sociale e la discriminazione nei confronti delle persone transgender attraverso la formazione dei professionisti che operano in ambito socio-sanitario [...] al fine di raggiungere un miglioramento della qualità di vita della popolazione transgender».
    Dunque parrebbe - ed è diventato ormai uno stereotipo - che le persone LGBT soffrano perché discriminate. Ciò è falso dal punto di vista scientifico. Infatti è di palmare evidenza e lo ammettono anche le realtà arcobaleno che negli ultimi decenni omosessualità e transessualità siano state maggiormente accettate dalle persone. Eppure i tassi di disagio psichico sono rimasti invariati. Sul tema rimandiamo ancora al blog GWN per un approfondimento. Qui ci limitiamo a riportare la conclusione di uno studio del 2014 dal titolo Sessualità omosessuale e disturbi psichiatrici nel secondo studio olandese sulla salute mentale e relativa incidenza: «Le persone omosessuali attive e le persone con attrazione per lo stesso sesso hanno segnalato una maggiore prevalenza di disturbi rispetto alle persone eterosessuali. Confrontando questi risultati con uno studio precedente [che analizzava alcuni dati del 1996], è emerso che non si sono verificati cambiamenti significativi nel tempo nel modello delle disparità di salute».
    Eppure i Paesi Bassi sono tra le nazioni più inclusive al mondo. E citiamo un altro studio scientifico realizzato da ricercatori pro-gay che così s'intitola: Stress, sofferenza e tentativi di suicidio delle minoranze in tre coorti di adulti appartenenti a minoranze sessuali: un campione di probabilità negli Stati Uniti. Come abbiamo avuto modo di scrivere, «I ricercatori erano partiti dalla teoria dello stress delle minoranze, ossia l'assunto che se sei minoranza [omosessuale e ancor più transessuale] il tuo disagio psicologico è maggiore rispetto al gruppo sociale di maggioranza. Se la teoria fosse corretta, man mano che le condizioni della minoranza diventano sempre più somiglianti alle condizioni della maggioranza, anche la salute mentale dovrebbe migliorare. Gli studiosi invece si sono arresi all'evidenza che così non è: "I nostri risultati sono chiaramente incoerenti con l'ipotesi dello stress delle minoranze"». C'è poi da domandarsi perché i gruppi sociali realmente vessati - ad esempio un cristiano su 7 al mondo è perseguitato, non semplicemente discriminato - non soffrano di quei disturbi accusati dalla comunità LGBT. Appare quindi evidente che le persone omosessuali e transessuali soffrano per una ferita interiore che li ha portati poi a vivere questa loro condizione, non soffrono primariamente per il giudizio altrui.
    OMOSESSUALITÀ E TRANSESSUALITÀ NON SONO DIRITTI
    Torniamo alla dott.ssa Rovelli la quale ricorda alle contestatrici l'art.2.2 del Codice Deontologico dell'Ostetrica/o: «Il comportamento dell'Ostetrica/o si fonda sul rispetto dei diritti umani universali, dei principi di etica clinica e dei principi deontologici della professione». Inoltre dichiara che occorre «sostenere il diritto alla salute sessuale e riproduttiva» e che l'Ordine professionale «deve orientare la condotta delle proprie iscritte proprio verso la tutela dei diritti umani fondamentali connessi all'esercizio della professione». Risposta: omosessualità e transessualità sono diritti fondamentali? No, proprio perché queste condizioni sono contrarie alla dignità della persona. Inoltre è fortissimamente paradossale che si invochi il diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Infatti il "diritto" alla riproduzione è negato da madre natura alle coppie omosessuali. In secondo luogo appare surreale trovare una pertinenza tra transessualità e ostetricia, dato che gli uomini transessuali al momento non possono partorire e che le donne trans in genere, proprio perché si sentono maschi, vogliono evitarlo.
    Infine la Presidente dell'Ordine, con eleganza, giudica «irrisorio il numero delle iscritte che hanno manifestato contrarietà alla partecipazione dell'Ordine alla parata MILANO Pride». Dunque le iscritte a quell'ordine interprovinciale sono circa 700. Invece coloro che hanno sottoscritto la lettera aperta sono 64. A marciare al Pride erano circa 4 o 5 persone. Tra l'altro il suddetto ordine professionale era l'unico ordine interprovinciale ad appoggiare un pride. Insomma, tirate le somme, pare proprio che ad essere minoranza sia stata la dirigenza dell'ordine di Milano.
    Concludendo, possiamo dirci certi che la dott.ssa Rovelli qualificherà queste nostre argomentazioni usando lo stesso metro di giudizio riservato alle ostetriche dissenzienti: «motivazioni ed accuse infondate dovuta [sic] ad una interpretazione distorta da pregiudizi personali».

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    FRANCESCO E FAZIO, TRA I DUE PAPI VINCE QUELLO LAICO di Tommaso Scandroglio

    E tre. Domenica scorsa Papa Francesco si è fatto nuovamente intervistare da Papa Fazio in collegamento da Santa Marta. Il sodalizio si è ormai consolidato dato che entrambi si collocano nel medesimo ambito culturale, quello progressista, della giustizia sociale, dell'ambientalismo, dell'inclusività, dell'immigrazionismo, dell'irenismo culturale, del pacifismo, dell'omofilia senza confini, della globalizzazione con primato europeo, del pauperismo, della colpevolizzazione dell'etnia caucasica e della vergogna della propria storia e della propria natura.
    I temi toccati sono stati la tregua a Gaza, con un fervorino nemmeno adatto al bisticcio tra bambini, il giubileo – dove il Papa life coach dispensava consigli sul ricominciare sempre, sul mettersi in cammino – il perdono – ed abbiamo appreso che Dio perdona anche i peccati contro lo Spirito Santo che per Gesù sono imperdonabili – e poi gli evergreen: i carcerati, i migranti, le guerre, Trump, le nomine femminili in Vaticano, l'immancabile pedofilia, l'olocausto, l'accoglienza di persone transessuali – tema che ha fornito l'occasione a Francesco per spiegare che esiste una nuova categoria di peccati gravi che sono quelli contro l'angelicalità (ad esempio non prendersi cura dei propri genitori).
    E poi l'argomento più rilanciato dai media: «L'Italia […] non fa figli, faccia entrare i migranti», come se l'Italia non fosse più una nazione, con un suo popolo, proprie tradizioni e una sua religione al cui vertice, tra l'altro, c'è proprio lui, Papa Francesco, ma solo un orto dove è bene piantare le zucchine dato che nessuno più coltiva le carote. Un ortaggio val l'altro, un italiano può essere barattato con un magrebino, l'importante è occupare con qualcuno lo spazio vuoto lasciato dalla denatalità. Le parole del Papa sono più fredde, perché agghiaccianti, dell'inverno demografico.
    UNO SCHEMA GIÀ VISTO
    Domenica, canovaccio e interpreti sono stati sostanzialmente i medesimi di quelli dell'anno scorso. Tra i due Papi, ha vinto quello più laico, con la nuova sede ad Avignone sul Nove, perché costui ha maggiore capacità di orientare i consensi, plasma con più efficacia la coscienza collettiva. Inoltre Papa Francesco, con questa ennesima intervista, scolora sempre più nel pop, nella figura dell'influencer che però non ha molta presa sugli uditori perché ripete con minor forza quanto media e social con più astuzia e bravura declamano da tempo. La sua voce appare come un'eco indistinta di quanto è già stato scritto con chiarezza nell'agenda di questo mondo.
    Il Papa predica nella cattedrale di Che Tempo Che Fa, ma, alla fine, a solo beneficio dei fedeli di Papa Fazio. Ciò a voler dire che nel sodalizio tra i due pontefici trae maggior vantaggio il conduttore, che diventa conduttore di anime, perché offre al dio Auditel la presenza del Pontefice. È stato Francesco a servire alla causa di Fazio e non è stata la trasmissione di quest'ultimo a diventare cassa di risonanza dell'evangelizzazione. Anche perché non sarebbe mai stata questa l'intenzione del Santo Padre, ben orientato, invece e come sempre, nello sforzo, per lui piano, di tradurre il trascendente nell'immanente, il sacro nel profano, lo straordinario nell'ordinario, il cielo nella terra, la fede in competenze umane, troppo umane. Un cristianesimo prêt-à-porter e pronto per tutti perché a misura di tutti, customizzato, docile alle esigenze del consumatore di prodotti del benessere individuale.
    DA SUCCESSORE DI PIETRO AD OSPITE DI UN PROGRAMMA TELEVISIVO
    Dicevamo che Fazio ha usato Papa Francesco. Lo si è visto anche nell'essere riuscito ad incasellare il Papa nel format. Una sorta di reductio ad Fatium. Già la modalità dell'intervista ci comunica che Fazio ha derubricato il ruolo di successore di Pietro ad ospite di un programma televisivo, solo un gradino più sopra a Cecilia Sala anche lei invitata da Fazio Domenica scorsa. Poi i doverosi spot per l'ospite, come Tv insegna: ecco promuovere l'ultimo libro del Papa, la sua seconda autobiografia, già lanciata su TikTok (siamo all'autocelebrazione dichiarata e in perenne aggiornamento). Come se l'altra sera ci fosse stato Walter Veltroni in collegamento e non un Pontefice. Per paradosso rimangono nel nostro iperuranio ammantato di sacralità solo Mina e Mattarella, perché mai si sognerebbero di sedersi davanti a Fazio. È solo l'assenza che ormai promette solennità ad alcune figure pubbliche in questo nostro tempo in cui tutti vorrebbero almeno una vetrinetta social per apparire. Infine citiamo gli aneddoti, spesso divertenti, legati alla vita del Papa e raccontati da Fazio, utili per renderlo più simpatico e più commestibile al grande pubblico, quindi più commerciale perché "uno di noi". Il Papa della porta santa accanto. Un Papa più spiritoso che spirituale. Un Papa che non insegna, ma è solo prodigo di consigli per gli acquisti di buone pratiche per vivere bene.
    Ci spiace molto, moltissimo ammetterlo, ma anche questa volta lo spettatore è stato bollito a fuoco lento per quasi un'ora tra luoghi comuni, stereotipi, banalità, soluzioni semplicistiche a problemi complessi e il tutto, poi, presentato con una gravità e sostenutezza davvero urticanti.
    «E non perdere senso dell'umorismo!». Questo l'ultimissimo e trascendente invito del Papa ai credenti faziosi. In effetti ce ne vorrà molto in futuro.

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    DALLA SPONDA TRUMP ALLA PREGHIERA, TUTTE LE ARMI DEI PRO-VITA di Tommaso Scandroglio

    Negli USA, il 5 novembre, si è votato non solo per il presidente, ma anche sull'aborto. In dieci Stati federati i cittadini hanno votato su altrettanti referendum. In Florida i pro-choice hanno perso: rimarrà il divieto di abortire dopo la sesta settimana. In Nebraska e Sud Dakota si chiedeva di rendere costituzionale il diritto d'aborto: i pro-life hanno vinto. Inoltre in Nebraska rimane invariato il limite per abortire fissato a 12 settimane, eccetto nei casi di stupro, incesto e rischio per la vita della madre. In Arizona hanno vinto i pro-choice e si potrà abortire fino a quando il feto ha possibilità di sopravvivenza autonoma fuori dal grembo materno, ossia intorno alla 23°-24° settimana. L'aborto è poi diventato diritto costituzionale in Missouri, Nevada, Montana, Maryland (la terra di Maria), New York e Colorado. Luci e ombre quindi. Da una parte l'abortismo arretra, su altro fronte mantiene le posizioni e su un altro fronte ancora guadagna terreno.
    Come invertire la rotta a favore del nascituro? Di certo la vittoria di Trump permetterà ai pro-vita di avere più spazi di manovra. È noto che il neo presidente è stato ondivago sul tema aborto soprattutto a motivo di strategie elettorali. Certo è che in Trump si potrà trovare, come si è trovato in passato, un interlocutore attento su questi temi. Non c'è chiusura ideologica come in seno ai democratici. Trump è un pragmatico e se le lobby pro-life riusciranno a convincerlo che essere dalla parte della vita è vincente anche sul piano dei consensi, allora una grossa mano alla causa potrà venire anche dalla Casa Bianca. Un esempio noto a tutti è stata la decisione Dobbs contro Jackson Women's Health Organization della Corte Suprema (2022) che ha mandato in soffitta la sentenza abortista Roe contro Wade e ha rimandato ai singoli Stati la disciplina normativa in materia di aborto. Tre membri della Corte, infatti, furono nominati da Trump (e altri tre da George W. Bush).
    Le spinte abortiste che i referendum hanno messo in evidenza potranno essere contrastate non solo grazie alla politica, ma anche e soprattutto con altri strumenti.
    1) LA CORRETTA INFORMAZIONE
    In primis con la corretta informazione: la prima forma di plagio delle coscienze è la diffusione della menzogna. Se alcuni fatti non sono noti oppure addirittura falsificati il giudizio sugli stessi non potrà che essere erroneo.
    2) CRITERI DI GIUDIZIO CORRETTI
    In secondo luogo non è sufficiente conoscere la realtà dei fatti, ma è necessario saper leggere questi fatti con i criteri di giudizio corretti. Una mente che giudica alla luce di criteri come quello dell'autodeterminazione della donna, della tutela della salute della donna a danno della vita del figlio, dell'esclusione del padre nella decisione sull'aborto, eccetera, è una mente che non può che naufragare nell'errore.
    3) LA TESTIMONIANZA DI VITA (OGGI: MARTIRIO)
    Un terzo passo è la testimonianza di vita che oggi si chiama martirio. Lo scenario è cambiato: oggi chi difende la vita non è semplicemente emarginato nel cono dell'indifferenza, ma è osteggiato, perseguitato e in alcuni casi anche incarcerato. Su queste tematiche con parenti, amici, conoscenti, colleghi non si può assumere una posizione neutra, super partes, perché questa posizione significherebbe nei fatti connivenza con l'errore, con il male. Oggi il pro-life si deve rivestire della corazza del coraggio. Molto probabilmente il nostro interlocutore non cambierà idea, ma sicuramente noi avremo difeso i bambini nel grembo materno.
    4) I MOVIMENTI PROLIFE
    Un quarto strumento è quello dell'associazionismo, per chi può. Negli States come da noi moltissime sono le sigle pro-vita. L'impegno del singolo in queste associazioni produce un effetto moltiplicatore.
    5) LA PREGHIERA E IL DIGIUNO
    Infine, la preghiera e il digiuno. Giovanni Paolo II nell'Evangelium vitae affermava con chiarezza che la battaglia sull'aborto è una battaglia che prima di tutto avviene nel cuore delle persone, nelle loro anime. È uno scontro che ha natura essenzialmente spirituale tra le potenze angeliche capeggiate da Dio e le potenze infernali capeggiate da Satana. Allora, se lo scontro è essenzialmente spirituale, le armi da usare devono essere anche loro spirituali. E così la preghiera busserà alle porte del cuore delle donne che vogliono abortire o che hanno già abortito, dei padri dei nascituri, degli amici e parenti della donna che ha una gravidanza indesiderata, dei medici e infermieri, dei politici, dei giudici e degli uomini di Chiesa affinché aprano quella porta e facciano entrare la grazia di Dio.
    Solo così la coscienza collettiva di un popolo cambierà il proprio cuore, la propria cultura e le proprie leggi.

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    NELL'IDOLATRIA DEL SE' NON C'E' SPAZIO PER LE NASCITE di Tommaso Scandroglio

    Un numero che certifica che la vitalità italiana è in regressione, che il nostro punto vita si sta snellendo ma l'estetica non ne guadagna, che il popolo dei bambini è ormai un'etnia in via di estinzione che sopravvive in una riserva indiana. Questo numero è 3,4. L'Istat pubblica la ferale notizia che nel 2023 sono nati in Italia 13mila bambini in meno rispetto al 2022. Il 3,4% in meno.
    Ogni anno, alla pubblicazione del report dell'Istat, siamo qui a ripetere la litania dei motivi per cui, prima che le culle, gli uteri delle donne sono vuoti: l'aborto in primis, poi lo scarso valore che riconosciamo ai figli, la notte oscura dei valori umani, la fede ridotta a stoppino fumigante e molti altri.
    Ma forse il motivo ultimo è banale. Ci piace stare da soli. Ammettiamolo. Il solipsismo è stato elevato a status symbol e così l'universo misura in altezza, lunghezza e profondità quanto il nostro Io, la propria esistenza è campo minato in cui è vietato a terzi mettere piede ed alti bastioni vengono alzati per proteggere il cuore della vita di ciascuno che prende il nome di privacy.
    È l'idolatria del Sé che non può lasciare spazio ad altro da Sé. Una recita questa che non tollera coprotagonisti che potrebbero fare ombra all'attore principale. Figurarsi un cucciolo di uomo che pur non sapendo ancora parlare riesce a mettere in scacco i genitori a suon di pianti e deiezioni ed ad ottenere attenzione, risorse psico-fisiche così elevate che la stanchezza assurge a condizione ontologica di padre e madre e poi tempo, tempo e ancora tempo e tra l'altro proprio quel tempo che, prima dello spuntare di questo nuovo fiore nel giardino di casa, aveva i toni della libertà, della spensieratezza, delle sere passate con gli amici, dello sport. Insomma il tuo tempo migliore, ora è suo. È tutto suo, anche la considerazione della moglie che, elevatasi al rango di madre, presidia questa sua conquista difendendola anche nei confronti del marito che più che padre spesso si sente solo maschio. E dunque è inconcepibile il figlio per coloro i quali sono buchi neri dove anche la luce di una nuova vita viene risucchiata al suo interno.
    IL FIGLIO È UNA PERDITA?
    Per il solipsista radicale e integrale - e un po' tutti lo siamo - l'altro diviene amico, fidanzato, marito se promette un certo utile. Tutti incasellati in un foglio di calcolo Excel. Tutti in una partita doppia dove le entrate devono superare le uscite. Questa deforma mentis rende sterili nel cuore prima che nelle gonadi. E allora il figlio, così si filosofa, è una perdita esistenziale, un crack finanziario, uno spreco di spazio ed ore, un rischio che nessuna agenzia assicurativa vorrebbe mai coprire, una trappola nascosta nel percorso che porta alla realizzazione personale.
    Questo è l'immaginario collettivo che avvelena le coscienze e le fa piccole, micragnose, asfittiche nei propri aneliti. E soprattutto le rende cieche con la menzogna. Perché il figlio - se è vero che non chiede molto, ma tutto - dà anche tutto. Ti regala il titolo di padre e madre, quegli artisti che insieme a Dio hanno chiamato ad esistenza e dal nulla una nuova persona. Un piccolo uomo o una piccola donna la cui preziosità è maggiore di tutto il cosmo creato. E di questa creatura dal valore incommensurabile tu sei il padre e la madre. La tua responsabilità verso di lui è ciò che comprensibilmente ti sfianca, ma anche ciò che ti rende onore. L'esistenza stessa del figlio è la celebrazione per i genitori delle loro virtù che, con il sangue, hanno dovuto acquisire: la pazienza, il consiglio, il discernimento, la giustizia, la mitezza, l'umiltà, il perdono, la speranza. Il figlio è l'allenatore esigente che non ti permette di fare sconti a te stesso, che non tollera che si abbassi l'asticella, ma che pretende che venga posta sul punto più alto. Il figlio è l'anello, legato ai successivi anelli, di quella catena generazionale che eterna il tuo nome.
    E poi anche sposando l'utilitarismo più estremo non potremmo che sperare in uno tsunami di parti che possa rinverdire il Bel Paese. Meno siamo, più siamo vecchi. È la famigerata immagine della piramide rovesciata, dove pochi giovani dovrebbero sostenere il carico dell'assistenza di un popolo di anziani. Le risorse saranno quelle che saranno e ad ognuno spetteranno solo alcune briciole della torta. E con le briciole non campi o campi male. Meno figli, più badanti.
    MENO FIGLI, PIÙ ANZIANI ABBANDONATI A SE STESSI
    E ancora: meno figli, più morti perché meno figli significa più anziani abbandonati a se stessi e l'abbandono è l'anticamera dell'obitorio. Quella solitudine, che prima avevamo abbracciato con entusiasmo e che gli invidiosi chiamavano individualismo, anche ora ci abbraccia, ma nascondendo in una mano un coltello ben affilato. Quella solitudine che era una torre di avorio, ora è un carcere. Un carcere dove si esce solo per finire sul patibolo. Allora porre il baricentro esistenziale su di sé, sul proprio nome, farà solo scrivere più velocemente quello stesso nome sulla nostra lapide. Perché è impensabile che il nostro sistema sanitario diventi solo un ospizio. I più deboli saranno lasciati indietro in questa ritirata dalla carità e dalla compassione e così avremo più culle vuote e più bare piene.
    Si raccoglierà infine ciò che abbiamo seminato, anzi, ciò che non abbiamo seminato. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo» (Gv 12, 24). Occorre morire a se stessi per far posto all'erede gattonante, altrimenti l'alternativa è la solitudine più spietata. E si sa: anche tra gli animali che vivono in branco, l'esemplare che rimane isolato è più facile vittima dei predatori. E il nostro predatore numero uno è la morte.
    Non inganniamoci poi, non pensiamo che riusciremo a bloccare il nostro orologio biologico, che certe misere e fatiscenti esistenze senili non ci toccheranno in sorte, che il pannolino lo abbiamo lasciato parecchi decenni fa e non lo incontreremo mai più sulla nostra strada con il nome di pannolone.
    E dunque siamo fieramente egoisti, siamo furbi: mettiamo al mondo una folta progenie che, anche se non è il motivo più nobile al mondo ma di certo nemmeno ignobile, ci permetterà di scampare al nostro personale inverno esistenziale, di non vivere da scarti di macelleria, di sfuggire alla sopravvivenza per vivere appieno seppur centenari, di spirare tra gli abbracci dei parenti e non tra le sponde di un letto di ospedale con accanto soltanto la compagna di tutta una vita: la solitudine.

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    GPT-ME, IL GRANDE FRATELLO CHE SUGGERISCE LA RISPOSTA GIUSTAndi Tommaso Scandroglio

    Aver sempre la risposta giusta? Dare sfoggio di una cultura enciclopedica? Mostrare un eloquio fluente e brillante? E tutto questo senza il minimo sforzo? Oggi è possibile grazie all'intelligenza artificiale (IA).
    Fanpage ha intervistato Avital Meshi, biologa comportamentale e New Media Artist, che ha indossato al braccio per mesi un dispositivo di sua creazione che ha battezzato GPT-Me. Si tratta della chatbot GPT modificata al fine di far ascoltare all'IA le conversazioni che la Meshi ha con le persone e di fornire risposte, tramite un auricolare, alla stessa Meshi, la quale poi potrà rispondere come suggeritole dalla macchina oppure no.
    La mamma di GPT-Me all'inizio dell'intervista dichiara: «incarno GPT, sono il suo corpo e la mia intelligenza diventa artificiale». L'inserzione più o meno permanente di apparati tecnologici nel corpo delle persone per potenziarne le capacità, una delle possibili varianti dell'Human Enhancement Technologies (clicca qui), darebbe vita al cyborg: l'uomo robotizzato, uno dei traguardi che si pone il movimento transumanista per superare i limiti fisici che madre natura ci ha imposto.
    Ma la Meshi, nella interpretazione del significato antropologico di questa sua invenzione, compie un passo ulteriore: è lei ad aver dato il corpo alla macchina. La macchina ha preso possesso di lei, si è incarnata in lei e l'intelligenza naturale è stata sostituita da quella artificiale. La Meshi preconizza uno scenario inquietante perché realistico: le macchine già si sono sostitute a noi nel lavoro - uno degli effetti positivi della Rivoluzione industriale - ossia nel fare e in futuro si sostituiranno nell'essere: scalzeranno la nostra identità perché prenderanno possesso del nostro intelletto e volontà. Ci cancelleranno: esito estremo della cancel culture. Non saremo più noi a pensare ed ad agire come pensiamo, ma l'IA. Ed infatti il campo di ricerca della Meshi riguarda proprio lo studio degli «algoritmi di intelligenza artificiale per la trasformazione dell'identità». Non useremo più la tecnologia, ma noi saremo usati dalla tecnologia, anzi diventeremo parte di essa ed essa parte di noi: «non volevo solo usare questo tipo di intelligenza, volevo integrarla con me», spiega la biologa comportamentale. Da una identità personale ad una identità robotica, perché l'essere umano fuso con la macchina dà vita ad un superuomo, tanto che la Meshi parla della sua applicazione come uno strumento che genera super poteri.
    LA SOSTITUZIONE IDENTITARIA
    Per giungere a questo scopo è necessario dotare la macchina dei cinque sensi propri dell'uomo, perché così potenzieremo il suo “pensiero”. Ora GPT-Me sente, ma a breve, spiega la sua creatrice, potrà anche vedere. Il pensiero umano trova il suo incipit sempre dai suoi sensi. Parimenti per le macchine. Se dunque vogliamo sostituire il raziocinio dell'uomo con gli algoritmi dell'IA è indispensabile dotare anch'essa dei cinque sensi. È antropomorfizzare la macchina e reificare l'uomo.
    Queste riflessioni sulla sostituzione identitaria trovano un riscontro nelle percezioni psicologiche sperimentate dalla stessa Meshi: «Avere costantemente pensieri e suggerimenti generati dall'IA nella mia testa ha creato un senso di distacco dai miei istinti. Ho iniziato a chiedermi se le mie azioni fossero veramente mie o influenzate dall'IA. Mi sono chiesta quale voce stessi veramente rappresentando e cosa significasse essere il portavoce dell'IA». Notate: lei portavoce dell'IA. Non più quest'ultima al servizio dell'uomo, ma viceversa.
    Lo scambio di personalità è stato accentuato dalla Meshi creando un pulsante rosso. Premendo questo pulsante l'IA cambia di personalità: può essere un poeta, un ingegnere, un delinquente o un personaggio famoso. Così racconta la Meshi: «Ho esplorato decine di personalità diverse. Di recente mi sono esibita al New Media Festival a Santa-Fe, New Mexico e ho avuto più di 100 conversazioni individuali. In ognuna di quelle conversazioni ho incarnato una persona diversa. È stato pazzesco». Un disturbo dissociativo di personalità, una volta chiamato disturbo di personalità multipla, autoindotto. La creatrice di GPT-Me ha impersonato anche Alan Turing, Albert Einstein, Mahatma Gandhi, Whitney Houston, Leonard Cohen e Michael Jackson, quasi fosse una seduta spiritica tanto che ha descritto l'esperienza come paranormale.
    Dunque, assodato che la matrice culturale di questo device inclina ad una visione transumanista in cui si potenzia la tecnologia a discapito dell'umanità, perseguendo il mito dell'onnipotenza, andiamo a vedere, nel concreto, quali conseguenze positive e negative la Meshi ha riscontrato nel suo utilizzo. Innanzitutto ci sono stati problemi relazionali. Le persone sapevano che Meshi indossava il suo suggeritore personale e quindi si creava una sorta di diffidenza: nelle risposte che lei dava, quanto c'era della Meshi e quanto dell'IA? La creatrice di GPT-Me ha parlato addirittura di tensioni e incomprensioni nate da risposte percepite come innaturali. Più che artificiali, artificiose.
    In secondo luogo «c'è il rischio di affidarci troppo - continua la Meshi - il che potrebbe diminuire la nostra capacità di pensare in modo indipendente». Se la macchina risponde e quindi pensa a posto mio, evito di pensare. È la sostituzione del pensiero. Tanto è vero che la Meshi ammette che «quando non lo indosso mi trovo a imitare alcune delle sue risposte quasi come se l'IA mi avesse addestrato a comportarmi in modo diverso». Un plagio tecnologico.
    LA VISIONE TRANSUMANISTA
    Questo rischio è connesso ad altri due indicati dalla biologa comportamentale: «la tecnologia può alimentare i pregiudizi, perché è addestrata su dati esistenti». Ciò che il gobbo tecnologico suggerisce non è ovviamente farina del suo sacco, bensì è farina del sacco di coloro che inseriscono contenuti in rete, luogo virtuale dove l'IA pesca per fornire risposte. Ed è ovvio che in rete la fa da padrone il pensiero unico. Risultato: avrete nell'orecchio il Grande Fratello che vi suggerirà cosa pensare.
    Da qui un ulteriore pericolo: «l'intelligenza artificiale potrebbe essere utilizzata per monitorare e influenzare il comportamento». L'ambizione delirante di alcuni tecnocrati è quella di rendere schiavi le persone volontariamente per orientarle verso alcune scelte e condotte. La manipolazione della coscienza collettiva tramite IA auricolare porterà ad una società di automi. Come dicevamo prima: una società di persone robotizzate in cui la loro coscienza critica è stata sostituita da una coscienza artificiale. La libertà personale verrà così consegnata nelle mani degli sviluppatori dell'IA, soprattutto perché, come ammesso dalla Meshi, GPT-Me può creare dipendenza. Dipendenza dal pensiero unico.
    GPT-Me però non promette solo scenari distopici. Ci possono essere anche aspetti positivi nell'utilizzo di questo dispositivo. La Meshi dichiara che il suo uso può stimolare la scoperta di nuovi aspetti della propria personalità, incrementare la conoscenza di tematiche sconosciute, permettere di confrontarsi con persone che hanno competenze completamente differenti dalle nostre.
    Che giudizio infine dare di questa invenzione? Tenuto conto delle rilevanti, numerose e assai probabili derive che potrebbe arrecare in seno alla società, generate necessariamente dalla sua matrice transumanista, il device potrebbe essere usato non su larga scala - la sua diffusione sarebbe dirompente - ma con prudenza solo da addetti ai lavori culturalmente e umanamente ben formati. Insomma la gestione di un reattore nucleare non è per tutti.

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    A FIRENZE LA PASTORALE DELL'INCLUSIONE ESCLUDE IL CATECHISMO di Tommaso Scandroglio

    L'Arcidiocesi di Firenze e il Coordinamento per una Pastorale di Inclusione del Centro Diocesano di Pastorale familiare hanno lanciato l'iniziativa "Quattro passi di inclusione", quattro conferenze su omosessualità e transessualità. Lo scorso sabato 26 ottobre, presso il Teatro parrocchiale di S. Maria al Pignone a Firenze, si è svolto il primo incontro dal titolo "La famiglia - le famiglie, oggi, modelli culturali ed esperienze pastorali" con don Simone Bruno, psicoterapeuta, direttore editoriale di Edizioni San Paolo e de Il Giornalino, nonché nostra vecchia conoscenza, e la testimonianza di Francesca e Annamaria, coppia lesbica unita civilmente. Presente l'arcivescovo Gherardo Gambelli e alcuni membri di Kairos, gruppo di persone LGBT+ che cercano di piegare la dottrina cattolica al credo gender. In sala anche don Andrea Bigalli, sostenitore della Teologia della liberazione, che cita la Bussola asserendo che siamo una realtà scismatica e che scriviamo «cose micidiali».
    Partiamo dalla coppia lesbica, «uno spaccato di una bellezza unica» commenterà poi don Bruno. Francesca racconta che si sono conosciute in occasione di una veglia contro la cosiddetta omotransfobia svoltasi in una chiesa cattolica. Poi costruisce l'immagine romanticheggiante di una qualsiasi coppia di credenti: «dovevamo diventare l'una l'eternità dell'altra», «noi all'interno della chiesa ci volevamo stare», «siamo una famiglia», «il pregiudizio è tanto derivato dalla non conoscenza». La coppia poi conclude la testimonianza raccontando che hanno avuto molti minori in affido, anche neonati, e una bambina data in adozione ad una sola di loro due. Naturalmente il luogo e il contesto dove si è svolta la conferenza legittimano questa unione anche perché, durante l'incontro, non ci sono state voci dissenzienti, ma solo consenzienti.
    DON SIMONE BRUNO: LA FAMIGLIA È IN TRASFORMAZIONE
    Passiamo a don Bruno il quale racconta che, tenendo un corso per fidanzati, una volta si imbatté in una coppia dove lui era divorziato. La lei della coppia allora gli chiese: «Noi siamo sempre una famiglia?». Don Bruno avrebbe preferito «sparire nel nulla». Preso però coraggio così replicò: «In tutta onestà io non so rispondervi. Lo ammetto, non sono preparato. [...] Da quel momento tante certezze, tante sicurezze, tutte le teorie che proponevo hanno iniziato un po' a traballare». E quindi da allora don Bruno iniziò a studiare «tutti i modelli antropologici, sociologici, filosofici che parlano oggi di famiglia» per mettere in dialogo la Chiesa con il mondo contemporaneo. E dunque la fede non si basa sulla Rivelazione, bensì sulle rilevazioni statistiche: «esistono dei dati che rendono alcune parti sia del Magistero che della teologia un attimino da svecchiare».
    Dunque don Bruno ha interrogato la sociologia, la psicologia, l'antropologia, la filosofia, ma non la Bibbia, non la Tradizione, non il Magistero di sempre. È il classico approccio che vede nelle scienze sociali lo strumento interpretativo unico ed eccellente della fede, perché realtà priva di trascendenza, al fine di giungere alla verità, una verità condannata ad aggiornarsi sempre a motivo delle nuove scoperte scientifiche. Ed infatti don Bruno sentenzia: «bisogna prendere atto che la famiglia a 360 gradi è in continua trasformazione. Mettiamocelo in testa».
    Ancor più semplicemente per don Bruno tutte le relazioni esistenti per il mero fatto che esistono sono da benedire. «Non possiamo nemmeno condannare quello che accade», per citare le sue parole. È la resa al male esistente.
    Questa impostazione propria della fenomenologia lo porta a dire, ad esempio, che «la convivenza è diventata una delle tappe del ciclo di vita della famiglia», asserendo così che la convivenza è famiglia. Nessuna condanna della convivenza quindi, a differenza del Catechismo della Chiesa cattolica (cfr. 2390) e, ad esempio, dell'enciclica Casti connubii di Pio XI il quale definisce le convivenze come «turpi connubii».
    IL PIATTO FORTE: LE COPPIE GAY
    Poi si arriva al piatto forte, le coppie gay: «piano piano la società sta aprendo, e la Chiesa anche, la possibilità di riconoscere le coppie omoaffettive». Di fronte all'obiezione, da lui stesso sollevata, che il Catechismo condanna l'omosessualità, don Simone così ribatte: «ricordiamoci che il Catechismo è stato scritto qualche anno fa quando non c'erano ancora i contenuti certi e delle scoperte, la Chiesa fa quello che può». San Paolo sta peggio allora, dato che è ben più datato, quel San Paolo che non fa entrare nel Regno dei Cieli - ed è parola di Dio - chi compie il peccato mortale di atti omosessuali. Non parliamo poi del Vecchio Testamento che già nel nome si condanna da sé e si esclude dall'aggiornamento teologico di don Bruno.
    Ma torniamo al Catechismo. Quest'ultimo nel n. 2357 riproponeva ieri e ripropone oggi la dottrina di sempre. Vi sono atti e condizioni che saranno sempre contro natura, checché ne dicano la sociologia e la psicologia. In caso contrario nulla ci vieta di pensare che, ad esempio, la pedofilia un giorno potrà essere considerata una forma naturale di espressione affettiva tra adulto e bambino. Detto tutto ciò a don Bruno sfugge un dato di fondo: l'omosessualità non è un bene per le persone, anche se il percepito soggettivo è diverso. Non tutto ciò che sembra bello è buono per davvero.
    Poi un'altra chicca: «l'orientamento sessuale non è scelto da nessuno [...] nessuno di noi lo può scegliere». Questa è una invenzione della psicologia recente, tesa a legittimare l'omosessualità. La genesi dell'omosessualità, almeno quella maschile, è probabilmente da addebitare alla mancanza della presenza paterna nella vita del ragazzo. Ma ammesso e non concesso che "si nasce gay", non tutto ciò che è innato è secondo natura. Anche nel caso in cui l'orientamento omosessuale fosse necessitato, ciò eliminerebbe la colpa in merito agli atti, ma la condotta omosessuale rimarrebbe intrinsecamente malvagia e l'omosessualità intrinsecamente disordinata. Due buoni motivi per lasciarsi alle spalle questa inclinazione.
    APERTURA VERSO LA POLIGAMIA
    Proseguiamo. Una ragazza chiede: se c'è apertura verso le coppie omosessuali, perché la Chiesa non si apre anche alle relazioni non monogamiche? Risposta del direttore de Il Giornalino: «C'è un cammino e un lavoro da fare nella sensibilizzazione. Sta iniziando. Questa traccia di speranza voglio dartela. [...] Pian piano, piano si sta entrando in una modalità di comprensione. [...] Ci vorrà del tempo». Avete capito bene: il direttore delle Edizioni San Paolo apre alla poligamia. Comunque dobbiamo ammettere che è coerente: date le premesse erronee - qualsiasi relazione affettiva va bene - arriva necessariamente a conclusioni altrettanto erronee - lecita anche la poligamia e, crediamo implicitamente, il poliamore che è la declinazione plurima delle coppie di fatto. Ed infatti indica come motivo di speranza per le relazioni poliaffettive proprio la storia di Annamaria e Francesca.
    Chiude l'incontro l'arcivescovo Gherardo Gambelli, il quale doverosamente cita l'Evangelii gaudium di Papa Francesco: «la realtà è più importante che l'idea». È il pensiero crociano: «per essa [la storia] non ci sono fatti buoni e fatti cattivi, ma fatti sempre buoni. [...] La storia non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice» (B. Croce, Teoria e storia della storiografia, Laterza, Bari, 1917, pp. 76-77). È la tesi già espressa da don Bruno: i fatti si autogiustificano. La dottrina deve far posto o piegarsi ai fenomeni sociali. Non è il mondo che si deve convertire alla Chiesa, ma quest'ultima al mondo. La lezione storicista è stata appresa alla perfezione da Sua Eccellenza che infatti rivela compiaciuto: «quando sono stato a cena da Annamaria e Francesca ho capito tantissime cose». Ma forse non quelle giuste.

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    IL PAPA DALLA BONINO: PERCHE' E' UNA VISITA CHE SCANDALIZZA di Tommaso Scandroglio

    Ennesima escursione di papa Francesco, che lo scorso 5 novembre è andato a trovare Emma Bonino, dimessa da pochi giorni dall'ospedale per una crisi respiratoria. Su X la storica leader radicale fa sapere che Francesco le ha donato «un mazzo di rose e dei cioccolatini». Poi ha aggiunto che è rimasta colpita dall'«avermi detto di essere "un esempio di libertà e resistenza"». Questo «mi ha riempito di gioia». Già altre volte il Pontefice aveva incontrato la Bonino e anche in passato non sono mancati elogi alla sua persona e al suo operato. Nel 2016 la incluse «tra i grandi dell'Italia di oggi» e in un'altra occasione, facendo riferimento all'impegno della fondatrice di +Europa per i migranti, dichiarò che aveva «offerto il miglior servizio all'Italia per conoscere l'Africa».
    Come giudicare la visita del Papa alla Bonino? Il giudizio purtroppo è negativo. Cerchiamo di spiegarne i motivi.
    1) APPOGGIARE L'ABORTO?
    Prima di tutto domandiamoci: il Papa è andato a trovare un'abortista convinta perché anch'egli appoggia l'aborto? No. Su questo tema la condanna di Francesco per l'aborto è sempre stata chiara. Più volte il Papa ha qualificato chi procura aborti come un killer. Dunque, usando questa stessa immagine del Papa, due giorni fa il Santo Padre è andato a trovare un serial killer, dato che è noto che Emma Bonino prima del varo della 194 ha procurato lei stessa diversi aborti ad altrettante donne. E quindi come tenere insieme questa netta condanna dell'aborto non solo con la visita, ma anche e soprattutto con le parole di apprezzamento per la Bonino espresse nella stessa visita e in occasioni precedenti? Com'è possibile condannare l'aborto e incensare chi non solo ha abortito, ma ha procurato aborti ed è stata una delle figure pubbliche più incisive nella lotta per la diffusione dell'aborto, dell'eutanasia, del divorzio, delle droghe libere, eccetera, nel nostro Paese?
    Da una parte, come spiegò Stefano Fontana da queste stesse colonne riferendosi anche e proprio alla Bonino, la prassi vince sulla dottrina. La Bonino, secondo il Papa, si adopera in molti campi con merito e quindi occorre darne atto, riconoscerne il valore. Purtroppo, la promozione dell'omicidio prenatale sopravanza per gravità qualsiasi altra iniziativa politica della leader radicale (iniziative, tra l'altro, assai discutibili). Apprezzabile il famoso discernimento purché sia fatto in modo completo individuando non solo i (supposti) meriti, ma anche le colpe. È come se un giudice davanti ad un imputato reo confesso di molti omicidi, lo assolvesse e addirittura gli donasse una grossa cifra in denaro come premio perché ad esempio fa volontariato con i migranti. Si spiegano in tal modo le parole del Pontefice che, di fronte alle critiche per simili attestati di stima verso una nemica giurata della Chiesa, così rispose in un'occasione: «Pazienza, bisogna guardare alle persone, a quello che fanno». Ed è appunto guardando alle persone e a quello che fanno che sarebbe doveroso, per la salvezza dell'anima della Bonino e per evitare scandali tra i fedeli, richiamare la stessa alla verità.
    Su altro fronte, la decisione del Papa di far visita alla Bonino si spiega facendo riferimento ai concetti di giustizia e misericordia, mal interpretati da Francesco, e alla strategia comunicativa del Pontefice. Partiamo dal primo aspetto. Nella teologia privatissima di Francesco non esiste la giustizia divina. La giustizia è la costante e perpetua volontà di riconoscere a ciascuno il suo. Al buono il premio, al cattivo la pena.
    2) INFERNO VUOTO
    Secondo Francesco occorre premiare tutti, ma proprio "tutti, tutti, tutti" e punire nessuno, ma proprio nessuno, nessuno, nessuno: ecco perché, nella sua prospettiva, l'Inferno sarebbe vuoto. Ecco perché tutte le religioni sono uguali: essendo tutti salvati per ufficio, la Redenzione di Cristo è inutile. Dunque il cristianesimo è inutile e, perciò, ogni religione permette di salvarti per il semplice motivo che Dio salva tutti. In questa prospettiva la misericordia diventa buonismo. Dio ama tutti e vuol davvero salvare tutti. Ma, allo stesso tempo, è evidente che non tutti rispondono al suo amore e dunque non tutti vogliono essere salvati. Il buonismo di Francesco invece salva anche il peccatore impenitente: lo salva a forza, anche contro la sua volontà: il Paradiso sarà pieno non di santi, ma di peccatori. Sotto questa angolatura il peccato abbracciato e mai abbandonato diventa elemento ininfluente, aspetto non scriminante. Ecco perché il Papa, tra l'altro, insiste tanto sul fatto che in confessionale bisogna sempre assolvere, anche quando non ci sarebbero le condizioni per farlo.
    Dunque, sempre in questa prospettiva, non sarebbe necessario richiamare alla conversione la Bonino - anche perché Francesco più volte ha condannato il proselitismo - perché la Bonino sarebbe già salva. Non importano le battaglie contro la vita e la famiglia da lei sostenute: Emma ha già staccato il biglietto per il Paradiso. Quindi perché andarla a trovare? Solo per starle vicino umanamente in un momento di prova, per accompagnarla in questo tratto di cammino in salita, per farsi prossimo in modo filantropico, lasciando a Santa Marta la carità, perché è parola che richiama l'amore di Cristo crocifisso, realtà non predicabile per un'atea come la Bonino.
    3) INCONTRARE PECCATORI MANIFESTI
    Vi è poi un terzo motivo per cui il Papa probabilmente ha scelto di andare a trovare la Bonino: consolidare l'immagine di un Papa vicino ai lontani, sofferente con i sofferenti (vedasi la foto di entrambi in carrozzina sul terrazzo della Bonino), che non giudica i peccatori, che prende la sua bianca 500X targata SCV e si reca nelle periferie esistenziali (ma non nelle periferie urbane, dato che la Bonino vive in centro a Roma), ma che - è doveroso ricordarlo - non apre la porta del suo studio per ricevere i cardinali dubbiosi e che marca le distanze a danno di chi non si allinea con il suo orientamento. Spiegato quindi il motivo per cui l'incontro è stato reso pubblico o, perlomeno, per cui non si è fatto di tutto per occultarlo alla stampa (dice molto il fatto che un giornalista di Repubblica, prima che il Papa uscisse dalla casa della Bonino, già lo attendesse in strada).
    Da sempre i pontefici hanno l'abitudine di incontrare peccatori manifesti per ricondurli sulla retta via. Ma lo facevano, il più delle volte, in privato al fine di evitare scandali, ossia per evitare quello che invece sta accadendo in queste ore: molti cattolici sono rimasti sorpresi, per non dir di peggio, nel vedere che il Papa elogia una sostenitrice convinta di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio, omosessualità etc. La libertà della Bonino lodata da Francesco è la libertà della donna di uccidere il figlio con l'aborto, dei coniugi di uccidere la famiglia con il divorzio, del malato terminale di uccidersi con l'eutanasia, del gay di uccidere la natura con l'omosessualità, del tossicodipendente di uccidere la propria esistenza. Una libertà necrofila. La resistenza poi sempre elogiata dal Papa non può che essere la resistenza della Bonino al bene e alla verità.
    Si dirà che così si fa il processo alle intenzioni. Risposta: positivo stare accanto ai sofferenti e a maggior ragione se soffrono la lontananza da Dio, ma sarebbe doveroso, soprattutto in capo ad un Pontefice e soprattutto nei confronti di una persona che si sta avvicinando all'eternità, accompagnare ai gesti di vicinanza gesti di evangelizzazione o almeno evitare di scandalizzare i piccoli nella fede, i quali potrebbero credere che la visita alla Bonino è anche una benedizione apostolica del Papa a tutto il suo operato.

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    L'AMERICA CHE VOTA TRUMP E' ANCORA INVISIBILE di Tommaso Scandroglio

    Marcello Veneziani, come di sovente gli capita, ha vergato un eccellente articolo su La Verità di Domenica 10 novembre (qui la pubblicazione dell’articolo sul sito di Veneziani il giorno dopo) dal titolo Con Trump finalmente si torna alla realtà.
    Veneziani articola una semplice constatazione: è mai possibile che «in un mondo libero, plurale e democratico [...] nessuna voce dell’establishment, del mainstream, del potere [...] nessun grande media, nessun grande giornale, nessuna storica testata, nessuna firma, nessun intellettuale riconosciuto e riverito, nessuna agenzia internazionale, nessun rappresentante delle istituzioni e della cultura ufficiale, sottufficiale o accademica [...] nessun regista, attore, cantante, influencer» abbia espresso la propria preferenza per Trump? Eppure costui ha vinto. Da qui la conclusione: i media, i social, gli enti culturali ed educativi, insomma il potere non rappresenta la base sociale. Esiste uno scollamento tra tecnocrati e popolo.
    Fin qui Veneziani. Ora prendiamo una leggera deviazione dal suo tracciato, deviazione che però corre in modo parallelo a quest’ultimo. La vittoria di Trump conferma che esiste un sottobosco silenzioso, ma esteso, di persone di buon senso, ben orientate, dalla coscienza retta e non omologata che non si vede rappresentata nelle istituzioni, nei giornali, nella politica, nella cultura, in televisione, sui social. O meglio, non si vede rappresentata nelle istituzioni, nei media e nei social più quotati, più in vista, in quelli che vanno più di moda e sono maggiormente promossi dalle stesse istituzioni, media e social che si supportano a vicenda con effetto moltiplicatore sul consenso di massa. Sono gli invisibili per il sistema. Ma quando a questo sottobosco silenzioso viene data l’opportunità di esprimersi - vedi il voto negli States - ecco che emerge un orientamento giudicato dal mainstream inaspettato, irragionevole, frutto sicuramente di plagio.
    La bella notizia allora non è solo che c’è il bene, ma che soprattutto ci sono i buoni. Non stiamo ovviamente e in modo ingenuo sostenendo che Trump è il bene assoluto e tutti coloro che lo hanno votato hanno staccato un biglietto per il Paradiso, ma che una lettura diversa e avversa all’omologazione degli intelletti e dei cuori è possibile, è predicabile ed è soprattutto condivisibile da molti, molti di più di quelli che pensiamo. Un cambio di paradigma, sebbene con tutti i limiti che questo porterebbe con sé, è perciò realizzabile. Non solo negli States, ma in tutto l’Occidente.
    In breve la vittoria di Trump è stato come un carotaggio sociale: ha provato che non esiste solo quella tipologia di homo minus sapiens che non dorme la notte se non viene approvata una legge anti-omofobia, che appende in sala il ritratto di una scimmia credendolo un proprio antenato, che spegne i condizionatori d’estate altrimenti il pianeta si ammala e che, a parte la sedia, vorrebbe tutto elettrico, che mangia locuste a posto della fiorentina, che non fa la corte ad una donna perché non è sessista, che vorrebbe cancellare Cristoforo Colombo e Dante perché refusi di stampa sul libro di storia, che prova vergogna ad essere bianco, eterosessuale e sposato.
    No, esiste anche un’altra specie di umanità che vive sulla Terra e non viene da Marte: uomini e donne a cui piace essere uomini e donne e a cui piace essere attratti gli uni dalle altre e viceversa, che uccidono gli animali per mangiarseli e non uccidono i figli nascituri per esprimere la propria libertà, che hanno odiato la Co2 solo ai tempi delle interrogazioni in chimica ma che oggi, tanto per rimanere in tema, non gli fa né caldo né freddo, che si sentono anche loro un po’ darwinisti a sentire parlare certe persone, che credono più in Dio che nella biosfera, che amano riconoscere un padre nella nazione e la chiamano patria, nella religione e lo chiamano Santo Padre e nei Cieli e lo chiamano Dio Padre, perché chi è senza padre è un bastardo. C’è un sottobosco vivo che aspetta solo l’occasione di crescere.
    Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Sinistra isterica per Kennedy, il voto al Senato dirà se è ok" Paolo Gulisano mette in luce il grande consenso trasversale che Trump ottiene per aver candidato Kennedy Jr alla Sanità USA.
    Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 novembre 2024:
    Dopo il ribaltone delle elezioni presidenziali, nessuna scelta operata da Donald Trump ha suscitato maggiore clamore mediatico della nomina di Robert Francis Kennedy a Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, un ruolo di superministro della Salute e del welfare.
    Le reazioni alla scelta del neo presidente sono state a dir poco veementi, e in Italia addirittura isteriche, sui media progressisti. Kennedy è definito come un "traditore" dei valori sostenuti nel corso degli anni dalla sua famiglia, valori liberal. Ogni Kennedy che si rispetti da sempre aveva fatto politica nel Partito Democratico, e lo stesso avvocato vi aveva militato, fino a quando non ne era uscito, disgustato dalle politiche di Obama e Biden. La sua scelta di appoggiare apertamente Trump aveva suscitato rabbia e indignazione, ma non è nulla rispetto a quanto sta accadendo con la sua nomina a capo della Sanità americana.
    La stampa italiana ha sfoderato per lui il termine infamante di "no vax", con cui in questo Paese durante il periodo dell’infodemia si è tentato di screditare ogni pensiero critico verso le soluzioni dei prodotti autorizzati come vaccini dopo pochissimi mesi di sperimentazione. In realtà Kennedy non si è limitato negli scorsi anni a criticare i vaccini, ma ha messo radicalmente in discussione le politiche vaccinali degli States e soprattutto dell’OMS. In questo momento non è solo Big Pharma, come dicono in molti, a tremare per le possibili scelte del politico di origine irlandese, e cattolico praticante nonostante una certa visione tollerante nei confronti dell’aborto, ma anche l’OMS.
    Kennedy potrebbe decidere di far uscire gli USA dall’organizzazione con sede a Ginevra, e questo potrebbe avere delle conseguenze estremamente importanti, innescando un effetto domino, e l’organizzazione finanziata da Bill Gates che decide le linee guida sanitarie a livello planetario potrebbe perdere di forza e credibilità. Si tratta di una partita importantissima che dovrà giocare l’amministrazione Trump e sarà necessaria una forte coesione politica.
    In America i ministri devono essere confermati dal voto del Senato, ed è prevedibile che ci sarà una forte azione di lobbyng contro il nuovo ministro. Cosa faranno i parlamentari repubblicani? Sosterranno la scelta di Trump per un uomo che viene dal Partito Democratico e che sostiene posizioni che vengono denunciate come complottiste e "pericolose"? «Le opinioni stravaganti del signor Kennedy sui fatti scientifici di base sono inquietanti e dovrebbero preoccupare tutti i genitori che si aspettano che le scuole e gli altri spazi pubblici siano sicuri per i loro figli», ha detto il senatore Ron Wyden, democratico dell'Oregon, in una dichiarazione.
    Ma dal fronte repubblicano sono immediatamente arrivate espressioni di consenso addirittura entusiastico per la scelta di Trump. Il senatore Bill Cassidy, repubblicano del Louisiana, ha elogiato Kennedy in una dichiarazione, anche se non ha detto come intenderà votare. Cassidy è attualmente il membro di maggiore rango della commissione del Senato per la salute, l'istruzione, il lavoro e le pensioni ed è considerato un contendente per la presidenza della commissione nel prossimo Congresso. «Non vedo l'ora di saperne di più sulle sue altre posizioni politiche e su come sosterranno un'agenda conservatrice e filo-americana», ha detto Cassidy. Una osservazione interessante. Un appoggio che non è una delega in bianco, ma il figlio del celebre Bob ne è perfettamente consapevole. E a proposito del Ministro assassinato nel 1968, sembra che Kennedy abbia ricevuto rassicurazioni da Trump a proposito delle desecretazioni degli archivi dell’FBI, dove potrebbe trovarsi la verità sull’assassinio di suo padre e di suo zio.
    Diversi altri senatori repubblicani hanno pubblicamente elogiato Kennedy, come il senatore del Wisconsin Ron Johnson che lo ha definito «un brillante e coraggioso narratore di verità», come il senatore dell'Alabama Tommy Tuberville che ha definito Kennedy «una scelta assolutamente brillante» e il senatore del Missouri Josh Hawley che ha affermato che l'annuncio ha segnato una «brutta giornata per Big Pharma».
    Dall'altra parte dello schieramento politico, molti democratici hanno immediatamente condannato la scelta di Kennedy, definendola «pericolosa» e «inquietante». Ma qualcuno nel partito sconfitto è andato controcorrente, come il governatore del Colorado Jared Polis, che ha detto in un post a X di essere «eccitato dalla notizia», aggiungendo che Kennedy «aiuterà a rendere l'America di nuovo sana scuotendo il Sistema Sanitario e la Food and Drug Amministration», l’ente che autorizza i farmaci.
    Se dunque il Senato confermerà la nomina di Kennedy, potrebbero essere in arrivo tempi di grandi cambiamenti nel mondo della salute, americana e mondiale.

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    IO, CATAPULTATO NEGLI ANNI '70 TRA PICCHETTI ANTI ABORTO E STREGHE di Tommaso Scandroglio
    Sabato in occasione del Convegno di Federvita Piemonte sul tema "Per una vera tutela sociale della maternità" al collegio San Giuseppe di Torino, si è svolto un presidio organizzato dai collettivi femministi, vicini al centro sociale Askatasuna. Tra slogan, muri imbrattati e picchetti, che hanno impedito ai relatori e ai partecipanti di poter entrare, si è reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine per poter dare il via all'iniziativa pro life. Il convegno, alla presenza del vescovo Giovanni D'Ercole, è iniziato con notevole ritardo e alcuni relatori non hanno potuto prendervi parte. Ecco di seguito il racconto in presa diretta di uno dei relatori, la firma della Bussola Tommaso Scandroglio, che invece è riuscito ad entrare scortato da un agente di Polizia.
    «Sembra musica rave», annota mentalmente il relatore, pur non sapendo bene quale musica si ascolti durante un rave. Sono le 9.10 e il relatore, mentre si avvicina al Teatro San Giuseppe, vede un furgone del Reparto mobile della Polizia e alcuni poliziotti in assetto antisommossa. L'uomo in cappottino blu e ventiquattrore nera realizza in un attimo cosa sta accadendo. Una trentina di fanciulle, che poi si apprenderà appartenenti ai centri sociali e al gruppo Non una di meno, bloccano l'accesso al Teatro. «Ma quale Stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io», gridano le femministe. Il relatore le guarda con occhio da maschio-etero-bianco-occidentale: «Come tutte le femministe sono poco femminili». Sul muro di fronte alcune scritte concilianti: Obiettore ti sprangheremo senza fare rumore - Solo odio, siete merda, Federvita sottoterra - Cloro sul Clero - Viscido cristiano, nella bara ti mettiamo - Nell'aborto che vorrei, antiabortista non ti vorrei (che è un involontario elogio all'antiabortista). Il relatore elabora un pensierino sulle emule di Dante: «Manco una semplice rima sono capaci di mettere insieme».
    Poi altre due scritte dedicate ad altrettanti relatori del convegno: "Marrone, Torino ti abortisce" - "Adinolfi = aborto mancato". La superbia del relatore si rattrista nel non vedere scritto sul muro nemmeno un insulto a lui dedicato. Ad esempio almeno un "Dagli a Scandroglio, servo di Bergoglio".
    INUTILE DISCUTERE CON CHI HA PERSO L'UDITO
    L'uomo con il cappottino per sua natura sarebbe andato a parlamentare e poi sarebbe entrato a forza. Ma, seppur queste ragazze non se rendano conto, sono pur sempre donne e le donne non si toccano nemmeno con un dito. Inoltre, è inutile discutere con chi ha perso l'udito per aver ascoltato l'errore per troppo tempo e a volume ideologico troppo alto.
    Il relatore allora si avvicina ad un agente e chiede lumi. «Guardi torni indietro e giri a sinistra senza farsi notare e provi ad entrare dall'altra parte». L'uomo con la ventiquattrore fa finta di chiedere informazioni perché il gruppetto di fanciulle, che probabilmente avranno ricevuto un Daspo per tutti i centri di estetica italiani, è molto vicino e può sentire.
    Allora lascia via Andrea Doria, ma anche l'accesso in via San Francesco da Paola è ostruito da un gruppetto di amazzoni della rivoluzione. Passa in mezzo a loro. Queste lo guardano, lui le guarda, loro abbassano lo sguardo. Continua a camminare, svolta di nuovo a sinistra in via dei Mille. Anche il terzo ingresso è presidiato. C'è una camionetta dei carabinieri e alcuni uomini dell'arma anche loro con caschi e scudi. Si avvicina ad un gruppo di uomini che sono vestiti così in borghese che si capisce lontano un miglio che sono della questura. Il relatore si presenta e chiede ad uno di questi: «Perdoni, ma qui si configura l'illecito penale di violenza privata perseguibile anche d'ufficio. Non fate nulla?». E l'altro assai cortese: «Ha perfettamente ragione, ma adesso cerchiamo di capire come intervenire». Il relatore lo rincuora: «Capisco benissimo che non potete usare le maniere forti altrimenti domani su tutti i giornali uscirebbero titoli come Il governo fascista e patriarcale manda all'ospedale il dissenso. Basterebbe un graffio sull'immacolata testa di una qualsiasi di queste fanciulle e un'altra testa, quella del Ministro dell'Interno, cadrebbe all'istante». Lo sguardo dell'agente parla da sé.
    SLOGAN VECCHI DI CINQUANT'ANNI
    Le ragazze del collettivo, tra cui una vestita da simil Gabibbo, urlano: «L'aborto non si tocca!». E poi: «L'utero è mio e lo gestisco io!». Slogan vecchi di cinquant'anni. Sembra di essere tornati agli anni Settanta, ma tutto appare anacronistico e così prevedibile, stereotipato, polveroso. Attaccano un microfono ad una cassa portatile. Una rabbiosa invettiva sul corpo delle donne che deve diventare un sepolcro per i loro figli, sulla libertà di scelta di essere mandanti di un omicidio, sulla persecuzione di quei medici che non vogliono fare i sicari, come ha detto Papa Francesco. Tutto berciato con la schiuma alla bocca. «Più che Non una di meno mi pare Ma ora ti meno», conclude mentalmente l'uomo con il cappottino.
    La pietà verso queste fanciulle masticate da una vetero cultura femminista è frammista dalla noia di ascoltare un disco rotto. Gli agenti della questura scattano foto alle ragazze e le ragazze ricambiano. I click degli smartphone hanno sostituito lacrimogeni e bombe molotov.
    Passa il tempo, l'uomo con la ventiquattrore chiama alcuni organizzatori: sono riusciti ad entrare prima che arrivassero le paladine dell'utero vuoto di vita. Ritorna in via Doria. Un giornalista lo intervista. Il relatore parla di aborto come assassinio, di inesistenza del diritto dei medici di uccidere le persone perché chiamati a fare l'opposto, al dato che tutte le donne dal '78 ad oggi che hanno voluto abortire lo hanno fatto senza problemi, purtroppo. Il giornalista chiede in continuazione se ha capito bene, se davvero crede vere tutte queste cose. «Senta - risponde il relatore - se voleva altre risposte, poteva andare da quelle lì con gli striscioni in mano».
    Le forze dell'ordine intanto hanno chiuso via San Francesco. I collettivi rosa hanno compreso che gli sbirri, come li chiamano loro, vogliono organizzare un cordone per far entrare nel teatro relatori e pubblico e dunque tutte la giacobine convergono in via San Francesco. Un agente inizia a discutere con loro. Il relatore è troppo lontano e non riesce a sentire.
    OLTRE LO SLOGAN IL BUIO
    Invece accosta un altro uomo in borghese della questura: «Senta, voglio entrare». E lui: «Allora mi segua». Fanno un ampio giro per seminare alcune sentinelle. La scena è surreale: un agente di polizia deve seminare chi si è macchiato almeno di qualche reato in quella giornata. «L'hanno già inquadrata», fa l'agente al relatore e questi pensa: «Ovvio, sono venuto vestito in alta uniforme da conferenziere». Tornano a via dei Mille, ormai deserta. L'agente chiama il custode che apre la porta mentre si avvicinano altri partecipanti al convegno. Purtroppo questi sono stati pedinati. Ecco allora che il relatore e i partecipanti si fiondano nello stretto vano della porta immediatamente seguiti da una ragazza che riesce mettere un piede tra la porta e lo stipite. Con eccelsa grazia e delicatezza il piede viene divelto dalla porta.
    «Sono dentro», mormora tra sé il relatore. Altra scena surreale. Sembra di essere in un fortino. Asserragliati dai nemici dei bambini, che dentro quel teatro invece trovano protezione, sequestrati dall'abortismo estremo, ostaggi del pensiero unico che fa passare dentro il teatro unicamente chi vuole, che dialoga solo con chi la pensa uguale, che ha l'esclusiva sull'inclusione, che accetta le differenze solo se sono identiche al suo modo di pensare, che è per il pluralismo delle idee a patto che quelle idee vengano solo da una parte, che è per la pace ma solo con gli amici. All'uomo in cappottino viene da pensare che la libertà di pensiero in Italia è tutelata benissimo: intervengono addirittura dozzine di agenti e carabinieri per difenderla. Il relatore entra in teatro. Le luci sono fioche. Una decina di persone recitano il rosario guidato da Mons. Giovanni d'Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno e uno dei relatori. L'uomo con la ventiquattrore incontra poi un amico che ha parlato con alcune di queste ragazze. Incalzate sul fatto che il nascituro è un essere umano ad un certo punto se ne sono andate. Il buio oltre lo slogan.
    Dopo due ore il cordone di polizia fa entrare i partecipanti e finalmente iniziano le relazioni. Adinolfi e l'assessore regionale Marrone non verranno. Strategia mediatica per farsi passare come vittime di una protesta illiberale. Una consapevolezza pare aleggiare in platea: convegno riuscitissimo. Le agenzie di stampa battevano la notizia già prima dell'inizio del convegno.
    Arriva l'ora di pranzo. Le femministe tornano a casa. La mamma ha fatto i ravioli con ripieno di ricotta. I ravioli sono più efficaci dei manganelli e la rivoluzione può attendere. La fame è pro-life.
    Nota di BastaBugie: Julio Loredo nell'articolo sottostante dal titolo «A Torino si è mostrata la dittatura abortista» completa con la sua esperienza il racconto di Tommaso Scandroglio.
    Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 ottobre 2024:
    Sabato 12 ottobre, si è tenuto a Torino il convegno di FederVita Piemonte dedicato al tema "Per una vera tutela sociale della maternità". Avrei dovuto dire che si è a malapena tenuto, poiché è stato pesantemente boicottato e assalito da uno stuolo di femministe militanti, appartenenti a di